Un primo passo verso il ritorno in campo è stato fatto con la proposta della Lega nazionale Dilettanti che dovrà essere ratificata dalla Figc ma le società calabresi manifestano timori e perplessità
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Per alcuni la strada è stata tracciata e questo rappresenta il primo passo per il ritorno in campo. Per altri è una decisione affrettata, considerati i problemi attuali legati alla pandemia. E per diversi club la ripartenza è sempre più complicata. C’è una evidente spaccatura all’interno delle società di calcio calabresi in merito alla possibilità di ritornare in campo.
Se, infatti, c’è chi non vede l’ora di riprendere, dall’altro lato ci sono concreti dubbi e timori, legati alla situazione attuale, con i contagi ancora elevati, con la preoccupazione di poter contrarre il virus e di essere quindi responsabili verso i propri tesserati, e con le difficoltà economiche dovute alla crisi e ai costi che si andranno ad affrontare al ritorno in campo.
La ripartenza presuppone l’adattabilità alle squadre di Eccellenza dei protocolli previsti per la Serie D, un torneo dove, fra l’altro, sono oltre cento le partite da dover recuperare. Si dovrà ottenere il parere favorevole del Cts, ma anche della Figc per avere l’assenso alla proposta fatta che prevede un ritorno agli allenamenti, verosimilmente il 22 febbraio, per poi iniziare con le gare a metà marzo. Un torneo che preveda la disputa di tutte le giornate rimanenti, implica dei turni infrasettimanali e lo sforamento fino a luglio con l’attività.
Non è previsto, contrariamente a quanto era emerso inizialmente, il blocco delle retrocessioni, cosa che avrebbe reso il torneo una farsa, perché in molti, per risparmiare, avrebbero fatto giocare i ragazzini. Magari si potrebbe pensare ad un esonero dal ritorno in campo di quelle società che manifestino comprovate difficoltà nel riprendere l’attività (da stabilire con quale criterio). E poi bisognerebbe esserci un intervento governativo per venire incontro alle società che dovrebbero sottoporre i propri tesserati a una serie settimanale di tamponi, con ulteriori costi non da tutti sostenibili.
Nel corso dei giorni precedenti molti presidenti si sono scambiati le proprie opinioni al telefono e in molti erano propensi a non tornare in campo. Adesso pare che qualcuno abbia cambiato parere, non si sa per quale motivo, o meglio, il motivo è facilmente intuibile, visto che siamo in Calabria e a volte una telefonata aiuta a correggere il proprio pensiero (con tanti saluti alla coerenza). Però il fronte del “no” è comunque elevato perché c’è il timore dei contagi, in una fase nella quale la situazione non mostra evidenti segnali di miglioramento. C’è anche la preoccupazione di non potersi permettere di ammalarsi di covid, da parte di numerosi dirigenti, avendo delle attività lavorative da portare avanti. E poi c’è anche un senso di profonda responsabilità nei confronti degli atleti. E non solo: ogni club dovrebbe avere un referente a livello medico per l’esecuzione dei tamponi, con apposite e ulteriori responsabilità.
Ecco perché resta comunque alto il numero delle società che non sarebbero disposte a tornare in campo, sia per motivi evidenti di natura economica, sia per una pandemia in atto che lascia preoccupazione. Né convince l’idea di giocare fino a luglio e di disputare i turni infrasettimanali (il che equivarrebbe a far perdere giorni di scuola ai ragazzi in organico).
Prevarrà il fronte del sì oppure quello del no? Ma paradossalmente il problema non è solo questo, perché sono in tanti che attendono notizie concrete in merito. Perché è vero che c’è voglia di giocare e che tanti calciatori vivono di calcio (al riguardo sarebbe interessante sapere se durante la pausa sono stati rimborsati dai rispettivi club, oppure se hanno dovuto ricorrere solo alle 800 euro del Governo). È vero che la strada è stata tracciata, ma è altrettanto evidente che l’incertezza regna sovrana.
E comunque, per adesso, la possibilità di tornare in campo riguarda solo le squadre di Eccellenza, con buona pace dei club di Promozione, per esempio, ma anche Prima categoria, dove comunque ci sono diversi calciatori che, con gli 800 euro al mese del Governo, hanno ottenuto ben più di quanto avrebbero guadagnato se si fosse regolarmente giocato.