Nel cantiere di contrada Insiti il nervosismo del concessionario è palpabile: giornalisti tenuti lontani e bocche cucite. Restano da “produrre” oltre 200 milioni ma il ritardo è già di sei mesi. Si pensa di accelerare col turno di notte
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Ottobre 2026, Mission: impossible. No, non è l’ennesimo film sulle gesta dell’agente segreto dell’Imf, Etan Hunt ma una durissima realtà. Che con tutta probabilità andrà a scontrarsi contro quella data, scadenza ultima per la consegna dell’ospedale della Sibaritide alla Regione Calabria. A meno di pesanti penali.
Il nostro viaggio nella sanità del nordest della Calabria continua. E dopo aver analizzato lo spoke di Corigliano Rossano, (gli ospedali Giannettasio e Compagna) ed il servizio erogato sul territorio, non potevamo non entrare, solo virtualmente, nella pancia del cantiere dell’ospedale della Sibaritide, quindi, nella sanità del futuro.
Non prima, però, di ricordare il contesto territoriale in cui l’ospedale nuovo viene incastonato. Che poi è quello dei livelli essenziali di assistenza più bassi d’Europa, quello col minor numero di posti letto rispetto alla popolazione, quello che la “golden hour” (nella medicina d'urgenza, l’ora d'oro riferita al tempo di intervento dopo una lesione traumatica, durante il quale vi è la più alta probabilità che un pronto trattamento possa evitare la morte) resta un concetto astratto, quello in cui la gente muore sulle ambulanze senza medico a bordo o in attesa di un elicottero, o dei sanitari aggrediti.
La genesi dell’ospedale della Sibaritide
Il polo sanitario d’eccellenza, da 374 posti letto – oggi nello spoke quelli attivi sono appena 150 – in vent’anni è gravato da un’infinità di problemi, facilmente intuibili, giacché i suoi “gemelli” di Vibo Valentia e della Piana di Gioia Tauro sono ancora solo un quadro futurista.
Per due lustri l’ospedale della Sibaritide rimane impantanato nelle sabbie mobili della burocrazia, tra commissariamento alla sanità, valzer di commissari, bando di gara a singhiozzo, un primo affidamento ad una società poi raggiunta da interdittiva antimafia, finanche gli espropri ed i ricorsi presentati per preservare alcuni ulivi secolari della zona.
Dal 2007 e da quella ordinanza di protezione civile nazionale, passano gli anni e si susseguono le inaugurazioni al bisogno (della politica): quattro, forse cinque pose di “prime pietre” ed una di queste, addirittura, la si organizzata per benedire la recinzione del cantiere. E come dimenticare il tentativo di dirottare i fondi altrove, come quello ordito nel 2015 dagli allora parlamentari grillini Dalila Nesci e Nicola Morra, secondo i quali l’ospedale della Sibaritide non serve, ragion per cui le risorse devono essere dirottate sul nuovo ospedale di Cosenza.
Passano altri cinque anni di silenzi, fino al 2020. Ci vuole la scossa impressa dalla presidente Iole Santelli per rimettere in moto una macchina arrugginita e dotata di un progetto comunque obsoleto, che necessitata di una variante – causa post Covid e normative energetiche che nel frattempo intervengono – che fa lievitare il prezzo da 144 milioni al doppio, oltre 290 milioni.
Sempre nel 2020 vengono consegnati i lavori e tre anni dopo si concluderà lo scheletro. Poi, come accennato, il nuovo stop causa variante inizia a far tremare le fondamenta dell’ospedale. La “trattativa” tra la Regione e la D’Agostino dura 14 mesi. Si riprende nella primavera scorsa ed a distanza di un anno il “presente” non sembra stare poi così meglio del passato.
