Non è stato un derby, ma un gemellaggio quello tra la Us Palmese e il Cosenza. Ieri, il terreno di gioco non era un umido campo da calcio, ma la sala luminosa di un cinema. Al Citrigno, tantissime persone hanno affollato la prima cosentina dell'ultimo film dei Manetti Bros, i fratelli del cinema italiano, più Duffer Brothers che Coen. Dopo l’anteprima a Palmi (ça va sans dire), è toccato alla città dei Bruzi indossare, solo per gioco – anzi, per fiction – la maglia neroverde.

Ospiti in sala, oltre al duo di registi, anche Max Mazzotta, che nel film interpreta Mimì Bagalà, e Rocco Papaleo, che sullo schermo veste i panni di don Vincenzo, un creativo pensionato a cui salta in mente un'idea brillante: organizzare una colletta in paese, per portare nella squadra locale un fuoriclasse da Serie A talentuoso ma fin troppo irrequieto.

A scortare il cast, un chiassoso squadrone al completo della Calabria Film Commission - smanioso di rilanciare la propria immagine e di serrare i ranghi tra gli aficionados, dopo il fiume di polemiche sulla scelta dei consulenti stipendiati dalla Fondazione e le ripetute accuse di poca trasparenza in materia di pubblicazione delle delibere indicanti spese e rimborsi, ora sotto la lente della politica. Durante le interviste, è spuntata anche un'attrice non del cast, che non ha mai lasciato il fianco del presidente Anton Giulio Grande, ritornato in pole position, in occasione del lancio di questo film, dopo la lunga pausa presa per seguire le sue sfilate.

Ma i protagonisti della serata sono stati loro, gli attori, Max Mazzotta e Rocco Papaleo, e i registi, Antonio e Marco Manetti che hanno regalato al pubblico una commedia leggera e divertente che è anche un omaggio - non gratuito, ma sentito - alla città d'origine materna, Palmi, a cui i due autori sono molto legati.

«Ho coniato questo nuovo termine - ha detto ai nostri microfoni Marco Manetti - questo film è "un sogno vero", invece di una storia vera, nel senso che negli anni Ottanta abbiamo conosciuto un signore che voleva raccogliere i soldi per comprare Maradona per la Palmese e tutti lo prendevano in giro. Noi non lo conosciamo, ma abbiamo deciso di fare un film per rendere realtà il suo sogno. Qui non è più Maradona, perché non sono gli anni Ottanta, ma è Etienne Morville».

«Noi amiamo veramente Palmi - ha aggiunto Antonio Manetti -, dentro di noi ci sentiamo prima palmesi e poi calabresi, quindi abbiamo raccontato una cosa per noi e spero che i calabresi sostengano questo film».

Sulla difficoltà, oggi, a scrivere commedie italiane all'altezza del passato, i registi fanno spallucce. «Noi abbiamo conosciuto tanti dei sceneggiatori italiani che scrivevano le commedie di una volta e si divertivano. Oggi gli sceneggiatori non lo fanno più, scrivono film comici senza divertirsi, così è difficile».

Max Mazzotta, in Us Palmese, torna sul rettangolo da gioco dopo “Sesso, bugie e calcetto”, e lo fa con un sorriso soddisfatto. «Sì - scherza - sono stato promosso di categoria. Qui però siamo in una squadra di calcio di provincia, la Palmese, che mi ha ricordato quando ero fanciullo, perché da ragazzo ero un ultra del Montalto, quindi capisco l'attaccamento a queste squadre di provincia che magari non praticano il calcio di Serie A, però possiedono dei valori molto importanti nel formare dei ragazzi».

Rocco Papaleo, al solito è strepitoso. Nel film è don Vincenzo, un pensionato che si mette in testa di raccogliere soldi tra la comunità palmese, per arrivare a prendere per la squadra non proprio eccellente, un grande campione. «È stata proprio una bella immersione nella nostra realtà. Fare un film al Sud per me ha un valore particolare, non lo nascondo. Poi era una stoia che raccontava un sud un po' diverso da come viene raccontato in genere. A Palmi mi sono molto inserito, sono stato accolto bene dalla popolazione. Sono stati due mesi e mezzo molto belli. Una cosa che mi ha attratto della storia, oltre al fatto di essere un fan dei Fratelli Manetti, era di interpretare un personaggio che fosse un po' distante da me, sia anagraficamente, sia come parlata, perché il mio dialetto è piuttosto diverso. Quindi ho dovuto fare un viaggio verso un personaggio, cosa che raramente faccio perché non sono un attore che si nasconde dietro alla maschera».