L'organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale ha offerto delle delucidazioni su alcuni elementi al centro del dibattito di queste ore: «Non sorvegliarli limiterebbe la nostra capacità di identificare le varianti emergenti»
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«I positivi asintomatici vanno conteggiati tra i casi Covid». Lo chiarisce l'Iss mentre il tema è al centro del dibattito, soprattutto per iniziativa delle regioni. «La definizione di caso di sorveglianza deve contenere i positivi, e non solo i casi con sintomatologia più indicativa di Covid-19 (sintomi respiratori, febbre elevata, alterazione gusto e olfatto eccetera)», spiega l'Istituto superiore di sanità in un "primo piano" sul proprio sito.
«L'esperienza ha dimostrato - si legge - che la maggior parte delle infezioni, in particolare nei soggetti vaccinati, decorre in maniera asintomatica o con sintomatologia molto sfumata. Non sorvegliare questi casi limiterebbe la nostra capacità di identificare le varianti emergenti, le loro caratteristiche, e non potremmo conoscere lo stato clinico che consegue all'infezione nelle diverse popolazioni (ad esempio per età, stato vaccinale, comorbidità). Inoltre, non renderebbe possibile monitorare l'andamento della circolazione del virus nel tempo e, di conseguenza, i rischi di un impatto peggiorativo sulla capacità di mantenere adeguati livelli di assistenza sanitaria anche per patologie diverse da Covid-19».
«L'importanza di monitorare i casi attraverso la sorveglianza non va confusa con i criteri con cui si decidono le indicazioni per casi e contatti», precisa l'Istituto superiore di sanità che in alcune Faq alcuni elementi al centro del dibattito di queste ore.
È vero che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha cambiato di recente la definizione di caso utilizzata per la sorveglianza delle infezioni da Sars-CoV-2 e/o dei casi di malattia Covid-19? «No - risponde l'Iss -. La definizione di caso utilizzata per la sorveglianza è la stessa dal dicembre 2020 ed è disponibile online sul sito del centro. In un'ottica di ritorno alla normalità dopo la fine dell'emergenza pandemica, l'Ecdc ha suggerito in un documento del 18 ottobre 2021 una futura transizione a un sistema di sorveglianza sindromico, simile a quello che si usa attualmente per l'influenza».
Ma la definizione di caso utilizzata nella sorveglianza epidemiologica definisce le misure di auto-sorveglianza e quarantena? «No. La definizione di caso utilizzata per la sorveglianza epidemiologica nazionale - continua l'Iss - non comprende i contatti dei casi confermati e la stessa sorveglianza non ne monitora l'andamento nel tempo. Pertanto, la definizione di caso usata in sorveglianza non riveste alcun ruolo nel definire le misure di auto-sorveglianza e quarantena. A riprova di questo, l'Ecdc il 7 gennaio 2022 ha aggiornato le proprie indicazioni relative a quarantena e isolamento, senza modificare la definizione di caso usata per la sorveglianza epidemiologica».
Infine, la definizione di caso utilizzata nella sorveglianza epidemiologica definisce le misure di isolamento? «No. Sebbene esse abbiano in comune una esigenza di conferma diagnostica che si avvale di test antigenici e molecolari - conclude l'Iss - un caso positivo secondo la definizione della sorveglianza viene valutato in base ad una serie di criteri, riportati nella circolare del ministero della Salute del 30 dicembre 2021, per definire le diverse modalità di isolamento».