Il ritardo accumulato ed il nervosismo del concessionario
Lo stop ai lavori di un anno e mezzo tra il 2022 e il 2024 necessari alla progettazione e l’approvazione della variante, la ripartenza del cantiere ed oggi il ritardo accumulato rispetto alla tabella di marcia prevista, stanno in un certo senso innervosendo il concessionario, la D’Agostino, probabilmente consapevole di andare incontro a delle penali.
Il bando di gara prevede che il concedente, la Regione, compartecipi con il concessionario al quale è demandata la gestione della struttura per circa trent’anni. Un accordo, quindi, sulla carta conveniente ad entrambi.
C’è però qualche intoppo di troppo, perché a quanto pare, secondo fonti molto attendibili, ci sarebbero almeno sei mesi di ritardo sull’iter concordato con la Regione.
Il nervosismo della D’Agostino è palpabile e lo si sta peraltro avvertendo non solo in contrada Insiti, nel ventre del costruendo ospedale, ma anche nei rapporti con la stampa. Fino a “ieri” sempre disponibili ad una visita, senza nulla da nascondere per mostrare al mondo le “conquiste” ottenute e l’accelerata ai lavori sullo scheletro della struttura concluso in pochi mesi, da qualche settimana la D’Agostino ha tirato il freno a mano. Per giorni LaC News24 rimane in attesa di un nullaosta ad un sopralluogo richiesto via mail. Una cortese mail di risposta, giunta solo il 28 febbraio, a distanza di otto giorni dall’invio, ci informa che sarà – prima o poi, senza una data – organizzato un “media day”. Atteggiamenti “conservativi” forse utili a gestire il ritardo anche mediaticamente. Niente telecamere in cantiere, insomma, nonostante la D’Agostino continui ad aprire, anche senza alcun preavviso, a politici sempre pronti a nascondere la polvere sotto al tappeto.
Qualche dato
Per opere del genere lo stato di avanzamento dei lavori si commisura con la spesa mensile prodotta che, a regime, dovrebbe aggirarsi tra i 7 e gli 8 milioni al mese. Sembrerebbe però che il concessionario, in questi mesi abbia viaggiato sul 3, 4, 5 quando andava bene. Ciò pare abbia comportato il ritardo che – è bene sottolinearlo – potrebbe essere comunque colmato negli ultimi mesi o, come si paventa, inserendo un terzo turno di lavoro notturno, coprendo così 24 ore di produzione.
Ad oggi lo stato di avanzamento dei lavori – a 18 mesi dal gong – si starebbe aggirando sul 35%, ovvero sarebbero circa 80 i milioni “prodotti” sui 290 previsti. E pur considerando un’accelerata verso i 5, 6 milioni di spesa ogni 30 giorni, si arriverebbe a ottobre 2026 con 190 milioni spesi, ancora molto lontani dai 290 utili a consegnare l’ospedale chiavi in mano.
Più che presumibile, a questo punto, che l’ospedale della Sibaritide non sarà consegnato per la fine della legislatura Occhiuto. Il presidente della Regione e commissario regionale alla sanità, sin dal suo insediamento ripete che l’ospedale si concluderà prima. Sarà.
Se poi a ciò aggiungiamo il tempo necessario al trasloco – fisico – dal Giannettasio e dal Compagna a contrada Insiti, ecco che l’entrata in esercizio – cosa ben diversa dalla consegna dei lavori – potrebbe risultare un grande rebus. Dall’Asp di Cosenza, che governerà dal punto di vista sanitario l’ospedale della Sibaritide, però, filtra ottimismo.
Insomma, ad oggi, la prospettiva di un ospedale moderno in esercizio – il primo in Italia ad essere costruito in epoca post-pandemica – che curi la gente della Sibaritide, è ancora tutta in divenire. Ed il primo paziente ad essere ricoverato pare avere le sembianze di una Chimera, come gli altri tre ospedali in programma (Vibo, Piana e Cosenza) che con quello della Sibaritide riverseranno in Calabria – quando? – circa 4 miliardi di euro.