Ha realizzato uno dei monumenti calabresi più famosi, ma la sua tomba è abbandonata

I gruppi scultorei della Chiesetta di Piedigrotta, a Pizzo, furono scolpiti nella roccia arenaria da Angelo Barone che oggi giace in un loculo privo di indicazioni leggibili

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di Rocco Greco
9 giugno 2018
15:15
Angelo Barone
Angelo Barone

Non è stato facile individuare la lapide. Ma saputo da una sua discendente che la tomba si trovava nella chiesa cimiteriale di San Sebastiano, a Pizzo, ci siamo messi alla ricerca e dopo vari tentativi e sopralluoghi, intuendo, più che scorgendo, l’ombra di una “A”, e seguendo con i polpastrelli il profilo delle altre lettere non visibili, abbiamo avuto la conferma di quanto supponevamo: ecco la tomba di Angelo Barone, l’artista napitino che, insieme al figlio Alfonso, realizzò la Chiesetta di Piedigrotta, uno dei luoghi più visitati della nostra regione e uno dei maggiori vanti della Calabria.

 


Continuando a percorrere le lettere con la punta delle dita, come se fossero scritte in Braille, è stato possibile ricostruire l’intera epigrafe: “Angelo Barone di fronte al mare dedicò la sua anima d’artista a scolpire nella roccia l’inno della fede alla Vergine”.
È questa incisione riportata sulla lapide che racchiude i resti mortali di uno dei figli più illustri della cittadina di Pizzo, nel Vibonese.
Purtroppo, il tempo ha oramai consunto e resa illeggibile la lastra di marmo. Alle due estremità della lastra, al disotto di due croci, una per lato, “interpretiamo”, altresì, la data di nascita, 1845, e quella di morte, 1917.

 

Angelo Barone è colui che alla fine dell’800 ampliò la grotta della Chiesetta e scolpì gran parte del complesso di statue che troviamo al suo interno. Come non ricordare tra i vari gruppi scultorei la Celebrazione Eucaristica, la Natività con tutto il presepe, la Pesca miracolosa e tante altre rappresentazioni con diverse statue di santi, capitelli con angeli e bassorilievi con scene sacre.

 

Alla sua morte, il 19 maggio 1917, subentrò il figlio Alfonso che arricchì ulteriormente l’opera iniziata dal genitore, soprattutto nelle pitture - molte purtroppo irrimediabilmente compromesse - il campo in cui era senz’altro più dotato del padre.

 

È ad Angelo Barone che vanno i meriti, insieme al figlio Alfonso, se oggi possiamo vantare questo gioiello, un unicum nel suo genere, eppure sono davvero pochi a sapere dove si trovi la sua tomba.
Al fine di rendere il giusto riconoscimento alla figura dell’artista di Pizzo lanciamo, pertanto, un appello: si potrebbe destinare il 10 per cento del ticket d’ingresso che pagano i visitatori della Chiesetta di Piedigrotta all’intervento di restauro della lapide, per farla diventare leggibile, anche a favore della cittadinanza, a coloro che vorranno fermarsi e deporre un fiore. Un intervento a costo zero per il Comune e un sacrosanto riconoscimento per questo straordinario scultore.

Giornalista
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