Talento, studio e lacrime e poi ancora studio e poi le luci di un palco importante, le strisce dei laser incrociate, il pubblico in piedi, gli applausi. Il successo. La storia di Antonio Vaglica, diciotto anni, è iniziata prima del premio a forma di Stella alzato al cielo, prima che Italia’s Got Talent lo incoronasse come vincitore, prima che il pubblico, la giuria, capisse che sul palco non c’era il solito cantante. Nel chiuso della sua camera, con le cuffie nelle orecchie, cantava e riascoltava Mariah Carey, Madonna, Whitney Houston. E proprio uno dei grandi successi della regina del pop americano, “I have nothing”, ha messo il suggello sulla vittoria di una giovanissima promessa della musica italiana, nata anche grazie all’impegno di Gianna Martorella, la sua agente dalla prima ora, con una potenza vocale da lasciare senza fiato, capace di arrampicarsi su per le ottave con la stessa facilità dell’artista di Newark.

Chi si è accorto per primo del tuo talento?

«Alle elementari le maestre mi facevano cantare "Il mondo" e dicevano: questa è la tua strada».

Saranno contente di vedere che avevano ragione.

«Oh sì, sono sempre state così carine con me, mi incoraggiavano. Poi ho cominciato a esibirmi in piccoli festival, manifestazioni…».

Ed eccoti qui, vincitore di Italia’s Got Talent.

«Ricordo con un brivido quando hanno pronunciato il mio nome, la pioggia di coriandoli, l’abbraccio dei giudici. È stata una soddisfazione così grande che non riesco a descriverla. Ho vissuto quel momento come una specie di riscatto per tutti i momenti difficili che ho attraversato, i sacrifici, il dolore che ormai è alle spalle. Spero di essere un orgoglio per la Calabria».

Hai stregato Elio…

«Quando si è avvicinato a me, dopo la proclamazione l’ho guardato e gli ho detto: "Non ci credo, sta accadendo davvero?". E lui mi ha risposto: “Certo che sta accadendo, tu sei un talento, è tutto normale”».

Il giorno dopo la grande notte come ti sentivi?

«Ho trascorso la notte a festeggiare insieme alla crew di autori che sono stati con me grandiosi. La mattina seguente ho fatto qualche intervista e poi lunghe chiacchierate al telefono con i miei amici che hanno sempre tifato per me, come la mia famiglia».

Accennavi prima a un periodo difficile che hai attraversato.

«Non è stato mai facile essere come sono».

Ti sei mai sentito discriminato?

«È accaduto, specie alle scuole medie, che sono un periodo molto critico per tutti, fu un tempo un po’ buio. Ho sofferto molto perché gli altri compagni mi prendevano in giro, dicevano delle cose che mi facevano soffrire, mi sentivo non accettato, diverso. Sono arrivato al punto da credere di essere io quello sbagliato. Adesso ho superato tutto, grazie alla mia famiglia e ai miei amici più cari, e ho capito che questo non essere allineato è un pregio».

Sei diventato grande in fretta.

«Anche le cose brutte ti aiutano, si dice così, no? Ti irrobustiscono, ti fanno diventare grande, è vero. Da una parte ringrazio anche coloro che mi hanno fatto stare male perché ho imparato a volermi ancora più bene. È stato bello portare su un palco così grande il me stesso senza filtri, che non ha niente da nascondere. Libero».

Il messaggio che ti ha reso più felice?

«Tante persone mi hanno scritto in privato su Instagram dicendo che gli avevo dato un motivo di speranza, che ero un esempio, mi hanno ringraziato, è stato bello».

La tua famiglia non ti lascia mai, anche durante le audition era con te.

«Sempre, sempre, sempre con me. Mi hanno fatto sentire protetto e rispettato e hanno creduto in questo mio grande sogno».

Hai un look un po' vintage in scena.

«Volevo salire sul palco con un outfit semplice, che ricordasse quelli easy di Whitney Houston degli anni Novanta, ma rivisitato secondo il mio gusto che è fluido, non ha generi, confini, non ha sesso ma è un insieme. Non voglio etichettarmi in un modo e basta, non credo ci sia questa differenza tra generi, sessi e anche nel vestiario non voglio mantenere una netta demarcazione. Sono un umano che si veste per come si sente, per come è».

E adesso che succede?

«Posso solo dire che sto lavorando con Bungaro e che si tratta di un progetto in italiano. Fin da subito lui ha creduto in me e lo sento vicino, lo ammiro tanto».

E i fiori dell’Ariston, ne senti il profumo?

«È ancora presto per parlare di Sanremo, magari sì, ci andrò, magari ancora no. Certo, sarebbe fantastico, un sogno, chissà se riuscirò a realizzarlo come ho fatto per IGT, ma c’è tempo e non voglio che certi pensieri diventino un’ossessione, voglio godermelo tutto questo viaggio».