Nella sala dedicata ai caduti di Nassriya al Senato di Roma, “Amara verità” di Carlo Guccione con l’ex ministro Orlando, la senatrice Zampa, Napoletano e Bottero
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Una sanatoria del debito è possibile? Questo il focus della presentazione tenuta ieri a Roma, nella sala istituzionale del Senato dedicata ai caduti di Nassirya, del libro di Carlo Guccione “Amara verità” sul caso più unico che raro del debito sanitario in Calabria. Presenti in aula, oltre all’autore, la Senatrice Sandra Zampa, il già Ministro della Giustizia, dell’Ambiente e del Lavoro Andrea Orlando e il direttore de “Il Quotidiano del Sud” Roberto Napoletano, moderati da Paola Bottero, Direttore strategico del gruppo Diemmecom-viaCondotti21 e del network LaC.
Leggere il libro di Guccione e sentirlo raccontare ricorda, come definito da Orlando, un vero e proprio giallo. Era il 2005 quando furono approvate alcune esenzioni sanitarie, in particolare l’abolizione del ticket. Una sanità florida quella calabrese, ma solo all’apparenza: subito dopo si scopre un buco nero che porterà la Regione ad un commissariamento “straordinario” cominciato dodici anni fa diventato “ordinario”, tutt’ora in corso. Il punto è che nei dodici anni di commissariamento voluti dal governo centrale il debito è cresciuto ancora, a dismisura.
E questo debito non può essere accollato ai calabresi, perché la scelta dei commissari così come i mancati controlli sono responsabilità del Governo. «Non so se questo debito potrà essere cancellato del tutto come chiede Guccione – sostiene Orlando – ma certo è impensabile che una regione possa coprire un buco di miliardi e allo stesso tempo garantire i servizi ai cittadini. Credo da questo punto di vista che sia assolutamente ragionevole pensare a una sanatoria del debito calabrese, anche alla luce delle responsabilità dello Stato».
Ci sono voluti anni perché le assurdità del sistema sanitario regionale arrivassero agli onori delle cronache nazionali: fatture pagate anche tre volte, mancanza totale di una contabilità complessiva, “pizzini” come pagherò al posto di una corretta gestione di bilancio. Una fotografia impietosa che Guccione descrive passo dopo passo, non dimenticando le incompiute e le strutture chiuse: uno per tutti il caso di Castrovillari.
La colpa è della politica? Delle istituzioni? Dei commissari? Dello Stato? Non è solo un problema di colpe, ma di restituzione: sia del diritto alla salute sia di un sistema sanitario capace di non obbligare più ai “viaggi della speranza” fuori regione.
Non è mancato il riconoscimento da parte di Guccione al presidente della Regione Roberto Occhiuto di aver finalmente avviato in modo serio la ricognizione del debito, la cui importanza dal commissariamento ad oggi, è rigore non solo politico, ma anche storico: «Ho scritto questo libro per sollevare a livello nazionale il tema della sanità in Calabria» esordisce l’autore. «Sono passati 12 anni, possiamo dire che si stava meglio prima che con il commissariamento, l’istituto è diventato ordinario, il debito è aumentato e tutto questo produce una situazione nella quale in Calabria la sanità non riesce a dare risposte ai cittadini».
I dati raccolti da Guccione sono di una portata altissima: 85% dei pazienti sotto i 14 anni emigrano al Nord, la mortalità neonatale è maggiore del 40% nel sud; in Calabria si arriva in buona salute a 52,9 anni di media, nel trentino a 67 anni, mentre la media nazionale si aggira intorno ai 62 anni. Percentuali che confermano la Calabria fanalino di coda italiano anche a livello sanitario.
«Questo libro documenta l’intreccio di interessi che impediscono alla Calabria di uscire da questa empasse» commenta la senatrice Sandra Zampa. «È arrivato il momento di chiedersi come restituire ai cittadini calabresi una buona sanità: il PNRR potrebbe essere uno degli strumenti per assegnare risorse e cominciare a risolvere il problema».
«Questa operazione verità fatta dal libro di Guccione restituisce alla questione sanitaria calabrese temi reali e le responsabilità dello Stato a cui deve riparare» commenta Roberto Napoletano. «La stampa deve fare il suo lavoro: documentare e raccontare i segnali veri e importanti che smentiscono lo stereotipo della Calabria, costruendo fiducia contagiosa che è motore di ogni rinascita».
Altro tema cruciale, quello dell’immigrazione sanitaria da Sud al Nord: inevitabile non pensare a cosa succederebbe se dovessero passare le proposte di autonomia differenziata, nell’agenda politica proprio in questi giorni. Ma cosa può fare la politica per mettere un freno alla situazione calabrese e evitare che succedano ancora cose simili?
«Evitare una narrazione secondo cui l’accentuazione dell’autonomia differenziata porterebbe ad una maggiore efficienza» sostiene Andrea Orlando. «La verità è che questa idea di autonomia differenziata è maturata in una fase nella quale si pensa che tutte le regioni abbiano uguale sviluppo, per cui se una struttura non spende bene le risorse alla fine ci sarà una sanzione politica».
Altro tema, che riguarda anche la sanità, quello delle infiltrazioni mafiose negli enti pubblici. «È evidente che questo tipo di organizzazione, il modo in cui è stato affrontato nel corso di questi anni la questione delle infiltrazioni» spiega Orlando «ha determinato una fuga di risorse e di sperpero di denaro pubblico, che si poteva realizzare solo in presenza di un blocco di carattere politico-mafioso che ha consentito questo tipo di manovre». Andrea Orlando propone un “genio civile”: «Dobbiamo pensare ad una sorta di genio civile della Pubblica Amministrazione che si strutturi a livello centrale e dia un supporto a quelle branche della PA che vengono colpite dalle infiltrazioni, consentendo così una ripartenza».
E il pensiero va inevitabilmente al 16 ottobre 2005 a Locri quando, durante le primarie del Pd, fu ucciso Franco Fortugno, vicepresidente della regione Calabria, con cinque colpi di pistola.
Spiega Guccione: «Fortugno era conosciuto per il suo impegno politico sulla questione sanità, l’omicidio fu un chiaro segnale a Loiero, che si accingeva a prendere la funzione di Presidente della Regione Calabria, di non occuparsi di sanità».