VIDEO | L'intervista al trequartista amaranto bicentenario di presenze in Serie B: «Io e Aglietti vogliamo riprenderci ciò che ci è stato tolto a Verona»
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Duecento. Sono il numero delle partite in Serie B giocate da Karim Laribi, centrocampista della Reggina. Arrivato in estate in riva allo Stretto, l’ex centrocampista della Reggiana si è raccontato in esclusiva ai nostri microfoni.
Karim, partiamo dal fatto cronologicamente più recente. Sassuolo, Latina, Bologna, Cesena, Verona, Empoli, Reggiana: un mix da 200 presenze in Serie B, raggiunte con la Reggina domenica. Ci racconti che emozioni si provano?
In realtà, le solite. Quella che si prova ogni qual volta si scende in campo. Non avevo emozioni particolari, pur sapendo di aver raggiunto un traguardo importante, però le emozioni sono sempre le stesse, aldilà che sia la prima, la cinquantesima o la duecentesima presenza.
In queste 200 presenze: 3 promozioni conquistate in Serie A, una sfiorata a Latina, spesso da autentico protagonista. Lo possiamo dire che sei un uomo specializzato in promozioni?
Diciamo che sono stato molto fortunato in carriera a beccare delle squadre ottime, magari anche per merito mio. Mi reputo importante per le mie tre promozioni, al netto della prima (quella col Sassuolo, ndr) in cui, dopo un grave infortunio al ginocchio a inizio stagione, non ho aiutato un gruppo che ha fatto tutto da sè. Con Verona e Bologna credo invece di averci messo un bello zampino.
Lo diciamo anche ai tifosi della Reggina che sei un uomo promozione, quindi?
Possiamo dirlo, come non possiamo dirlo (ride, ndr). L’anno scorso non mi è andata benissimo, quindi cerchiamo di pareggiare con qualcosa di bello quest’anno.
200 partite in B: quella che ricordi maggiormente?
Sassuolo-Albinoleffe, credo che fosse il 15 ottobre. Feci il mio gol in Serie B ma a fine partita mi sono frantumato il ginocchio quindi credo che sia l’emozione più bella ma anche quella più brutta.
E, invece, quale credi che sia il tuo gol più bello in cadetteria?
Sicuramente il primo, ma ce ne sono molti altri. Quello più emozionante per me e la mia famiglia credo che sia quello con Verona nella finale playoff, contro il Cittadella.
Sei passato da Reggio Emilia a Reggio Calabria. Cosa ti ha spinto ad accettare la chiamata amaranto?
È un momento calcistico molto strano, c’è stato un mercato molto fermo negli ultimi due anni. Quindi appena ho avuto l’interessamento del direttore e dell’allenatore ho accettato senza alcun tipo di problema. Sono molto lontano da casa, non è così semplice ma ci si adatta. Non siamo in guerra, stare lontano da casa è una sofferenza ma si cerca di compensare facendo un buon lavoro.
A Reggio hai ritrovato Alfredo Aglietti, con cui hai conquistato una delle tre promozioni in Serie A. Che allenatore hai ritrovato?
Ho trovato un allenatore carico che ha voglia di prendersi quello che è stato negato sia a lui sia a me a Verona, in cui non abbiamo avuto la possibilità di continuare la nostra avventura lì. Gli obiettivi sono sempre quelli: arrivare più in alto possibile. Che sia quindicesimo, quinto o primo posto lo vedremo solo strada facendo. Vogliamo dire la nostra.
Prima di vestire l’amaranto, hai giocato contro la Reggina al Granillo a gennaio 2020, davanti a 15mila spettatori, con la maglia del Bari. Che impressione ti fece, in quella occasione, l’ambiente amaranto?
All’epoca ho visto un ambiente molto carico, c’era una squadra molto forte, che ha fatto qualcosa di straordinario. Venivano da una serie di dodici-tredici partite vinte di fila. Noi venimmo qui cercando di portare punti a casa, pareggiamo su punizione, fu un’emozione molto bella perché c’erano molti tifosi allo stadio e nell’ultimo periodo questo fa un po’ strano.
