VIDEO | Dura presa di posizione dei primi cittadini del Catanzarese pronti ad ostacolare la riorganizzazione dell'assistenza territoriale. Il documento già trasmesso a Roma per l'approvazione. «Non siamo gli anelli deboli della catena decisionale»
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La falange è schierata. La richiesta di incontro pronta a partire, in calce la firma della trentina di sindaci della provincia di Catanzaro che hanno risposto presente al confronto convocato per decidere le azioni da intraprendere per osteggiare la riorganizzazione dell'assistenza territoriale.
In una prima fase, si tenterà la strada della mediazione per convincere struttura commissariale e dipartimento Salute e Welfare della Regione Calabria a rivedere l'accordo integrativo, già siglato e trasmesso a Roma per l'approvazione, che prevede il taglio delle postazioni di continuità assistenziale. La provincia di Catanzaro sarà quella più colpita dalla razionalizzazione: sulle 57 postazioni esistenti, almeno una trentina dovrebbero scomparire.
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Una prospettiva che ha compattato i primi cittadini, già in passato coesi nel contrastare la riorganizzazione territoriale poi revocata con sentenza del Tar. Dal confronto andato in scena nella sala giunta di Palazzo di Vetro è emersa la necessità di non retrocedere; al contrario, di far sentire la voce degli amministratori locali chiamati a fornire servizi essenziali alle comunità.
Privi di uffici postali, di scuole, di presidi sanitari, i comuni delle aree interne non hanno più motivo di esistere: è stato in sintesi il ragionamento delle fasce tricolori che hanno lamentato il mancato coinvolgimento in processi decisionali che, infine, incidono sulla sopravvivenza dei comuni delle aree interne.
«Abbiamo deciso intanto di farci sentire perché non siamo soggetti deboli della catena decisionale» ha sintetizzato il sindaco di Soveria Simeri e presidente della Provincia di Catanzaro, Amedeo Mormile. «Siamo anzi quelli che subiamo queste riorganizzazioni, razionalizzazioni, efficientamenti che in realtà rispondono più a criteri di economicità, che hanno pure la loro valenza, ma che finiscono per avere delle ricadute fondamentali soprattutto nelle aree interne e in aree che già soffrono la marginalizzazione. Sulla sanità come sulla pubblica istruzione non si può scherzare».
Sulla stessa linea, il sindaco di Cicala, Alessandro Falvo: «Si è deciso di chiedere alla Regione che nessuna guardia medica dovrà essere chiusa, anzi magari aprirne qualcuna laddove il territorio ha dimostrato di essere più vulnerabile e fragile. Ci aspettiamo una apertura - ha aggiunto il primo cittadino - perché credo che questo accordo non abbia visto il coinvolgimento attivo del presidente della Regione che probabilmente non è al corrente degli effetti che la riorganizzazione causerà sui territori».