A San Francesco spettava il tonno più grande: quando maggio era tempo di mattanza

A Pizzo nel Vibonese fino al 1963 operavano le tonnare a reti fisse. L’intero paese attendeva trepidante l’esito della pesca regalando poi una preda ai frati del convento
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di Rocco Greco
7 maggio 2018
16:19
Pescatori di Pizzo nella prima metà del ’900
Pescatori di Pizzo nella prima metà del ’900

Sin dai tempi remoti in Calabria operavano le tonnare a reti fisse. Tale tecnica di pesca, di origine araba, veniva praticata nelle acque antistanti i borghi marinari da maggio a giugno.


A Pizzo, nel Vibonese, l’ultima tonnara che ha operato risale al 1963, dopo di che l’antica metodologia si è dovuta arrendere ai mutamenti dei tempi, soccombendo di fronte alle sue innovazioni, cioè le tonnare cosiddette “volanti” introdotte dai giapponesi che, con imbarcazioni veloci e dotate di apparecchiature modernissime come i sonar, individuano i branchi di pesci prima che arrivino sotto le nostre coste.
Ma, sino a che hanno operato le antiche tonnare, quando i tonni entravano nella rete, la notizia veniva segnalata a terra attraverso una bandiera che veniva issata sull’albero più alto di una barca.
Il convento di San Francesco, per la sua posizione sovrastante, era il primo a scorgere il segnale e suonava le campane a festa, avvisando tutta la popolazione trepidante all’attesa notizia.


 

Ricordiamo che nella pesca del tonno, oltre a centinaia di pescatori, attraverso l’indotto, trovava lavoro gran parte della popolazione pizzitana, perciò è facile capire quanto vitale fosse il buon esito, non sempre garantito, di tale attività.
Per tale motivo, la devozione e l’attaccamento, non solo dei pescatori, ma di tutta la popolazione pizzitana a San Francesco di Paola, al quale si affidava, era ed è molto sentita.

 

Era usanza, perciò, a chi per primo avvistava la bandiera e suonava le campane fare dono di un tonnetto, ed al convento, in onore di San Francesco, veniva offerto il tonno più grosso della prima mattanza.
Questo tonno i padri del convento di san Francesco lo mandavano al mercato dove veniva venduto a prezzo popolare e il banditore, in giro per il paese, gridava: «’U tunnu ‘i Sam’Brangiscu, accattàtivi u tunnu ‘i Sam’Brangiscu!».

 

Oggi le tonnare a rete fisse non operano più nel nostro mare ma, per dare continuità alla tradizione e alla venerazione che per secoli i pizzitani hanno serbato nei riguardi del santo paolano, i fedeli, devoti, preparano questi dolci a forma di tonnetti che, dietro una piccola offerta che andrà poi in beneficenza, offrono ai credenti, mantenendo così intatta la devozione nei riguardi del nostro caro san Francesco di Paola.

 

‘A devozioni pizzitana a Sambrangiscu di Paula


Quandu ‘a tunnara levava
Pe’ devozioni a Sambrangiscu
U tunnu cchjù grossu o’ cummendu si portava
E quandu ‘a tunnara no’ piscava
Era a Sambrangiscu chi tuttu u paisi chjamàva:
Marinari, piscaturi, tunnaròti,
Cordari, mastri d’ascia, forgiari,
Tutta ‘a popolazioni
Partìa ‘mprocessioni
E du’ cummendu
A Sambrangiscu pregandu
Sinu a’ loggia da’ Marina arrivava:
U mari comu di ‘ngandu si carmava,
Parìa ca u grandi sandu
Havìa stendutu u mandu
E ‘a tunnara levava
Levava e piscàva!
Quanda gendi chiji tunni spamava
E a quanda gendi u cori ngi apriva
E a parola di Dio ngi portava!
Seculi, seculi e seculi
pe’ ogni cosa, a Sambrangiscu u Pizzu s’affidava!
Ed è di ccà chi veni ‘sta grandi devozioni
Pe’ Sambrangiscu di Paula
Protetturi di ogni marinaru,
Ndo cori di ogni Pizzitanu!

Giornalista
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