«Nel 2019, quando ancora non si parlava di covid, siamo riusciti a trapiantare in Calabria 40 pazienti. Nel 2020 questi numeri sono crollati, dimezzati. Basta prendere l’ultimo trimestre del 2019, da ottobre a dicembre come riferimento. In tre mesi nel 2019 abbiamo avuto 10 donatori nello stesso periodo nel 2020 solo 2».

Sono numeri che fanno riflettere su come il covid abbia condizionato tutto e anche la donazione di organi, gesto che può salvare tante vite, ha subito un forte contraccolpo. Ne abbiamo parlato con il direttore del centro regionale trapianti al Gom di Reggio Calabria il dottor Pellegrino Mancini che, in primis, ha voluto rassicurare su tutte le procedure che garantiscono sicurezza e trasparenza ai familiari. Precisazioni che il dottore ha voluto fare per sfatare tante false credenze che impediscono alla Calabria di crescere nel numero di donazioni.

Un sì che salva la vita

«Vengono effettuate molteplici e accurate verifiche sul paziente prima di dare l’ok al trapianto. Ci sono commissioni interne ed esterne composte da professionisti per accertare il decesso del paziente. Questo da ai familiari la certezza della morte. E se il decesso avviene compatibilmente alla donazione allora mi domando perché non farlo? È una decisione che non compromette il paziente ma di sicuro può salvare tante vite». Per ogni sì detto alla donazione si mette in moto una macchina organizzativa che riguarda tutte le figure professionali presenti in ospedale, ci spiega il dottor Mancini mostrandoci il sistema informatico nazionale utilizzato per i trapianti.

«Quel sì detto dal congiunto o meglio ancora se trovato all’interno del Sit, ci permette di aiutare anche 6 o 7 persone che ricominciano una nuova vita e allora perché opporsi alla donazione? Non dobbiamo chiederci perché donare ma perché non faro».

Il dono partito da Reggio

Ma il 2021 è iniziato con un gesto d’amore che si spera sia di buon auspicio perché un 60enne deceduto al Gom aveva dato il suo consenso alla donazione. Dopo un anno di fermo, tra Reggio e Roma si è attivata una maratona per salvare la vita ad un giovane. «Era un paziente avanti con gli anni ma arrivato in ospedale a causa di una grave lesione celebrale. In due giorni nonostante gli sforzi è morto ma grazie al suo consenso è stato prelevato il fegato che era in ottimo stato e ha salvato un giovane che era in fin di vita, gli rimanevano poche ore. E quando si possono salvare delle vite è una cosa bellissima».

L’appello

L’appello è dunque a donare perché le procedure accuratissime garantiscono certezze ai familiari ma è anche vero che fare una scelta consapevole è la via per salvare tante vite. Ed è semplice farlo. «Non farla questa scelta – ribadisce Mancini – vuol dire lasciare ai propri familiari la responsabilità di farlo al posto nostro nel momento più drammatico della perdita».