Una mattinata ricca di emozioni è quella che si è vissuta Reggio Calabria. E lo si capisce dai volti delle persone che alla spicciolata cominciano a gremire l’Aula Battaglia di Palazzo San Giorgio, sede del Consiglio comunale. In tanti rimangono fuori, solo perché non c’è sufficiente posto a contenere l’entusiasmo dei reggini accorsi in massa per salutare e in qualche modo ringraziare un autentico campione dello sport mondiale qual è Manu Ginobili, giunto in città, grazie all’iniziativa dell’amministrazione comunale in collaborazione con l’associazione “Viola Inside”, per ritirare il San Giorgio d’oro, la massima onorificenza cittadina, conferitagli formalmente nella prima decade degli anni 2000 (sindacatura Scopelliti) e per vari motivi mai consegnato fino ad oggi.

Una carriera da campione

Classe ’77, Manu è un autentico fuoriclasse, campione olimpico con l’Argentina (nel 2004 proprio in finale contro l’Italia), 4 titoli Nba, uno scudetto in Italia e un’Eurolega, insieme a due coppe Italia. Un Palmares che è cresciuto di anno in anno, ma che ha sostanzialmente cominciato a prendere forma a Reggio Calabria dove arrivò grazie alla geniale intuizione di coach Gaetano Gebbia (che non l’ha mai perso di vista) nel 1998. Due anni indimenticabili in riva allo Stretto dove conquistò insieme all’allora gloriosa Viola, guidata da coach Gebbia, una promozione in Serie A1, sfiorando la semifinale scudetto l’anno successivo.
Un campione come pochi, dentro e fuori dal campo, un esempio di dedizione, atletismo, ed educazione sportiva che, dal 2022, gli ha permesso di divenire membro del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame.

Il San Giorgio d’Oro

Come accennato la massima onorificenza cittadina gli fu assegnata nel 2006 quando sindaco della città era ancora Giuseppe Scopelliti, appassionato di basket da sempre. Oggi ad accompagnarlo a Palazzo di città il coach forse più importante della sua vita, Gaetano Gebbia, che l’ha marcato a uomo in tutti i suoi spostamenti. Parole di affetto tra i due durante la cerimonia, impreziosita anche dalla presenza di molte vecchie bandiere (di Massimo Bianchi e Sandro Santoro, passando per Mario Porto) e dei più giovani, cresciuti ammirando le sue giocate (i vari Saccà, Rugolo, Grasso per citarne alcuni).

Ginobili è in Italia anche per girare un documentario sulla sua vita sportiva. La tappa reggina quindi fa parte di puzzle più complesso fatto di sacrifici, sudore e successi, che sarà raccontato grazie ad una produzione argentina che passerà poi su Disney+. 

Il campione albiceleste – che ha visitato anche i templi della Viola basket, il Pala Pentimele e il Pianeta viola – ha ricevuto i messaggi affettuosi di molti suoi compagni (da Brian Oliver a Brent Scott, passando da Franco Binotto e Johnson). Ma l’emozione è salita alle stelle quando sullo schermo dietro le sue spalle è apparsa l’immagine di un altro gigante della palla a spicchi neroarancio, Gustavo Tolotti, scomparso prematuramente nel luglio dello scorso anno.
«Gustavo per me è stato molto importante – ha detto in maniera sentita Manu – sempre così gentile, mi ha aperto le sue braccia e la sua famiglia, ho un ricordo bellissimo».
Poi spazio ai riconoscimenti. A lui va la pergamena e una targa ricordo, introdotte dalle parole dei sindaci facenti funzione, Carmelo Versace per la Metrocity e Paolo Brunetti per il Comune di Reggio, che hanno voluto esprimere il ringraziamento della città all’uomo e all’atleta: «vedere qualcuno con le lacrime agli occhi, oggi, vuol dire che hai lasciato il segno in questa città».

Ginobili: «Questa era casa mia»

«Quando alla Hall of fame, o nelle interviste, ho parlato dell’importanza di Reggio Calabria, non è per farvi contenti o perché lo devo dire, è la verità. Cominciare nella “Lega 2”, salire con voi, la prima esperienza, le cose che mi ha lasciato fare Gaetano in campo e il supporto dei compagni, sono stati importantissimi per quello che sono diventato».

Ginobili insomma raccoglie i cocci della sua vita sportiva e l’abbraccio dei reggini, provando a restituire a questi l’affetto che ha percepito negli anni in cui ha indossato la canotta neroarancio. «Mi rendo conto che non è possibile salutare tutti i tifosi, ma dalle prime due partite giocate qui, mi sono reso conto che questa era casa, che sarei stato aiutato e quei due anni sono stati molto divertenti. Abbiamo collegato tutta la città e la comunità reggina, e qui sono cresciuto come uomo al di là del giocatore. Sono arrivato qui a 21 anni e dovevo fare ancora tante cose. Gaetano mi ha aiutato in questo e ringrazio tutti voi perché è stata una esperienza fondamentale. Voglio tornare con mia moglie, che ho conosciuto proprio qua, e con i miei figli per fargli vedere la città. Non è un’esagerazione dire che siete stati molto importanti per me».

Applausi scroscianti dopo le sue parole, misurate e sentite. Quindi la consegna della targa e di tre teche realizzate dall’artista reggino Natino Chirico. Poi, tutti in fila per una foto, un abbraccio, e un saluto con il campione argentino.