Si sono incontrati al Comune di Lamezia Terme i sindaci del distretto sanitario del Lametino e del Reventino. Nodo della questione l’esclusione del presidio ospedaliero di Lamezia Terme dall’azienda ospedaliera unica di Catanzaro e la convocazione di un tavolo voluto dal Consiglio dei Ministri al ministero in cui al momento la città della Piana non è contemplata. Ma andiamo con ordine.

 

Era il 25 giugno scorso quando il governo decideva di impugnare la legge della Regione Calabria che disponeva l'integrazione dell'azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio con quella universitaria Mater Domini prevedendo la costituzione di una realtà e asserendo, in soldoni, che Lamezia non aveva le carte in regola per rientrare nel progetto.

 

Una decisione difficile da mandare giù. Per il Consiglio non solo la procedura avviata per la costituzione della nuova azienda non è regolare e va in contrasto con più filoni normativi, ma l’accorpamento di Lamezia «non è contemplato nel programma operativo vigente ed interferisce con le funzioni e i compiti del commissario». Stretta nei legacci istituzionali e burocratici che tra l’altro hanno messo il bastone tra le ruote anche al capoluogo di regione, Lamezia ha ingoiato il rospo ma ora non vuole essere esclusa dal tavolo che verrà convocato. Sempre più depauperata di funzioni, reparti, personale la città della Piana ora non vuole rimanere fuori dai “giochi romani”. Da qui la riunione per avviare un confronto con le fasce tricolore che rappresentano gran parte del bacino che si riversa su Lamezia, circa 150 mila utenti e mettere su un ragionamento costruttivo ma incalzante.