VIDEO | Già riferimento importante per la gravidanza, in questi mesi hanno assunto un ruolo ancor più decisivo per le donne costrette a non avere parenti al loro fianco
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Sono state donne sostegno di altre donne, confidenti, aiuto fattivo nel loro ruolo di intimità esaltato ancor di più dal tempo della pandemia. Le ostetriche del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Castrovillari, diretto dal primario Pietro Gervasi, raccontano questo periodo con il pensiero rivolto alle mamme che in questi mesi hanno affrontato la fase più delicata e bella della loro vita ma «hanno pagato tutte le conseguenze» derivanti dal Covid per non aver potuto avere al loro fianco le «persone più vicine», i mariti ed i compagni che, per i rigidi protocolli sanitari dovuti al rischio contagio, «non hanno potuto essere presenti durante il travaglio». Il ricordo di questo tempo difficile e particolare è affidato a Maria Carmela Forte, referente ostetrica delle sue colleghe Assunta Pigna, Caterina Ferrari, Giuseppina Costanza, Franca Maiolino, Tiziana Pascarella, Rosa Amodio, Teresa Chiappetta, Paola De Santo, Rossella Cilento, con le quali ha condiviso turni, ansie, gioie e dolori di questo periodo complicato vissuto con la consapevolezza di dover essere punto di riferimento per tante mamme.
Presenti a 360 gradi
Ai papà è stata comunque «sempre garantita la presenza in sala parto cinque minuti prima dell'espulsione del bimbo» - aggiunge - e poi qualche minuto dopo il parto insieme alla mamma e al nascituro prima di dover riapplicare rigidamente i protocolli di sicurezza anti Covid 19. «Tutto il resto non lo abbiamo potuto più garantire - aggiunge - e la donna è rimasta sola» avendo come unico riferimento in ospedale ostetriche ed infermiere che non hanno mai fatto mancare la loro presenza a «360 gradi». Una figura nata per le donne, l'ostetrica, in questo tempo vive con la partoriente una relazione «fondamentale» prendendola «per mano e accompagnandola» verso l'evento più straordinario della propria vita.
Il nostro compito: assistere
Tante le paure nel fare questo lavoro: «non sapevi chi avevi di fronte, potevi avere un potenziale positivo e non saperlo - racconta Forte - ma quando svolgi un determinato lavoro riesci a mettere da parte tante cose. Anche se c'è la paura al primo posto viene l'assistenza. Sai che di fronte potresti avere una persona potenzialmente positiva al Covid però dall'altra parte sai che questa persona ha bisogno di te, la devi assistere. E la paura si mette da parte». Tante le lacrime raccolte: di gioia spesso, ma anche di difficoltà per coloro che si sono sentite sole. Lacrime che ancora oggi emozionano e raccontano di un legame indissolubile tra paziente e operatore sanitario che si consolida al primo vagito di una nuova vita, supera ogni paura e vince anche la pandemia, trasformandosi in un seme di speranza.