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Contrordine compagni. Niente guerra. Guccione ha fatto pace con Oliverio. E Giuseppe Mazzuca, militante storico della sinistra cosentina, una vita a fianco di Carletto Guccione, non gli è rimasto che rispondere: obbedisco. Eppure era partito convinto il sanguigno Giuseppe Mazzuca, comunicati stampa, attacchi durissimi, a Luigi Guglielmelli segretario provinciale del PD di Cosenza. L’ex consigliere comunale della città Bruzia, infatti, nell’intenzione dell’area di Guccione che, a livello nazionale si richiama al Ministro Orlando, avrebbe dovuto essere il contraltare di Guglielmelli, si sarebbe dovuto contrapporre alla potente corrente di Adamo e Oliverio in provincia e in città. Il mandante dell’attacco: Carlo Guccione. Giuseppe Mazzuca non si era fatto pregare, era partito a razzo. “Questo Pd non ci interessa e soprattutto non interessa ai cittadini. La logica di avere un Partito democratico al servizio del governatore di turno ha prodotto in questi tre anni sconfitte su sconfitte”. Aveva esordito Mazzuca con una dichiarazione di guerra che non lasciava spazio per il politichese. E aveva rincarato: “a Cosenza, in questa fase precongressuale, è di scena l’inciucio di bassissima lega tra due capistruttura di due assessori regionali della giunta guidata dal presidente Mario Oliverio. Ecco di scena la farsa del congresso cosentino. Non ci interessa che ci sia o meno un’incompatibilità statutaria tra la funzione di segretario provinciale e l’essere nello stesso tempo segretario particolare di un assessore della giunta Oliverio”. Parole pesanti che sembravano destinate a lasciare il segno.
Invece niente. Tutto rientrato. Nel giro di una settimana il gladiatore Mazzuca, si era trasformato in un agnellino ad ascoltare la solita demenziale ed ecumenica filippica di Ernesto Magorno che parlava di unità del Pd cosentino. Al tavolo della presidenza Mazzuca, Guglielmelli, Iacucci, Oliverio, Covello ed Enza Bruno Bossio. In sala lo stesso Guccione.
Allora viene da chiedersi: Ma verso dove marcia Carlo Guccione?
Dal momento in cui era stato rimosso dalla Giunta Regionale a Mario Oliverio non gliene ha perdonato una. L’unica vera voce di opposizione all’interno del consiglio regionale è stata la sua. Ha disertato vertici e summit mediatici finalizzati alla pace e targati Magorno. Ha attaccato su tutto: sanità, garanzia giovani, lavoro. Ogni attacco sembrava l’inizio dell’apocalisse interna.
Poi il Pd a Cosenza, si ritrova in tela di braghe alla vigilia delle elezioni comunali, Lucio Presta, candidato a Sindaco di stampo renziano e subito accettato dal gotha cosentino, scappa di notte armi e bagagli, a pochi giorni dalla presentazione delle liste. Lasciando il PD con il culo per terra. Che fare? Si chiedono, a quel punto, le vecchie volpi e lupi della sinistra cosentina. Chiamiamo Carletto propone qualcuno. Detto, fatto. Non accetterà mai, scommettevano in molti. Carletto, invece, risponde alla chiamata. Così, dopo mesi di sciabolate con il Presidente della Regione, di accuse, di denunce e quant’altro, si ritrovano tutti insieme, stretti stretti in un hotel cittadino a tessere le lodi di Carletto. Nei successivi 30 giorni di campagna elettorale gli abbracci e i baci si sprecano, si intona qualche “Bella ciao” e si alza qualche pugno chiuso di gloriosa memoria, ad uso e consumo di qualche compagno nostalgico (in fondo in fondo siamo tutti comunisti, sussurrava qualcuno), ci scappò pure qualche lacrimuccia. Insomma mancava solo che l’inno ufficiale, più che “Bandiera Rossa”, fosse il ritornello della nota canzone napoletana “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,/chi ha dato, ha dato, ha dato, /scurdámmoce 'o ppassato, / simmo 'e Napule paisá!”.
Purtroppo per loro, il risultato non cambiò. Mario Occhiuto li travolse. Il giorno dopo, con stile magorniano, tutti a far finta di niente, e la sceneggiata riprende dallo stesso punto da dove era stata lasciata. Oliverio governa e Guccione martella. Al referendum Costituzionale la storia si ripete.
A questo punto viene da chiedersi: che cosa ha determinato la Pax tra Guccione e Oliverio? I bene informati sostengono che Guccione abbia messo sul tavolo la richiesta di una candidatura alla Camera, molto probabilmente per una donna. Il tutto, sulla base di un ragionamento semplice semplice: l’area Orlando in Calabria si aggira intorno al 20%, dunque, è naturale che questa area concorra a scegliersi ed, eventualmente, ad eleggere un parlamentare. E figuriamoci che le vecchie volpi cosentine del PD si lasciassero sfuggire l’impegno su di una “merce” che tra l’altro non è nelle loro disponibilità. Così, con la stessa abilità con la quale Totò riuscì a vendere la fontana di Trevi all’americano, la corrente oliveriana, sembra che, abbia ceduto un fantomatico “seggio” a Carlo Guccione.
Se così è, ecco svelato l’arcano. E la guerra di Carletto? Una falsa guerra. Una finta rissa. Una finta contrapposizione. Un gioco delle parti. Tutto finalizzato ad ottenere qualcosa, alla quale, evidentemente, Carletto tiene moltissimo, forse troppo.
E poi anche se la guerra fino a questo momento fosse stata vera, la storia della politica è piena di alti e bassi compromessi etici e ideali finalizzati alla conquista del potere, e forse Carletto si sarà ispirato a Enrico di Navarra che abiurò il calvinismo per il cattolicesimo pur di conquistare Parigi, nella quale fu incoronato re nel 1594. E pare che prima di farsi cattolico, abbia pronunciato la celebre frase “Parigi val bene una messa” perché disposto a rinunciare alla sua religione pur di conquistare il regno di Francia. Nel caso piddiota, si tratterebbe di un seggio al parlamento, per il quale, “val bene un bacio con Oliverio”.
D’altronde che la guerra non fosse vera lo si intravedeva da tanti fattori, uno fra tutti, alcuni sponsor mediatici che, nei momenti clou, sono gli stessi sia per Carletto che per Oliverio. Può darsi che la nostra indiscrezione non corrisponda alla realtà, dunque, a questo punto, dovremmo ritenere che Carletto abbia messo in campo delle guerre immaginarie come quelle di don Chisciotte, se così fosse, non ci rimane che esprimere profonda solidarietà al povero Giuseppe Mazzuca che, in questa vicenda, recita il ruolo (forse non convinto) del braccio destro di don Chisciotte (Carletto), Sancio Panza, e, proprio pensando a lui, ci viene in mente un passaggio che il geniale autore del Romanzo, Miguel de Cervantes Saavedra, dedicò al fedele guerriero: “Viaggiava Sancio Panza sopra il suo asino come un patriarca, colle bisacce in groppa e la borraccia all’arcione, e con un gran desiderio di diventare governatore dell’isola che il padrone gli aveva promesso”.