Centro Regionale di Neurogenetica, il grido di Amalia Bruni: «Così non resisteremo molto» (VIDEO)

La scienziata fa appello alla politica. I fondi, pochi e a singhiozzo, non permettono alla struttura di avere personale organico e di potere fare ricerca in modo adeguato e così il centro rischia di diventare un guscio vuoto.
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di Tiziana Bagnato
2 gennaio 2018
15:10

Un guscio di noce privo della sostanza. Rischia di diventare questo il Centro Regionale di Neurogenetica.   A lanciare l’avvertimento e contestualmente un appello alla politica è la scienziata Amalia Bruni che dirige la struttura, allocata nell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme.

 


Un centro all’avanguardia, un’eccellenza, che sin dalla sua nascita nel 1995, ha dovuto faticare molto per farsi ascoltare, per avere i fondi regionali che gli spettavano, per potere avere quella benzina necessaria a mettere in moto quella che è tutti gli effetti una vera e propria Ferrari.

Il centro, specializzato nella cura dell’Alzhemeir, fa ricerca e assistenza e lavora in collaborazione con l'Associazione per la Ricerca Neurogenetica.  E’ al centro che si deve la scoperta della Nicastrina, la proteina responsabile della formazione delle "placche senili"  Alzheimer. E’ sempre al centro che si deve la scoperta della prima malata di Alzheimer, una calabrese e non una tedesca come fino ad allora si era erroneamente creduto.

 

E’ facile intuire la risonanza che il centro ha a livello internazionale, i riconoscimenti della comunità scientifica, avuti anche da Rita Levi Montalcini. Dal 1995 ad oggi sono passati dal centro 12 mila pazienti che hanno reso l’archivio di cartelle cliniche uno tra i più ricchi al mondo. Eppure, il centro regionale di Neurogenetica non ha nemmeno un infermiere, la pianta organica è composta da precari e non si può attivare un day service per mancanza di personale.

La parola chiave è ‘fondi’

 Sono questi ad essere sempre mancati, ad essere pochi e ad intermittenza, costringendo spesso il centro ad affidarsi a convenzioni e progetti come Telethon per riuscire ad andare avanti. La struttura non ha mai conosciuto stabilità da un punto di vista finanziario. Istituita con una legge regionale ha visto erogate regolarmente solo le risorse dei primi tre anni. Nel 2006 un’altra legge regionale istituì un fondo stabile poi cancellato con il commissariamento. Nel 2014 il fondo, nettamente ridimensionato, torna in ballo ma per una cifra pari ad un terzo di quanto la struttura impiega per il solo finanziamento del personale. 

 

Da un lato i riconoscimenti, si tratta, tra l’altro, di uno dei pochissimi centri di genetica molecolare, dall’altro la politica dai tempi biblici, quella che stanzia e poi non dà.  Da qui l’appello di Amalia Bruni affinché le forze politiche e quelle con competenze sanitarie scendano in campo non solo a parole, ma con i fatti perché, spiega, «se dobbiamo fare finta di essere un centro all’avanguardia io non ci sto».

 

Tiziana Bagnato

Giornalista
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