Una Napoli oscura, dantesca, si avvita intorno a gironi che soffocano una varia umanità fatta di ombre e bagnata da poche luci che a lame disegnano profili di perduta gente. Non arriva il sole lì dove vive Caracas, un nome che subito riporta ai colori brillanti del Sudamerica, in contrasto con il nero che segna i profili della periferia come fosse intinta nella china. E proprio nel mezzo di una vita, che sembra destinata a galleggiare nella melanconia di un tempo perduto, lo scrittore Giordano Fonte (Toni Servillo) in quella selva oscura forse ritroverà la strada per rivedere e stelle.

Marco D’Amore con “Caracas” firma la sua terza opera da regista (dopo L’Immortale e Napoli magica) e regala al pubblico una storia liberamente ispirata al grande romanzo di Ermanno Rea “Napoli ferrovia” in cui l'autore affidava all’io narrante, con una prosa asciutta e un ritmo incalzante, il compito di dipingere la storia di due persone che non potevano essere più distanti: uno scrittore in cerca di sé stesso e un uomo che crede di essersi perduto per sempre, sospeso tra la seduzione del male incarnato da modelli neozisti e il richiamo dell’Islam. E solo Napoli poteva essere il baricentro di un incontro raro come una gemma aliena che il regista ha lucidato per il grande schermo.

Ieri sera al Citrigno, Cosenza si è raccolta per accogliere Marco D’Amore e Toni Servillo presenti alla presentazione del film (in sala anche Fortunato Cerlino che in Gomorra interpreta don Pietro Savastano), i quali hanno speso parole d’affetto per il cinema di resistenza, quello di frontiera, che in alcune città è sparito («noi abitiamo a Caserta - ha detto Servillo - e non c'è neanche una sala. Ci vorrebbero più persone come Giuseppe Citrigno. Tenere in piedi posti come questo è importante perché sono luoghi di cultura, ma anche di incontro»). 

«Il film trae ispirazione da una gigantesca esperienza letteraria – dice D’Amore riferendosi a "Napoli Ferrovia" che l'ha ispirato - legata a uno degli autori che hanno saputo meglio raccontare una città-mondo quale è Napoli, unendo il sentimento dell’esule a quello legato al ritorno».

Toni Servillo, che oggi sarà in scena al Tau con “Fuoco sapiente”, racconta il suo personaggio, lo scrittore Giordano Fonte, quasi con tenerezza. «Lui si sente perduto e probabilmente è un animo che gli è necessario perché gli permette di rimettersi in gioco. Gli strumenti che credeva di avere quando era un giovane intellettuale, non sono più adatti a spiegare Napoli oggi. Deve rinnovarsi e facendo questo, ritrovarsi». Il viaggio di Fonte somiglia un po’ a quello di Dante, anch’egli smarrito in una selva oscura che gli aveva rabbuiato il cuore prima di arrivare ai piedi di una montagna da cui si intravede la luce. «Forse è ardito il paragone con Dante – ci spiega -. Sicuramente, però, questo autore trova in Caracas una sorta di Virgilio che lo accompagna in quel triangolo della disperazione che è il quartiere che gira intorno alla Ferrovia di Napoli. Attraversando questi gironi infernali, entrambi si uniranno in un’amicizia improbabile che più che fargli capire cosa gli circonda gli farà capire chi sono loro».

D’Amore spiega anche la scelta estetica del film che in alcuni tratti sembra ricordare Sin City o Gotham City. Allora chiediamo, mutuando una celebre battuta tratta dal film Batman, qual è l’eroe che Napoli non merita, ma di cui ha bisogno. «Faccio mie le parole di un grande autore: sventurata la terra che ha bisogno di eroi. Napoli ha bisogno di persone perbene, e sono tante, che si scetano ‘a matina e vanno a faticà».