VIDEO | Real Human Exhibition, curata dal tedesco Jason Quaiser, approdata a Rende, mette in vetrina le anatomie appartenenti a persone morte per cause naturali, per studiare da vicino come siamo fatti
Tutti gli articoli di Spettacolo
«Forse qualcuno si è impaurito; l’idea di vedere dei corpi veri può essere sconvolgente, anche se ad allarmarsi sono stati più gli adulti dei bambini, a dirla tutta. Parliamo di anatomie umane, una cosa che fa parte del nostro essere, della nostra vita, quindi direi che la mostra è solo interessante, non spaventosa». Jason Quaiser è il giovane curatore di origini tedesche della mostra Real Human Exhibition, che ha fatto tappa a Rende lo scorso fine settimana. Nella calura del primo week end davvero estivo, qualcuno non ha voluto mancare l’occasione di visitare una mostra di grande impatto visivo, disertando le spiagge per qualche ora.
«Prima di criticare venite a visitarla»
Da sei anni Quaiser porta in giro per l’Europa l’esposizione che considera un «sogno realizzato». I corpi arrivano dagli Usa e sono quasi tutti appartenenti a persone defunte asiatiche. Non sono mancate e non mancano però le critiche da parte di chi considera mostre del genere (ce ne sono diverse) anti-etiche, perché presentano al pubblico anche bambini e donne incinte. «Le critiche ci sono sempre in qualunque business – dice -. Anche certe rappresentazioni teatrali sono criticate, gli show del circo sono criticati, è una cosa che considero assolutamente normale. Posso solo dire che prima di esprimere giudizi su questa mostra, sarebbe meglio visitarla».
Imparare dai morti per capire la vita
“Non vedrai mai più il tuo corpo nello stesso modo!” promette lo slogan che accompagna la mostra. Ed è proprio così. Il pubblico, camminando per i corridoi allestiti in modo scientifico, osserva da vicino esemplari umani, preservati tramite i processi di mummificazione e plastinazione. «Ci sono anche dei polmoni, che mostriamo mentre pompano ossigeno per dimostrare la differenza tra organi sani e malati».
Real Human Exhibition è una sorta di museo del corpo umano, da osservare con curiosità e forse anche una piccola dose di voyeurismo dal sapore tardo Vittoriano. Le atmosfere, infatti, sembrano proprio quelle dell’Inghilterra della seconda Rivoluzione industriale, quando la chirurgia era agli albori e sperimentava sui cadaveri delle prostitute o dei senzatetto, o sui malati mentali, nuove tecniche mediche. «Il sottotitolo della mostra è: “Imparare dai morti”, perché solo così noi possiamo davvero guardare con i nostri occhi quello che avviene dentro di noi».