Subito dopo il crollo della diga Kakhovskaya hpp il 6 giugno scorso, in cui più di 40mila persone sono rimaste coinvolte, non sono mancate le reciproche accuse tra Russia e Ucraina. Le ipotesi avanzate dai vari Istituti di analisi militare come l’Isw oltre a quelle di analisti locali russi e ucraini proporrebbero tre letture possibili sul crollo della diga. L’unica cosa che però è certa e non può essere controbattuta è che in una situazione già altamente critica come quella in cui versa l’Ucraina a più di 470 giorni di guerra si sta supportando un carico da mille che bisognava evitare.

I danni ai civili sono incalcolabili, con l’aggravante che la Croce Rossa ucraina avrebbe bisogno del sostegno di aiuti internazionali, anche quelli difficili da gestire visto il contesto in cui versa la ‘Terra del Grano’. La Cru da sola non basta per coprire tutto il territorio, questo perché in quanto formata da volontari ucraini non possono spingersi oltre i confini gestiti della stessa Patria, con l’aggiunta che quelli che si trovano in territorio occupato stanno riscontrando grandi difficoltà nell’essere salvati, perché i russi non sarebbero partiti immediatamente con un piano di evacuazione e la maggior parte del territorio si trova sommerso dalle acque del Dnepr. Difatti i canali filogovernativi russi come lenta.ru e altri avrebbero ricevuto indicazioni sull’inconvenienza di parlare del crollo della diga, lasciando cadere l’argomento sui media.

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La Croce Rossa ucraina sulle sue pagine social cerca di chiarire quanto possa essere difficile entrare in soccorso di coloro che sono ormai in territorio occupato. «La Croce Rossa Ucraina non ha accesso ai territori dell'Ucraina occupata, in quanto siamo un'organizzazione umanitaria ucraina che può condurre le proprie attività nel rispetto della legislazione ucraina ed esclusivamente nel territorio di Ucraina. Dopo che le truppe russe hanno fatto saltare in aria la diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya, i volontari della Croce Rossa ucraina hanno subito iniziato l'evacuazione di persone, dai territori del governo ucraino. L'evacuazione è stata tenuta insieme al Dsn dell'Ucraina e alla polizia nazionale».

Dal suo canto Alexander Prokudin, capo del dipartimento di polizia regionale di Kherson conferma che sulla riva sinistra la situazione resta critica «I russi bloccano l'evacuazione… ci impediscono di salvare la nostra gente aprendo il fuoco soprattutto quando siamo intenti a salvare anziani e persone con mobilità ridotta».

Ma nessuno demorde e le squadre di soccorso della Croce Rossa, insieme ai servizi di soccorso continuano ad evacuare le persone da ormai 9 giorni. Molte sono già state evacuate, la maggior parte delle quali sono prive di mezzi di comunicazione. Si parla di persone che non sono riuscite ad abbandonare le proprie case autonomamente e che grazie all’aiuto della Cru e agli altri soccorsi sono riuscite a mettere in salvo la propria vita. Tutti color che sono stati evacuati si trovano attualmente in alloggi temporanei e in territorio ucraino.

Il problema che la Croce Rossa sta riscontrando è che dall’inizio dell’evacuazione, nei territori colpiti dalle inondazioni della Diga,vi sono continui bombardamenti sui territori di dove sono in atto i salvataggi e questo oltre a rallentare gli aiuti aumenta i pericoli per i residenti che ormai da più di una settimana vivono senza acqua potabile, luce e cibo.

Oltre all’aiuto fisico, tutti i volontari si stanno adoperando per consegnare cibo, acqua potabile e vestiti, opportunamente raccolti in diversi punti delle città ucraine come a Kiyv/Kiev dove tutti i civili, nonostante sotto costante rischio di attacchi aerei, escono per radunare in punti prestabiliti beni di prima necessità che saranno poi portati tra Kherson e Nikolaiev. Qui il corso dell’acqua si è propagato allagando per buona parte la città. Oltre al primo soccorso, si necessita di assistenza psicologica.

