È desolante che in una terra ricca di modelli amministrativi virtuosi prevalgano le vecchie dinamiche politiche trasformiste, doppiogiochiste e trasversaliste. Sarebbe bello, se una generazione di eccellenti primi cittadini avesse la capacità di mettere da parte simboli, tessere di partito, divisioni ideologiche e desse vita ad un patto per la Calabria (ASCOLTA L'AUDIO)
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La verità, sulle elezioni regionali, è che, sia a destra che a sinistra, in Calabria l’entusiasmo non si spreca. Anzi, si percepisce un’aria rassegnata. Il centrodestra, per esempio, sembra avviato verso una vittoria scontata, eppure l’atmosfera che si respira non è tra le più esaltanti. Dall’altro lato, il centrosinistra marcia velocemente verso una sconfitta altrettanto scontata. Una disfatta equamente divisa tra populismo rosso delle truppe demagistriane e la follia sorda dei vertici romani del Pd impegnati a costruire in laboratorio la loro ennesima sconfitta. A tutto ciò si aggiunga il dissenso senza freni dell’ex presidente della Regione, Mario Oliverio che produrrà inevitabilmente un triangolare a perdere. Desolante.
Centrodestra destinato a vincere
Se questo è il quadro, è abbastanza evidente che le candidature dei presidenti e i relativi accordi politici, nella gran parte dell’opinione pubblica, sono percepiti come il frutto di decisioni prese lontano dai territori della nostra regione. Certo, considerato il disastro che alberga a sinistra tra rossi, gialli, arancioni civici e ultra civici, è abbastanza prevedibile che il centrodestra sia destinato a vincere, ma è una vittoria spinta dal pilota automatico. Una vittoria annunciata e senza anima. Senza un progetto.
La candidatura di Roberto Occhiuto, l’imposizione di Nino Spirlì come vice presidente, nell’immaginario del popolo del centrodestra calabrese, non a torto, appare come il frutto di decisioni di vertice, subite dai quadri intermedi del territorio. E, d’altronde, il parterre del salone del T-hotel di Feroleto Antico, nel quale sono accorsi coloro che dovrebbero affiancare la corsa del capogruppo azzurro a Montecitorio, poteva benissimo essere sovrapposto ad un parterre politico dei primi anni novanta. Nessun sforzo di cambiamento.
In casa Pd...
Sia il centrodestra, dunque, che il Pd partoriscono candidature e alleanze concepite in vitro. Frutto delle oligarchie romane. La destra incapace di proporre uomini nuovi. La sinistra, invece, propone il solito cliché del cambiamento dei “Gattopardi”: tutto cambi perché nulli cambi. La Calabria è diventata la sede di esperimenti politici spregiudicati. Ciò è determinato sia a causa di una classe dirigente nazionale completamente disinteressata ai destini della nostra terra, sia a causa di una classe dirigente locale vecchia, mediocre, inamovibile; poreoccupata solo della propria sopravvivenza. Queste caratteristiche, chiaramente, da tempo, rendono questa classe dirigente priva di qualsiasi peso contrattuale. Ricattabile e, dunque, permeabile ai voleri di Roma.
La passata competizione elettorale
In occasione della precedente competizione regionale ci eravamo permessi di suggerire agli schieramenti in campo, di invertire il tragico paradigma politico della nostra terra, quello cioè, di un ceto politico incapace di rinnovarsi. Consigliavamo di puntare su una nuova generazione di sindaci e amministratori. In entrambi gli schieramenti, sono sindaci e amministratori, infatti, che quotidianamente riscattano la faccia e la dignità alle istituzioni della nostra terra. Operando in condizioni proibitive. Ci eravamo permessi anche di fare qualche nome. Ovviamente inascoltati. Ritenevamo e riteniamo che, l’unico modo per smuovere le acque stantie della politica, in Calabria, sarebbe stato quello di schierare la migliore classe dirigente di cui disponiamo: una generazione di amministratori pubblici, i quali ogni giorno risolvono problemi, danno risposte in un territorio sul quale lo Stato prevalentemente fa cilecca. Gli amministratori calabresi che si mettono in gioco ogni giorno fanno da argine al dilagare della criminalità, si scontrano con una burocrazia corrotta e, paradosso dei paradossi, rischiano quotidianamente di incappare nelle maglie di una giustizia ottusa che, da tempo, ha abbandonato l’analisi investigativa, per cedere il passo alla giustizia delle retate a strascico, molto più adeguata allo show della gogna mediatica ma che spesso ingiustamente produce deserti istituzionali.
