Rabbia e preoccupazione, questo traspare dal messaggio accorato di Angelica Amoroso, mamma di una bambina disabile e portavoce del Comitato spontaneo mamme distretto area nord, che ha firmato, con atri genitori, una lettera diretta al commissario straordinario dell’Asp di Cosenza, Carlo Vincenzo La Regina. La richiesta inviata è chiara e precisa: che il centro di neuropsichiatria, dove bambini disabili ricevono cure e terapie per avere una vita più dignitosa, rimanga presso il policlinico di Scalea, o che per lo meno rimanga nella stessa zona. «Non vogliamo che si chiuda, con la falsa promessa che riaprirà» è uno dei commenti fatti ai nostri microfoni.

Problemi nel caso della chiusura

Allungare le distanze tra l’abitazione e una ipotetica nuova sede dove recarsi, aumenterebbe, infatti, di conseguenza anche la durata del viaggio, che renderebbe vani i benefici della terapia ricevuta. Senza contare ovviamente lo stress anche per le stesse famiglie, costrette ad affrontare per più volte alla settimana un percorso più fuori mano, su di una strada, la SS18, purtroppo spesso famosa per episodi tutt’altro che piacevoli.

Non trascurabile anche l’aspetto economico, soprattutto durante questo periodo che ha messo a dura prova numerose famiglie.

Miracoli con pochi mezzi a disposizione

Un vero e proprio dolore, come scritto anche sul documento redatto, come chi ha l’impressione che gli sfugga dalle mani una attività sul territorio che funziona,  essenziale per il futuro dei propri bambini. Una equipe preparata, tra cui logopedisti, terapisti, una psicologa, una psicomotricista, una neuropsichiatra, che da anni segue i piccoli con professionalità e cura. Una struttura, come ha riferito Angelica, che ha fatto dei miracoli con i pochi mezzi a disposizione.

Il Comitato ci tiene infatti a precisare che il centro avrebbe bisogno soprattutto di un potenziamento, come nuove attrezzature nella palestra esistente e il ripristino della piscina riabilitativa.

«Noi famiglie vogliamo poter dare un futuro dignitoso ai nostri figli» conclude Angelica. «Non possiamo fondare il loro futuro su delle promesse».