I dubbi sul futuro di Forza Italia. Gli equilibri nella giunta Occhiuto. Il rapporto ondivago tra il governatore e il tavolo che controlla la sanità. L’autonomia differenziata, le ombre sul porto di Gioia Tauro e l’eterna crisi del Pd. Si chiude un 2023 di transizione (e buone intenzioni)
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È stato un anno di transizione, quello appena trascorso, per la politica calabrese. Il 2023 ha avuto il suo momento politicamente cruciale nella morte del fondatore di Forza Italia, Silvio Berlusconi scomparso il 12 giugno all’età di 86 anni. Una scomparsa di intuitiva rilevanza politica perché lascia aperto più di un punto interrogativo sul partito che resta sospeso fra l’irrilevanza politica, anticamera dello scioglimento in Fratelli d’Italia, e una strenua lotta per la sopravvivenza. Tutto dipenderà ovviamente dai risultati delle prossime Europee.
Un dato che ha un peso particolare in Calabria dove si rischia il paradosso di avere il presidente della giunta regionale senza un partito. Roberto Occhiuto sulle prime sembrava orientato a transitare in Azione. I consiglieri regionali Graziano e De Nisi hanno costituito il gruppo che ha giurato subito fedeltà al centrodestra (al contrario di quanto avviene in altre istituzioni, comune di Reggio Calabria su tutti). Poi però il presidente, che nel frattempo è diventato anche vicesegretario degli Azzurri insieme alla Ronzulli e Schifani, ha deciso di restare in Forza Italia magari accarezzando il sogno di prenderne la guida a livello nazionale. Per il momento quella che è cambiata è la guida calabrese con il deputato Giuseppe Mangialavori, sempre più isolato nel partito, che si è dimesso dal ruolo di coordinatore regionale lasciando il posto al collega Francesco Cannizzaro. Un avvicendamento che rappresenta in maniera plastica i rapporti di forza attuali in Forza Italia.
Venendo invece ai rapporti con gli alleati, questi sono molto agitati a livello nazionale; ancora sotto traccia a livello calabrese, dove pure i meloniani chiedono più spazio nell’amministrazione regionale. Occhiuto da tempo ha annunciato un rimescolamento di deleghe, anche perché ne ha accumulato qualcuna di troppo nelle sue mani, ma al momento la rimodulazione della giunta non si è avuta. Nel mezzo c’è stato l’arresto, e poi la reintegra, del chiacchierato assessore Marcello Minenna, le dimissioni dell’altro big della giunta Mauro Dolce e la tragica scomparsa di Giuseppe Profiti che doveva far decollare definitivamente “Azienda zero”, la tormentata agenzia di governance della nostra sanità.
Questa situazione politica complica, e non poco, il rapporto con il Governo nazionale. Occhiuto da tempo sostiene che grazie al suo profilo i rapporti fra la Calabria e Roma sono mutati, a favore della nostra regione che ora ha ben altra reputazione e considerazione a livello centrale.
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La cosa è vera, ma solo in parte perché il rapporto fra Roma e la Calabria è stato altalenante. Soprattutto sul fronte dei finanziamenti. Spesso il Governo ha drenato risorse per la Calabria. Si è partiti in luglio con i 40 milioni stanziati dal Cipess per la tratta ferroviaria Catanzaro Lido-Reggio Calabria dirottati ad infrastrutture del Nord. C’è stato lo stralcio al Pnrr che per la Calabria ha significato una riduzione di investimenti per oltre 900 milioni di euro. Si è finiti con i finanziamenti per il Ponte sullo Stretto, 1,6 miliardi, che il Governo ha deciso di raschiare dal Fondo Coesione nella quota parte destinata a Calabria e Sicilia. Il Governatore ha detto in una intervista esclusiva a LaC News24 che si tratta solo di una partita di giro perché in cambio è riuscito a strappare un accordo con Anas per il finanziamento di uno svincolo autostradale e lavori di sistemazione definitiva del tratto fra Cosenza e Altilia. Non solo: è riuscito ad ottenere dal Mit un bando per mettere a gara tutti i finanziamenti relativi alla Ss 106 che inizialmente erano stati spalmati in quindici anni.
Sullo sfondo ci sono poi tre grandi questioni macro-politiche.
La prima è l’autonomia differenziata. La Calabria è stata forse l’unica regione del Sud ad ospitare Roberto Calderoli, venuto a convincere i calabresi che l’autonomia differenziata in fondo conviene anche a noi. Occhiuto gli ha dato sponda, partendo però dal presupposto che prima tutte le regioni vengano portate sullo stesso piano attraverso il finanziamento dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni). Ma per mettere la Calabria in linea con l’Emilia c’è bisogno di circa 80 miliardi che nessuno sa dove trovare e così l’autonomia differenziata per adesso è nuovo elemento di scontro nella maggioranza. La Lega, che su questo progetto punta forte, ha offerto in cambio a Calabria e Sicilia il miraggio del Ponte sullo Stretto. Vedremo se è la volta buona in cui si realizzerà. Intanto Occhiuto si dice pronto ad approfittarne per trattare nuovi e cospicui finanziamenti per la nostra terra.
