«Il pipistrello non c'entra»: l'ospedale di Cosenza fa chiarezza dopo la morte dei due neonati

L’Annuziata in una lunga nota parla dei casi della bimba deceduta a causa di un’infezione, del feto nato morto e minaccia azioni legali: «La presunta malasanità non fa altro che aumentare la migrazione sanitaria»

 

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26 settembre 2018
16:30

«Si è assistito negli ultimi giorni ad un intensificarsi dell'attacco mediatico contro l'Ospedale, da parte di persone che, comunque, di questo Ospedale hanno usufruito anche con esiti positivi». Inizia così un lungo comunicato diffuso oggi dalla direzione dell'Azienda ospedaliera di Cosenza. «L'approccio alla patologia ha sempre caratteristiche emotive differenti, in base all'evolversi della malattia, per cui non meraviglia che la considerazione sulle Strutture sia differente e spesso diametralmente opposta. Quando si assiste invece, - si legge nella nota - ad una manipolazione degli eventi, per interessi di vario tipo, ci si indigna e per onestà dei fatti è necessario, con puntuale metodicità, smentire quanto artatamente viene pubblicato, anche al fine di non distruggere una istituzione che, con grossa fatica, in situazioni di risorse carenti ai quali sopperisce spesso l'impegno e il senso di responsabilità dei professionisti, mira a garantire ai cittadini cure sicure e di qualità».

Neonata morta per infezione

«L'articolo dello scorso 22 settembre apparso su alcune testate on line, il cui contenuto è già stato smentito in parte dal direttore del Dipartimento Materno Infantile, - si legge - mette in correlazione la morte di un neonato per shock settico con la presenza di un pipistrello nei corridoi dell'Ospedale. Bisogna precisare che il Reparto di Terapia intensiva neonatale è un reparto chiuso con un sistema di ventilazione controllata in cui l'aria viene filtrata prima di essere immessa nella terapia intensiva. Nel caso in specie poi il neonato in condizioni di estrema gravità era ricoverato in terapia intensiva in una termoculla, - si afferma nella nota dell'Azienda ospedaliera cosentina - con aria a sua volta filtrata e completamente isolato dall'ambiente circostante. Si coglie l'occasione per precisare che non tutte le infezioni contratte in ospedale sono infezioni ospedaliere, anche se possono portare all'exitus».


 

«Il piccolo era affetto da un’infezione contratta in utero, essendosi manifestata nelle prime ore di vita, in maniera così grave, da richiedere un trasferimento urgentissimo, senza l'attivazione dell'Ambulanza dedicata allo Sten (trasporto Neonatale). Secondo le evidenze scientifiche del momento - si legge ancora - tutte le infezioni che si presentano entro le prime 72 ore con sintomi gravissimi, sono da attribuire a infezioni contratte in utero e trasmesse dalla madre. Sembra quindi artificioso e strumentale collegare l'infezione del neonato alla presenza di un eventuale pipistrello, che non può essere vettore di una infezione da stafilococco».

Feto morto

«In merito all'articolo del 23 settembre – continua la nota -  relativo ad un decesso in utero, di un neonato, si precisa che la paziente si è presentata nel Pronto soccorso generale alle ore 9.29 e da qui indirizzata all'unità  Operativa di Ostetricia e Ginecologia, - si afferma nella nota - dove ha stazionato, presentandosi al personale in servizio all'accettazione di Pronto soccorso, solo alle ore 14,30. Dagli esami effettuati alle ore 15.37 si è diagnosticata la premorte del feto, per cui è stata sequestrato lo stesso e la placenta, già prima dell'espulsione quando ancora era in utero. Non risulta agli atti una precedente valutazione della vitalità del feto. Sarà, invece, l'esame autoptico a stabilire una eventuale morte del feto, prima dell'accesso al pronto soccorso. Bisogna precisare - scrive l'Azienda ospedaliera - che le cause note di morte intrauterina del feto, sono da riferirsi a tutta una serie di patologie tra cui: malattie congenite, infezioni, isoimmunizzazione materno-fetale e tutte quelle situazioni in cui ci sia mancato apporto di ossigenazione al feto - asfissia - per la quale difficilmente è ravvisabile una responsabilità professionale legata al momento dell'evento. Il pubblicizzare casi di presunta malasanità non fa altro che far crescere nell'opinione pubblica una sfiducia nelle istituzioni e aumentare la migrazione sanitaria che già costituisce una delle più gravi criticità della nostra Regione. Quando per esigenze giornalistiche si fa riferimento a "trame", "sospetti", "macabre scoperte" - conclude la nota diffusa oggi - si dimentica che i medici sono tutti soggetti al giuramento d'Ippocrate e che comunque hanno scelto questa non facile professione, per salvare vite umane e pertanto in caso di insuccessi terapeutici, sono loro stessi seconde vittime del sistema. In presenza del perdurare di tale situazione, il Collegio di Direzione, darà incarico ai propri legali di procedere per provocato allarme».

 

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