VIDEO | Il nostro viaggio nelle stazioni nelle quali la sindaca Limardo vorrebbe facessero tappa Frecciarossa e Italo. Decoro essenziale contro degrado e niente forme di vita umana: ecco gli scali che potrebbero cambiare il volto di una provincia se solo fossero concretamente rilanciati dagli enti preposti
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Sono le stazioni dalle quali l’alta velocità non potrà passare: Vibo Marina e Vibo Pizzo. Vorrebbe diversamente, la sindaca di Vibo Valentia Maria Limardo. Vorrebbe, ma non si può. Né Frecciarossa/Frecciargento, né Italo possono passare da queste parti. Perché? «La rete ferroviaria non è adeguata», le ricordano i sindacati.
Prima tappa: Vibo Marina
Il nostro viaggio inizia da Vibo Marina, questa è una stazione quasi fantasma. La porta è chiusa, si apre con un cigolio. La biglietteria non esiste, la sala d’aspetto è stata tinteggiata forse di recente. C’è un decoro essenziale, che pero stride con altri dettagli: l’assenza di vetri alle finestre, ad esempio. Si arriva ai binari. Non c’è nessuno. L’unica forma di vita, oltre alla vegetazione rigogliosa, sono due pesci rossi che nuotano in una vasca. Il resto solo è degrado. Restano le tracce del tempo che fu. Un monitor danneggiato. Non esistono servizi igienici. Ma c’è una sorta di magazzino che stipa calcinacci, ingombranti e rifiuti. Andrebbe ripulito, bonificato, messo in sicurezza. E’ accessibile a chiunque.
Potrebbe essere una bella stazione, questa. Potrebbe, ma non lo è.
Seconda tappa: Vibo Pizzo
Vibo Pizzo è più grande, più moderna. L’alta velocità non passerà da qui. All’esterno qualche auto abbandonata, rifiuti, sterpaglie che crescono rigogliose. L’ingresso è desolato. Niente forme di vita umane, neppure qui. Non c’è più neppure il bar. Lo scalo, malgrado tutto, si presenta decoroso, coi suoi sottopassi puliti e sicuri. I binari sufficientemente curati. I servizi igienici, insolitamente lindi. Alta velocità o meno, questa, come quella di Vibo Marina, è una stazione che meriterebbe di essere rilanciata. E forse, partendo da qui, si collegherebbe una delle province più povere e disgraziate d’Italia al resto d’Europa.