Bimba morta dopo il ricovero, i legali della famiglia: «Fu malasanità»

A parlare Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, avvocati dei familiari della piccola Cloe Grano, la neonata di tre mesi ricoverata prima all'Annunziata di Cosenza e poi trasferita al Santobono di Napoli, dove morì dopo poche ore

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di Redazione
22 dicembre 2018
15:00
immagine di repertorio
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Vogliono che nessuno dimentichi, che venga fatta giustizia per Cloe, la neonata di 4 mesi morta nell'aprile del 2014 nell'ospedale Santobono di Napoli, dove era stata trasferita dopo un primo tentativo di soccorso al Sant’Anna di Cosenza. Giorni di ricovero durante i quali, secondo i familiari, i medici non furo capaci di risalire alla causa dei dolori addominali che la bambina continuava ad accusare.


A parlare, adesso, sono gli avvocati della famiglia, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, che in una nota dichiarano: «C'è ancora molto da lavorare per dare Giustizia a Cloe e ai suoi genitori, che ancora attendono, da anni, una risposta convincente – dichiarano - Continueremo a loro fianco a combattere questa battaglia: solleciteremo a gran voce la Procura affinché impugni la sentenza di assoluzione e affinché agisca il più celermente possibile per accertare le condotte degli altri medici che ebbero in cura Cloe, perché, questo è sicuro, la bambina è stata vittima di malasanità». Lo sostengono, in una nota, gli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza che assistono i genitori della piccola presunta vittima di malasanità.



Sul caso è stata aperta un’inchiesta. Nei mesi scorsi tre medici dell'ospedale cosentino sono stati assolti dal gup di Cosenza, su richiesta della stessa Procura, dall'accusa di omicidio colposo e adesso è stata depositata la motivazione della sentenza. «Prendiamo atto della decisione - affermano gli avvocati - ma non condividiamo le conclusioni cui è pervenuto il Giudice. La sentenza censura in modo forte e deciso la condotta dei sanitari, connotata 'da colpa non lieve', tanto per la mancata diagnosi della patologia, comune nei lattanti, che è caratterizzata da sintomi sovrapponibili a quelli di Cloe, tanto per la errata refertazione relativa alla TAC eseguita il 18 aprile 2014. C'è dunque giudizio molto severo sull'operato dei medici e sulla loro scelta colposamente 'attendistica', che conferma quanto sempre sostenuto dai familiari della bambina. Non ravvisa però un nesso causale rispetto al decesso, sulla scorta del rilievo che la bambina, con alta probabilità, anche in presenza di una corretta diagnosi e di un conseguente corretto trattamento, non sarebbe sopravvissuta. Proprio quest'ultima valutazione non appare condivisibile, in quanto non è sufficientemente dimostrato che il destino della piccola sarebbe già stato segnato quando i sanitari imputati in questo processo ebbero ad occuparsi della stessa».

 

Per i due legali «ci sono ancora zone d'ombra non sufficientemente vagliate in questa vicenda, caratterizzata da gravi omissioni, errori, mancanze a più livelli; tra queste, anche il referto ecografico del 18 aprile 2014 di cui non vi è più traccia, nonostante l'annotazione inserita nel diario clinico indichi che nella mattinata di tale giornata la bambina fu sottoposta a tale esame. E c'è, ancora, soprattutto, una precisa indicazione da parte del Giudice sulla necessità di vagliare le condotte dei sanitari che ebbero a visitare Cloe prima del ricovero - 'allorquando le condizioni generali di salute della paziente erano certamente molto migliori' - e la conseguente trasmissione degli atti alla Procura affinché sia disposto un approfondimento investigativo anche sotto questo versante».

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