Uomini e donne che lavorano h24 senza sosta, ma che raccolgono anche storie, pianti e vite spezzate. Nonostante le difficoltà siano innumerevoli, secondo l'Amministrazione militare regionale di Kherson (OVA), entro il 12 giugno, il livello dell'acqua nella regione era sceso di 64 centimetri a 60,5 meno di 3,5. In totale, sono stati allagati 46 insediamenti (32 sulla riva destra del Dnepr, 14 sulla sinistra). 3801 le case distrutte in territorio ucraino e oltre 2.743 i civili messi in salvo, di cui 2.318 persone evacuate solo da Kherson, oltre ad aver messo in salvo centinaia di animali domestici e non.

Ma a preoccupare la Cru e i rappresentanti dell'Oblast di Kherson e Nikolaiev non sono solo la necessità di rafforzare le misure anti/epidemiologiche visto l’imminente arrivo dell’estate, che prevedono come da protocollo un’adeguata informazione della popolazione sulla prevenzione delle malattie infettive, nonché il mantenimento dell'igiene individuale e alimentare nel territorio colpito dalla distruzione della diga, ma è anche l’ampliamento dell'area di copertura delle squadre mediche mobili della Croce Rossa Ucraina.

Questo perché fortunatamente con i loro mezzi anfibi riescono a coprire anche le zone più remote ed impervie da raggiungere. Ma un altro dei problemi concreti, essendo questo un paese in guerra, sorge su ciò che le acque trasportano, come mine e munizioni che si trovavano nella zona alluvionata e che stanno attraversando il Dnepr, con il rischio che possano esplodere da sole o che qualcuno ci capiti su malauguratamente. Alcune di queste sono già arrivate a riva, creando un pericolo concreto per gli abitanti. Le registrazioni del ritrovamento delle stesse, assieme a munizioni inutilizzate, sono già state fatte vicino le coste della regione di Odessa e sulla costa del Mar Nero, arrivate con detriti di edifici, ecc. Questo è stato riportato dal capo dell'Oblast di Odessa.

Pertanto si legge sul sito della Croce Rossa ucraina “Sollecitiamo i residenti delle zone costiere ad astenersi dal camminare sulle spiagge e sulle coste. Stai attento e prenditi cura di te!”.

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Un’anziana signora, come tanti altri ha dovuto arrendersi alla realtà abbandonando la propria casa. La storia viene raccontata dagli operatori della Croce Rossa ucraina che supportano la narrazione con un video. Quella di Valentina è una storia come purtroppo tante in Ucraina in questo periodo, una storia di fuggi fuggi e di speranze.

Persone ormai abituate alle esplosioni e che non avrebbero mai immaginato che qualcosa di peggio avrebbe potuto deteriorare le “nuove condizioni” di vita. Invece arriva il crollo della diga Kakhovskaya hpp e ci pensa lui a peggiorare la situazione.

Qualche mese fa, la casa dell’anziana donna, Valentin Petrivna di 89 anni, era stata gravemente danneggiata dai bombardamenti. La casa non aveva più finestre e da un lato mancavano ormai una parte del tetto e le pareti. Come molti fanno, non abbandonano quel che resta della propria casa e se c’è un’ala ancora vivibile, vi restano per non perdere le radici.

Così il figlio ha portato sua madre nella casa della sorella, ma anche questa le è stata portata via dalla guerra, perché dopo i danni alla centrale idroelettrica e alla diga l'acqua ha iniziato ad inondare gli insediamenti della regione di Kherson. La donna non ha voluto credere fino alla fine che l'acqua avrebbe raggiunto un livello tale da dover abbandonare il suo ultimo focolaio. Così il primo giorno si è rifiutata di andarsene.

La Croce Rossa ucraina, conscia di quanto sarebbe accaduto e pronta ormai ad evacuare centinaia di anziani che si erano rifiutati di andare via il primo giorno, sono tornati con un gommone e hanno raggiunto l’ingresso con il mezzo anfibio. I volontari sono riusciti a salvare l’anziana donna portandola in salvo.

«Non avrei mai pensato che ci sarebbero state queste prove alla fine della vita!».