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L’altra grande questione politica è il varo della Zes unica. Finora la misura in Calabria si è mostrata un mezzo fallimento perché mancano i prerequisiti per attrarre investimenti, visto che le nostre zone industriali hanno standard da terzo mondo. La Zes avrebbe dovuto anche accelerare la sistemazione di queste aree e la definitiva chiusura del Corap, in liquidazione da anni. Il cambio di governance del Governo e la ristrettezza delle risorse messe sul piatto sembra aver portato ad un rinvio del progetto. Sullo sfondo restano i dubbi sul futuro del porto di Gioia Tauro, messo in pericolo dalla direttiva europea sulle emissioni.
Infine vi è una terza questione. Quella dei flussi migratori. È esplosa in tutta la sua crudezza in febbraio con il naufragio a Steccato di Cutro che ha provocato la morte di 94 migranti. Vista l’eco in tutto il mondo, il Governo ha voluto tenere un Consiglio dei Ministri proprio qui in Calabria, sul luogo della tragedia. Occhiuto capita l’antifona si è tenuto lontano ed in effetti la trasferta dei Ministri a Cutro si è trasformata in una debacle che è costata anche il posto di comunicatore a Mario Sechi. Fra lo show di Salvini, visibilmente annoiato e con sotto il braccio una cartellina col frontespizio “Ponte sullo Stretto”, alla gaffe della Meloni che non si è nemmeno curata di una visita alle salme stipate nel palazzetto dello sport e ai loro familiari. Tutto si è tradotto in un decreto che inasprisce le pene verso i trafficanti e dichiara guerra alle Ong. Più in generale a zoppicare è proprio la strategia del Governo sui flussi migratori, mai così intensi come l’anno che sta per chiudersi, fra fumosi piani Mattei e improbabili accordi con l’Albania.
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Anche sul fronte della sanità il rapporto con lo Stato centrale è ondivago. Il ministro alla Salute, Orazio Schillaci, è venuto in Calabria a dire che un commissariamento che dura da tredici anni è un’anomalia, ma il giorno dopo il senatore forzista Lotito ha chiesto una proroga al decreto Calabria. Il dato è che gli standard assistenziali non decollano e Occhiuto (che ricopre anche il ruolo di commissario al Piano di Rientro) al tavolo interministeriale di controllo ha preso più di una bocciatura.
Ma la nostra sanità ha conquistato qualche copertina dei grandi giornali non più per errori sanitari ma per il reclutamento dei medici cubani. I primi camici bianchi sono arrivati dai Caraibi i primi di gennaio e sono diventati un caso politico arrivato fino a Bruxelles. In molti hanno contestato l’accordo con un regime totalitario e si sono chiesti dove andassero realmente a finire i soldi destinati ai medici se alle loro famiglie o al regime castrista. Un aspetto che ha destato anche l’attenzione degli americani che hanno convocato in Ambasciata a Roma l’ex consigliere regionale del Pd, Carlo Guccione, autore di un libro molto puntuale sullo stato di salute del comparto in Calabria. Dopo qualche settimana anche Occhiuto è stato ricevuto dall’ambasciata Usa, sempre sullo stesso tema.
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L’aspetto positivo, invece, è che dalla Cittadella finalmente dicono di avere un quadro chiaro dei conti e che il debito monstre della Calabria è in realtà una fake news. Affermazione che però non convince l’opposizione che parla di una voragine che ancora non si è quantificata.
A proposito di opposizione per il Pd è stato un anno incandescente. A partire dal congresso nazionale con le primarie aperte che hanno ribaltato la scelta dei circoli. In Calabria tutti si erano posizionati sulla mozione Bonaccini, la vittoria a sorpresa della Schlein ha spiazzato un po’ tutti. L’effetto della nuova segretaria però non si è visto arrivare oltre il Pollino dove il Pd mostra tutti i suoi limiti. A partire da Reggio Calabria dove il sindaco Giuseppe Falcomatà viene assolto e torna a guidare Palazzo San Giorgio. Il Pd anzichè rafforzare politicamente la sua posizione si è messo a chiedere posti in giunta costringendo Falcomatà ad un surplus di diplomazia per ricomporre il quadro. Ma la situazione non va meglio nel resto della coalizione come dimostra la vicenda di Vibo Valentia dove non si riesce ad individuare un candidato unitario nonostante gli sforzi del consigliere regionale Antonio Lo Schiavo. Identica situazione a Cosenza dove si sono registrate fibrillazioni nella composizione della segreteria che hanno portato alla clamorosa autosospensione del segretario Vittorio Pecoraro cui sono seguite le dimissioni, vere, di una serie di componenti della segreteria provinciale. Il risultato più immediato è stata l’ennesima debacle alle provinciali.
Il 2024 per tutti dovrà essere l’anno in cui mettere a terra le buone intenzioni dell’anno precedente.