Il ct vibonese ricorda la sua gioventù nel paese d'origine e la decisione di andare via: «A scuola non ero molto bravo e la speranza di fare strada nel calcio era davvero tanta». E sul presente dice: «La Slovacchia ha creduto in me quando non ero nessuno, per questo non la abbandono»
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Si possono toccare anche le vette più alte, ma quando si ritorna nella propria terra è come se tutto fosse resettato per lasciar posto al sentimento e ai ricordi. E questo è proprio ciò che è successo a Francesco Calzona, tornato nella sua Cessaniti per qualche giorno, dove ha potuto riabbracciare familiari e amici. Per l'occasione venerdì sera nel piccolo comune vibonese, alle ore 20:30 in Piazza Bellini, è stato organizzato un incontro con la comunità per parlare anche della storica Polisportiva Cessaniti, con alle spalle 56 anni di storia, e con ospite speciale proprio l'attuale ct della Slovacchia.
La scelta di andare via da Cessaniti
Non nasconde innanzitutto l'emozione lo stesso Calzona, ricordando i momenti della sua gioventù: «Questa è casa mia. Ricordo quando giocavamo a pallone nello spiazzale di casa di mia nonna o sotto casa mia. A un certo punto, spinto dalla passione e con l'aiuto di papà, ho preso la decisione di andar via anche perché a scuola non ero tanto bravo e la speranza di fare strada nel calcio era davvero tanta. Nonostante io non sia diventato un calciatore di livello, non mi sono arreso e ho continuato a perseverare. Ho iniziato a seguire gli allenatori bravi, ma anche quelli delle categorie inferiori perché posso garantirvi che ce ne sono davvero bravi e a volte ho anche rubacchiato qualcosa. Molti meriterebbero di stare a livelli più alti, per questo dico sempre di perseverare, resettare ciò che è successo il giorno prima e pensare a quello dopo».
La chiamata di De Laurentiis
Il tecnico ricorda poi la recente esperienza di Napoli (ci era già stato dal 2025 al 2018 come vice) e con la chiamata del presidente De Laurentiis: «Quel giorno mi trovavo a Cessaniti e, a seguito della chiamata, andai a camminare sul lungomare di Briatico. A dir la verità ero sorpreso della chiamata, anche se qualche voce da Napoli mi era già arrivata». Un'occasione stimolante per lui ma con una trattativa difficile da sbrogliare soprattutto per la burocrazia slovacca, come spiega il CT: «Ho avuto poco tempo per decidere, anche perché di mezzo c'era il contratto con la Slovacchia fino al 2025. Con il presidente della Federazione slovacca abbiamo un ottimo rapporto, dunque l'ho chiamato e gli ho detto spiegato della prospettiva Napoli ma il suo no fu categorico, anche perché servivano tutti i componenti del Comitato slovacco per effettuare l'eventuale votazione favorevole o contraria. Sapendo della mia grande voglia di andare a Napoli, lo stesso presidente della Federazione mi diede allora il via libera, prendendosi la responsabilità dell'intero Comitato, a patto però che a fine campionato sarei tornato in Slovacchia e firmando un documento che lo attestava».
Un Europeo che ha fatto sognare un popolo
Dopo la sfida di Napoli, ecco che per Calzona ne è subito iniziata un'altra per certi versi ancora più importante e stimolante poiché ha fatto sognare e rendere orgogliosa una Nazione intera. Stiamo parlando dell'Europeo. Una Slovacchia che ha ben figurato innanzitutto in un girone alquanto complicato insieme a Belgio, Romania e Ucraina. Fin dalla prima giornata i rossoblù confermano di essere un osso duro battendo a sorpresa, per 1-0 grazie alla decisiva rete di Schranz, il Belgio dell'amico (e calabrese) CT Tedesco. Nella seconda uscita i ragazzi cedono all'Ucraina mentre, nell'ultima gara dei gironi, la compagina slovacca agguanta la storica qualificazione pareggiando 1-1 contro la Romania e mandando in estasi un popolo intero.
Agli ottavi di finale di fronte c'è il macigno Inghilterra, ma il sogno slovacco non vuole piegarsi. Il clamoroso vantaggio di Schranz mantiene viva una speranza infondata fino a pochi mesi fa. L'eliminazione (immeritata) arriva poi ai supplementari con l'incornata di Kane. A commentare l'Europeo appena trascorso, comunque, è lo stesso Calzona: «Ci siamo sicuramente comportati bene nonostante molti ci davano come squadra materasso e snobbandoci perché eravamo un piccolo paese. Contro l'Inghilterra devo dire che ci è mancato davvero poco ma, purtroppo, avevamo pochi ricambi. È stato comunque un orgoglio tenere gli inglesi nella propria metà campo e con i miei ragazzi che hanno giocato un calcio moderno».
Un legame forte con la Slovacchia
Un legame sempre più forte quello tra l'allenatore di Cessaniti e questa Nazionale e che va oltre il lato prettamente sportivo: «Ho fatto una promessa al presidente della Federazione - continua Calzona - perché prima del professionista devo essere uomo. Non nego di aver avuto delle proposte quest'anno anche da una squadra italiana, ma non voglio venire meno alla parola data perché non dimentico quando la Federazione slovacca ha creduto in me, nonostante io non fossi nessuno. Per questo, almeno per il momento, penso di rimanere in Slovacchia»