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La riabilitazione neuropsicologica al centro dell’intervista realizzata da Antonella Quaranta per una nota rivista specialistica al dottor Giuseppe Bonavina, originario della Calabria, Tropea nello specifico, e alla dott.ssa Elisa Sirotti, entrambi specialisti in Neurologia in servizio all’ospedale Villa Erbosa di Bologna.
Dopo aver spiegato il concetto di neuropsicologia i due dottori hanno spiegato come il consulto di uno specialista possa rivelarsi fondamentale per rivelare deficit dopo un ictus, un trauma o una malattia neurodegenerativa. Ma che margini di recupero esistono? I due noti specialisti spiegano che «grazie alla ricerca scientifica c’è oggi un numero crescente di persone con cerebrolesione acquisita che può recuperare le proprie abilità».
Passando prima per la Valutazione Neuropsicologica, un esame delle funzioni cognitive e comportamentali di un individuo che fornisce informazioni riguardanti l’integrità strutturale e funzionale del cervello, in alcuni casi può essere fondamentale svolgere dei test neuropsicologi che vengono «interpretati confrontando il punteggio ottenuto dal soggetto in esame con i punteggi ottenuti da individui sani dello stesso contesto demografico». In questo modo il neuropsicologo è in grado di determinare se la prestazione del soggetto al test si colloca nella norma o al di sotto di essa.
Passando in rassegna ai principali benefici dei pazienti alla riabilitazione neuropsicologica è evidenziato come questa abbia come «obiettivo la riduzione della disabilità e il reinserimento sociale». E qui è fondamentale il concetto di plasticità cerebrale che indica la «straordinaria capacità del cervello di modificare la propria struttura risultando passibile ai cambiamenti per tutto il corso della vita» e risultando in grado di adattarsi a nuove richieste.
Ma grazie a quali trattamenti si raggiunge la riabilitazione del nostro cervello? «Gli interventi di riabilitazione – spiegano i due specialisti – facendo leva sulla plasticità cerebrale, sono in grado di modificare e di modulare la trasmissione sinaptica favorendo il recupero di funzioni cerebrali danneggiate». In questo contesto è necessario distinguere tra due diversi tipi di trattamento: riabilitazione neuropsicologica, indicata nei casi di cerebrolesione acquisita che ha lo scopo di ripristinare le abilità cognitive e comportamentali apprese prima dell’evento negativo, e la stimolazione cognitiva che cerca di rallentare il declino delle funzioni cognitive sfruttando «abilità intatte in grado di sostituire le funzioni cognitive danneggiate».
A conclusione dell’intervista i due medici ricordano l’importanza di prestare attenzione a particolari campanelli d’allarme come difficoltà d’apprendimento, difficoltà a ricordare appuntamento o cambiamenti di comportamento o nel tono dell’umore. Fondamentali in questi casi risulta la figura del neuropsicologo che può aiutare i medici specialisti a «determinare la presenza e la gravità di determinati disturbi cognitivi». Altresì ci si può affidare alla stessa figura per iniziare una riabilitazione o una stimolazione cognitiva per accertare quali abilità cognitive siano state realmente compromesse dall’evento negativo e quali siano rimaste intatte.