Il ruolo dei sindaci
Di questa giustizia spettacolo, spesso, sono vittime gli amministratori più attivi. La politica, quella seria, dovrebbe investire su questi quadri. Gli esempi di buona amministrazione si sprecano in tutta la regione e non hanno colori politici. Dal modello Rende che ancora si conferma la città dal modello urbanistico ordinato in una terra di abusivismi patologici, sotto la guida di un sindaco civico di centrodestra. Oppure passando per l’efficienza di tanti piccoli e medi comuni che vanno dal giovane sindaco leghista di San Vincenzo La Costa, al giovane sindaco di centro sinistra di Soverato, fino ad arrivare al modello della nota cittadina tirrenica, Diamante, e ancora, Sellia nella provincia di Catanzaro, Mendicino, Locri, e tanti altri comuni, su tutto il territorio, da nord a sud della nostra regione.
Insomma ci sarebbe un bel vivaio politico e amministrativo dal quale tutti gli schieramenti avrebbero potuto attingere per mettere in campo squadre di governo fatte di esperienza, energia, carica innovativa.
I partiti ovviamente si sono guardati bene dal percorrere questa strada. Sinistra e destra, preferiscono ignorare questa possibilità, riproponendo la solita brodaglia sia di uomini che di luoghi comuni.
A sinistra stiamo assistendo alla saga dell’idiozia politica e all’opportunismo delle gerarchie romane, impegnate a sperimentare un’alleanza con il M5s e il Pd che rischia di abortire ancor prima di partire, non solo in Calabria ma anche sul piano nazionale. Nel centrodestra Roberto Occhiuto è stato benedetto da una platea costruita sul vecchio e usurato ceto politico che da oltre 30 anni fa il bello e il cattivo tempo. Un anno fa la coalizione sbarrò la strada alla dinastia degli Occhiuto con giudizi tutt’altro che lusinghieri e oggi il cdx ricomincia dagli Occhiuto. Dalle ceneri siamo partiti alle ceneri siamo ritornati, politicamente parlando sia chiaro, e ci mancherebbe altro.
E poi, i soliti campioni del trasformismo che, alle nostre latitudini, sono sempre gli stessi e che abbiamo notato in prima fila a T-hotel anche stavolta, campioni nel saltare sul carrozzone del presidente dato per vincente di destra o di sinistra con una precisione di previsione da far concorrenza al centro meteorologico nazionale.
La buona amministrazione
È desolante che in una Calabria ricca di modelli amministrativi virtuosi, efficienti, costruiti sulla buona amministrazione di primi cittadini brillanti, eccelsi professionisti, efficienti amministratori pubblici, sia a destra che a sinistra, ancora una volta, con Occhiuto da un lato e con Letta e Boccia dall’altro, facciano prevalere la vecchia politica trasformista, doppiogiochista e trasversalista che ha dissanguato questa terra.
I giochi sembrano fatti, eppure, sarebbe bello se una generazione di bravi amministratori, di eccellenti sindaci, avesse la capacità di mettere da parte simboli, tessere di partito, divisioni ideologiche e dessero vita ad un patto per la Calabria che mandi a quel paese i Letta, i Boccia, gli Occhiuto, gli Spirlì e tutto il ceto politico parassitario di ogni estrazione partitica e provassero a mettersi insieme per ribaltare la cattiva sorte di questa terra. Provando ad invertire il paradigma politico che ci accompagna da decenni. Mettendo a disposizione della regione il grande patrimonio di conoscenza, esperienza e umanità dei primi cittadini calabresi.
Questa ipotesi potrebbe sembrare un’utopia, e forse lo è, ma proprio il sogno di una Calabria diversa, che potrebbe far accendere la passione per un progetto, la visione politica che guardi al futuro, oggi completamente assente. Ciò consentirebbe alla nostra Regione di archiviare definitivamente populismi rossi, neri, gialli e verdi, che stanno spianando la strada alla vecchia politica, proponendo modelli Masaniello ridicoli. Solo una nuova visione del governo potrebbe allontanare il ceto politico che, in questa terra ha distrutto sanità, trasporti, infrastrutture, cultura, contrapponendo il modello della politica concreta delle buone amministrazioni.