Alla vigilia di Reggina-Lecce, su queste colonne, scrivevamo: "Gli amaranto di Stellone potranno anche essere privi di grossi obiettivi sportivi, ma il discorso cambia se si guarda all’aspetto motivazionale". Detto, fatto: la Reggina di Pasquetta ha giocato una delle migliore gare difensive della stagione, pungendo nel momento opportuno e conservando, senza affanni, il vantaggio minimo fino ai tre fischi finali di Fourneau.

Mentalità

Una vittoria che ha messo in mostra le caratteristiche della squadra amaranto nella sua versione 2021/2022: cinismo estremo, migliori qualità di distruzione che di costruzione di gioco, un certo vezzo al cortomuso di allegriana memoria. A vedere la partita, poi, emerge una consapevolezza ulteriore: quando concentrata la compagine di Stellone, che fu di Toscano, che fu di Aglietti, è avversario scomodo, anche se ti chiami Lecce o Cremonese.

I rimpianti menzionati dal titolo di questa riflessione nascono, appunto, dalla sensazione che questo gruppo, se fosse stato concentrato e cattivo durante tutto l'arco del campionato, sarebbe certamente quantomeno in lotta per inserirsi nei playoff. La motivazione con cui ieri la Reggina è scesa in campo, legata in parte anche alla presenza sulla panchina avversaria di Marco Baroni, ne è la dimostrazione.

Vorrei ma non posso

È qui che la semplice salvezza non soddisfa più, come testimoniato dai pochi tifosi accorsi al Granillo nel giorno di Pasquetta. Certo, era giornata di festa e un barbecue in famiglia ha attratto molto di più, ma immaginate uno stadio ricolmo di gente per spingere una squadra ancora in lotta per la post-season. Quella 2021-2022 è stata, in pratica, la stagione del vorrei ma non posso. Si poteva far certamente di più, anche semplicemente per far sì che la motivazione latente di questo ultimo scorcio di stagione non sfociasse in ulteriori rimpianti.