Dopo aver realizzato uno dei due gol, l'attaccante della squadra di Morano Calabro ha deciso di correre verso Carmelo Schifino, che negli ultimi mesi sta affrontando la malattia diagnosticata a un suo caro: «Noi tifiamo per la vita»
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In un'epoca in cui il calcio professionistico è sempre più dominato dai soldi, dai contratti milionari e dagli interessi economici, c'è ancora un angolo di questo sport che conserva la sua anima più pura. Stiamo parlando del mondo dilettantistici, dove il calcio resta ancora una passione autentica, fatta di valori e di emozioni genuine. E proprio in questo contesto si è vissuto un episodio che ha commosso gli spettatori della sfida di Prima Categoria, girone A, tra Geppino Netti e Audace San Marco, terminata 4-2.
La partita ha visto protagonista il capitano del Geppino Netti, Giovanni Schifino, autore di una straordinaria doppietta. Ma più del gesto tecnico, ciò che ha davvero lasciato il segno è stato il suo modo di festeggiare uno dei gol: anziché lasciarsi andare a un'esultanza personale, ha deciso infatti di correre verso la rete di recinzione del campo sportivo per dedicare il gol a Carmelo Schifino, vicepresidente del club di Morano Calabro. Un gesto semplice, ma dal valore inestimabile, perché Carmelo negli ultimi mesi sta affrontando un periodo difficile a causa di una malattia diagnosticata a un suo caro. La speciale esultanza è stata documentata fotograficamente dalla società cosentina che ha deciso di pubblicare gli scatti sui social, raccogliendo l'apprezzamento, non solo da parte dei tifosi rossoblù.
«La nostra squadra è come una famiglia – ha detto al nostro network Giovanni Schifino –, siamo uniti dal primo all’ultimo. Da sempre la Geppino Netti fonda i suoi valori sulla solidarietà e sul senso di appartenenza, proprio come accade in una vera famiglia. Ecco perché tutti facciamo il tifo per Carmelo».
Il motto del Geppino Netti, "Tifiamo per la vita", ha trovato così un nuovo capitolo della storia del club. Non solo una frase, ma un vero e proprio stile di vita, un modo di creare aggregazione, di dimostrare che il calcio può e deve essere ancora uno spazio di umanità, dove i legami valgono più di qualsiasi trofeo.