Su tredici candidati ammessi, solo in due si sono presentati alla prova finale. È successo poche settimane fa al concorso indetto dall’Asp di Vibo Valentia per sei posti da dirigente medico a tempo indeterminato. Camici bianchi che avrebbero dovuto colmare la cronica carenza di medici nel reparto di Ortopedia e Traumatologia. Un rifiuto, l’ennesimo, che pone un interrogativo cruciale. Perché nessun sanitario specializzato vuole venire a lavorare all’ospedale di Vibo Valentia? Una domanda che abbiamo posto a chi allo Jazzolino ci ha lavorato.

Ortopedia Vibo, ecco perchè nessuno vuole lavorarci

«La carenza cronica di medici ortopedici (ma anche anestesisti) colpisce tutta Italia – chiarisce il medico –, con la differenza che nelle altre regioni si fanno i concorsi e le assunzioni». Chi parla è stato dirigente medico in prima linea allo Jazzolino di Vibo, poi il suo reparto negli anni è stato svuotato. Colpa del piano di rientro dal deficit sanitario che ha di fatto bloccato le assunzioni lasciando in balia di loro stessi i pochi medici in servizio costretti a turni massacranti. Una situazione di emergenza che si è cronicizzata. «Negli anni l'ospedale di Vibo – conferma l'ex medico – è andato degradandosi. Alcuni reparti sono stati lasciati senza primari. Come potrebbe un giovane medico decidere di venire a lavorare senza una guida? Senza contare le carenze strutturali del nosocomio. Fattori che inevitabilmente abbassano la qualità delle prestazioni». Ecco spiegato il perché dei concorsi che vanno deserti. Nessuno vuol venire a Vibo, in un ospedale finito troppo spesso nell’occhio del ciclone per presunti casi di malasanità, ma anche per le lunghe liste di attesa. Lo stesso ex dirigente medico ammette, però, che oggi le cose stanno cambiando, «grazie agli sforzi che sta compiendo la commissaria straordinaria dell'Asp vibonese Maria Bernardi».

Pochi medici e nessun primario in ortopedia a Vibo

Altro fattore negativo riguarda i rischi legati alla professione: ortopedici e ostetrici sono i medici più denunciati. Ma ciò che più di tutto allontana i medici da Vibo è la consapevolezza di andare in un ospedale con gli organici ridotti all'osso, con la conseguente prospettiva di turni massacranti, dovendo rinunciare alle ferie ed essendo sottoposti a “reperibilità” continua. «Per invertire la rotta - afferma l’ex dirigente medico - bisogna fare i concorsi per primario di ruolo». Riempire queste caselle mancanti è fondamentale. «La classe dirigente regionale non ha mai avuto una visione di insieme sulla sanità – chiosa – hanno solo badato a difendere interessi parcellari. La politica ha affossato la sanità calabrese».

Gli ortopedici come le vacche di Fanfani

Chi all'ospedale di Vibo ha resistito solo sei mesi è stato Massimo Candela, attualmente direttore della S.O.C, di Ortopedia e Traumatologia del P.O. San Francesco a Paola. Lui, insieme al collega Livio Perticone, ha guidato il reparto di Ortopedia. Correva l'anno 2019. «A Vibo eravamo arrivati per evitare la chiusura del reparto, ma dopo sei mesi nulla è cambiato. Ero diventato un chirurgo itinerante». Per il medico «il blocco dei concorsi ha creato un disastro». «Oggi – continua – paghiamo lo scotto di anni di commissariamento. Solo ora, nel pieno dell'emergenza Covid, ci si accorge della carenza di camici bianchi. Gli specialisti hanno trovato impiego in altre parti d'Italia e di certo non tornano in Calabria dove la sanità è bistrattata a causa di un sistema che non premia la meritocrazia ma solo chi ha conoscenze. Vibo non è un ospedale ambito. Il reparto - sottolinea anche lui - lo fa il primario». Per il professionista deluso dalla sua esperienza nel nosocomio vibonese, la politica dovrebbe restare fuori dalla sanità. «Bisogna tornare alla meritocrazia», insiste. Un’altra delle cause della carenza di medici è l’esistenza in Calabria di una sola scuola specializzata, l’Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini di Catanzaro, che sforna in media dai quattro ai cinque specialisti all'anno. «Medici ambiti che vengono reclutati ancor prima di terminare la specialistica. Gli ortopedici in Calabria – dice – sono come le vacche di Fanfani: siamo in pochi e siamo sempre gli stessi che girano». Pensionamenti e trasferimenti hanno poi aggravato la situazione. Senza contare i rischi legati alla professione. I medici si indirizzano su altre branche. «Quando in ospedale – conclude Candela – arriva un paziente con politrauma, noi lo curiamo al meglio pur sapendo che non recupererà il 100% delle sue funzioni. Ciononostante, il più delle volte parte la richiesta di risarcimento danni. Nella maggior parte dei casi per velocizzare l’iter, la richiesta viene inviata sia all'azienda sanitaria che al chirurgo che ha operato. E questo è scoraggiante».