I casi limite di Serra San Bruno e Tropea. La sanità locale in affanno proprio mentre riacquisisce fiducia e credibilità
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A Serra San Bruno un anestesista piange solitudine h24. Se non ci fosse, il Pronto soccorso di una delle aree più remote della provincia di Vibo Valentia, così prezioso alla luce della conformazione orografica del territorio e delle deficienze infrastrutturali, dovrebbe chiudere i battenti. A Tropea ancora peggio: qui, oltre al Pronto soccorso, cesserebbero pure le attività chirurgiche di Urologia, il day surgery e alcuni servizi ambulatoriali. Sì, perché anche a Tropea esiste un solo anestesista in servizio o reperibile h24. Ma forse è Vibo Valentia, ospedale spoke, la più eloquente metafora dell’asfissia.
Qui, col primario Peppino Oppedisano, il pool di medici che rappresenta l’ultimo avamposto per la salvezza del paziente è formato da soli nove anestesisti-rianimatori. E la situazione, già grave, rischia di divenire drammatica, visto che a breve – alla luce di imminenti pensionamenti – l’organico si ridurrebbe ancor di più all’osso. Ci sono sei posti letto di Rianimazione da presidiare, ma è l’attività chirurgica programmata che rischierebbe di essere seriamente compromessa, come già accaduto in passato. Rimarrebbero, in sostanza, gli interventi d’urgenza: in Chirurgia, Ginecologia, Ortopedia… E allora, che fare?
Una grana enorme in un momento estremamente delicato per la sanità vibonese, che nonostante le ataviche problematiche connesse alla vetustà dello Jazzolino (sempre in attesa che il nuovo ospedale eternamente incompiuto veda la luce e chissà ancora quanto ci vorrà), proprio grazie alla professionalità dei primari, dei medici e del personale infermieristico, ha riacquisito, pur lentamente, fiducia e credibilità nella popolazione.
Indetto nel 2021 un concorso per tre nuovi anestesisti-rianimatori (il Piano triennale dei fabbisogni del personale 2020-2022 ne prevedeva nove, ma un solo un dirigente medico finora ha accettato l’incarico ed è stato assunto), l’auspicio è che le cose vadano decisamente in maniera diversa rispetto ai bandi pubblicati in passato per altre specialità, andati puntualmente deserti. Fu emblematico il caso di Ortopedia, dove il reparto, prima dell’arrivo del nuovo responsabile, quasi neppure esisteva: tredici ammessi, solo due aspiranti dirigenti-medici si presentarono alle prove finali.