Un ko che lascia la bocca molto più che amara. La sconfitta che la Reggina incassa a Cittadella fa malissimo e non solo perchè è la quarta consecutiva. Non si riesce a comprendere quando la crisi tecnica giungerà a conclusione, dal momento che sembrava essere il Tombolato il teatro del riscatto. Una mera illusione, cancellata da un atteggiamento inspiegabile, prima ancora dell'inferiorità numerica. Le tre verità post Cittadella-Reggina.

La crisi

Partiamo con il parlare del vorticoso circolo di sconfitte che sta rovinando il campionato della Reggina. Non useremo giri di parole: l'inizio di 2023 sta disintegrando i sogni di gloria maturati nei primi sei mesi della stagione. E va bene il piano triennale, va bene la partenza con l'erba alta al Sant'Agata, va bene il concordato che di fatto ha bloccato il mercato ma qui si sta cestinando in malo modo quello che era un percorso da Serie A fino a fine dicembre. E lo si sta facendo in maniera alquanto assurda e l'atteggiamento di Cittadella non è giustificabile con l'inferiorità numerica(poi parleremo anche della direzione di Di Bello). Già perchè pur rimanendo in 10 non è comprensibile uscire completamente dalla partita, per poi tornarci solo sul 3-2 a buoi scappati dall'ovile (vedi il colpo di testa di Gori dopo lo svantaggio). C'è da chiedersi cosa non vada nella squadra: se si tratti di un problema mentale, fisico o di una squadra che non riesce più a comprendere il proprio allenatore. Anche lui non esente da colpe.

I cambi (sbagliati)

Già, proprio Pippo Inzaghi, a Cittadella, non ha convinto per niente. Lui che è assoluto fautore del quinto posto in classifica, al Tombolato è stato, forse, il primo a rassegnarsi all'idea di difendere e basta contro i veneti, pur sotto di due reti. I cambi hanno praticamente smussato la pericolosità offensiva, togliendo l'unica cosa in grado di far male alla squadra di Gorini: la qualità tecnica, su tutti quella di Jeremy Ménez. Ci sono squadre che, a volte, compiono imprese, andando a vincere pur in 10 uomini: la Reggina ha dilapidato un doppio vantaggio in un tempo, regalando il gol dell'1-2 dopo nemmeno 60 secondi di gioco, sintomo di un atteggiamento francamente inaccettabile, che parte dagli spogliatoi.

L'arbitraggio

E no, questa volta la tanto criticata direzione di Di Bello non può essere il parafulmine a cui ha provato ad appigliarsi Marcello Cardona nel dopo partita. Sì, magari l'arbitro brindisino avrebbe potuto soprassedere sulla prima ammonizione di Fabbian ma va anche sottolineato come il metro - totalmente inflessibile - del fischietto pugliese sia stato chiaro dal minuto uno, con le ammonizioni di Majer e Branca (una per parte, ndr) come chiara avvisaglia di poca tolleranza su ogni aspetto. Può piacere o meno, ma Di Bello è stato coerente con se stesso e, forse, questa cosa andava compresa già dalle prime avvisaglie. Il pur forte centrocampista 2003 avrebbe decisamente potuto evitare quella piccola trattenuta che lo ha gravato del primo giallo. Anche in questo bisogna essere bravi, nell'ottica di un campionato così livellato: leggere le partite anche dal punto di vista degli arbitri, che spesso hanno sbagliato penalizzando oltremodo la Reggina. Ma non a Cittadella, dove sono stati più gli amaranto a farsi del male da soli.