Che impressione, invece, ti ha fatto nel momento in cui sei passato da avversario a giocatore della Reggina?
Adesso comunque sono orgoglioso di far parte di questa famiglia, di indossare questi colori e speriamo che lo stadio, piano piano, si riempia sempre di più e ci inciti come in quella occasione.
Menez, Denis, Galabinov. In riva allo Stretto hai trovato tanti giocatori dal grande palmares: com’è allenarsi e condividere lo spogliatoio con loro?
Ho trovato un ambiente molto tranquillo e familiare, siamo molto uniti. Vogliamo fare qualcosa di importante, se ci sarà la sorpresa o no poi lo vedremo. Di certo, ho trovato un bello spogliatoio.
C’è un compagno che ti ha sorpreso o con il quale hai creato un rapporto particolare?
No, sono una persona che lega abbastanza con tutti. Cerco di sfruttare ogni momento per conoscere qualunque persona all’interno dello spogliatoio.
Quello che si nota da fuori, al netto delle dinamiche calcistiche, è che lo spogliatoio appaia molto unito. Si è subito creata l’alchimia fra di voi?
Mi ha sorpreso il Tanque. A quarant’anni ha qualcosa negli occhi che in pochi anni, sembra un bambino, ha l’entusiasmo di un ragazzo diciottenne alle prime esperienze e invece ha una carriera alle spalle di tutto rispetto.
Tu che la conosci bene: un’impressione sulla Serie B di questo campionato? Molti dicono sia la più forte degli ultimi anni, è vero secondo te?
Non so se è la più forte, di certo è la più competitiva. Negli ultimi anni abbiamo visto che comunque non basta avere l’organico per vincere. C’è una dimensione più competitiva, in cui la prima può vincere con l’ultima e viceversa. Non vedo favorite, è una questione di non perdere mai punti per strada.
La squadra che ti intriga di più? A parte la Reggina, ovviamente...
Non riesco ancora a guardare gli altri, siamo molto concentrati sui noi stessi. Di certo il Pisa sta facendo cose straordinarie, per ora sono loro.
C’è un giocatore di Serie B con cui ti piacerebbe scambiare la maglia?
Si, quest’anno c’è (ride nuovamente, ndr). Gigi Buffon. Però quella magari la si lascia ai portieri… Le maglie le scambio con le persone con cui ho giocato, con cui condivido valori importanti.
A proposito di maglie e curiosità. Ancora non l’abbiamo potuta vedere sul campo: hai un’esultanza particolare che mostrerai al tuo primo goal in amaranto?
Ho sempre fatto un gesto che mi porto dietro dal primo gol con i professionisti, quando giocai con la maglia rossonera un Foggia-Foligno. Lo stadio era vuoto, si giocava a porte chiuse, ma ho notato che c’erano i nostri tifosi arroccati su un palazzo, all’ottavo piano. Feci un gesto per guardarli e da allora esulto così.
Una tua piccola scaramanzia?
Allacciarmi la scarpa destra prima della sinistra.
Se potessi cambiare qualcosa della tua carriera, cosa cambieresti? Magari qualche infortunio in meno?
Forse nulla, ma forse tanto. Non lo so. Sicuramente non ho rimpianti. Qualche tempo fa incontrai un mio vecchio allenatore, Massimo De Paoli, che mi fece esattamente la stessa domanda, l’ho avuto all’Inter. Gli risposi di no. Certo, ho sognato da piccolo di avere una carriera differente, di giocare la Champions League e il Mondiale, ma comunque mi ritengo soddisfatto.
Chiudiamo con il tuo sogno nel cassetto: cosa manca, secondo Karim Laribi, alla carriera di Karim Laribi?
Mi manca il gol in Serie A. L’ho sfiorato, non è ancora arrivato: è l’unica cosa che mi manca davvero e che è alla portata.
Magari l’anno prossimo in amaranto…
Speriamo (sorride)…