Cos’è il dolore? Secondo una ricerca diffusa alla fine degli anni Novanta negli Stati Uniti, è il quinto segno vitale. Perché catalogarlo? Perché era utile alla Purdue Pharma della potente famiglia Sackler, per la diffusione urbi et orbi di un farmaco rivoluzionario che prometteva una vita senza sofferenza.

“Fai il prossimo passo senza soffrire”, “Non potrei passare la mia giornata senza di lui” erano alcuni degli slogan che ogni giorno bombardavano gli americani mostrando i sorrisi smaglianti di operai e anziani finalmente in grado di camminare, giocare, dormire senza dover sopportare dolori alle ossa, alla testa, alle mani, alla schiena. E cos’era questa panacea per tutti i mali se non un oppioide, l'ossicodone, che all’improvviso finì sui banchi di ogni farmacia d’America, spinto da una campagna pubblicitaria aggressiva (e fasulla perché basata su testimonianze non vere). I leader della Purdue investirono parecchi milioni di dollari perché ogni medico d’America avesse sulla sua scrivania una brochure dell’Oxycontin e prescrivesse il farmaco con la stessa leggerezza con cui si consiglia un’aspirina.

Ma c’era uno scoglio, quasi insormontabile, che avrebbe potuto affondare il progetto alla nascita. Davanti a un oppiaceo i medici storsero il naso: il rischio di creare pazienti drogati non valeva la candela. Ed ecco che qui Richard Sackler, il padre dell’Oxycontin, calò l’asso: nessuna dipendenza, il farmaco è rivoluzionario perché essendo a rilascio graduale non crea assuefazione. Questa indicazione finì sulla bugiardina approvata dalla Food and Drug Administration, la quale, non potendo controllare uno per uno i farmaci sottoposti al suo vaglio, procedeva a campione ma, perlopiù, si affidava alle indicazioni dei proponenti. Insomma il messaggio che passò al pubblico e ai medici fu: l’Oxycontin fa bene e si smette quando si vuole. Naturalmente anche questo era falso.

I camici bianchi, in buona fede, iniziarono a prescriverlo ovunque e per qualunque cosa: mal di testa, mal di denti, dolori articolari e su a salire, fino a quelli cronici. Il risultato fu devastante. Quel farmaco distrusse la vita di milioni di persone per sempre, creando un esercito di tossicodipendenti costretti ad aumentare le dosi costantemente. Gli episodi di violenza crebbero in modo esponenziale. La Purdue aveva mutato in zombie quelli che una volta erano stati padri di famiglia, professionisti, madri accudenti, giovani e anziani.

A raccontare questa storia incredibile, ci ha pensato “Dopesick” una serie distribuita in Italia su Disney +. Secondo alcune stime sono stati 400mila i morti causati dall’Oxycontin dal 1999 al 2017, più un numero indefinibile di neodipendenti dall’oppioide. Una strage. Danny Strong (sceneggiatore, regista e attore) è il creatore della serie basata sul libro Dopesick: Dealers, Doctors and the Drug Company that Addicted America di Beth Macy ed è anche il produttore insieme a Michael Keaton, Warren Littlefield, John Goldwyn, Beth Macy, Karen Rosenfelt e Barry Levinson. A dirigere gli otto episodi si alternano dietro la macchina da presa Michael Cuesta, Barry Levinson, Patricia Riggen e Danny Strong che riescono a restituire in pieno la drammaticità di 16 lunghissimi anni in cui una casa farmaceutica è riuscita ad avvelenare l’America.