VIDEO | Per assumere tutti mancano 60 milioni di euro e la scadenza dei progetti formativi che garantiscono un reddito (seppur minimo) si avvicina. Per i sindacati, che annunciano una mobilitazione permanente a partire da giugno, la vicenda mostra «il fallimento del sistema politico»
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Le risorse non ci sono: soltanto 5 milioni di euro disponibili sui 65 necessari per assumere i tirocinanti calabresi. I tempi stringono: la scadenza dei progetti formativi che tengono i precari sulla linea di galleggiamento è fissata tra ottobre e novembre. La prospettiva è preoccupante: Cgil, Cisl e Uil prefigurano il passaggio «dalla precarietà all’emergenza sociale» e chiamano in causa la politica. La prospettiva è quella di avere 4.200 persone senza un sostegno per sancire «il fallimento del sistema politico calabrese, incapace di trovare una degna soluzione a una situazione che si protrae da oltre 10 anni e che, a detta ormai di tutti, rappresenta una vera e propria vergogna».
È l’eterno ritorno della vertenza dei tirocinanti con il precipizio che si avvicina e uno stallo istituzionale che non offre sbocchi se non quello della protesta. I sindacati annunciano una mobilitazione permanente da giugno, già ipotizzata dopo la manifestazione dello scorso 7 maggio.
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Una giornata in cui i tirocinanti hanno chiesto, per l’ennesima volta, risposte senza ottenere nulla più che tiepide prese di posizione. Erano in 700 in piazza Prefettura a Catanzaro per sollecitare interventi decisi dopo la doccia fredda delle riunioni istituzionali da cui è emersa l’impossibilità di reperire nuove risorse a copertura della loro contrattualizzazione. Ora come allora i sindacati invitano a «un impegno maggiore per una problematica che riguarda così tanti calabresi e le loro famiglie: il pur apprezzabile passo avanti di febbraio che ha visto il riconoscimento alle deroghe per le assunzioni dei tirocinanti calabresi difficilmente potrà trovare concreta attuazione a fronte della mancanza di copertura economica».
«Non abbiamo diritti, sfido chiunque a mantenere una famiglia con 700 euro al mese, a casa non ci si porta nulla – dicevano i tirocinanti nella piazza del capoluogo –. Meno male che mio padre mi ha lasciato la casa almeno non pago l'affitto, altrimenti sarei stata rovinata, vogliono che andiamo a rubare?». Storie e valutazioni che si ripetono, uguali, dal Pollino allo Stretto assieme all’incubo di restare senza neppure un sostegno economico degno di questo nome mentre a Roma si temporeggia e mancano risorse.
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I soli 5 milioni disponibili non lasciano spazio a soluzioni creative. Le scelte sono due: la roulette di dover scegliere i pochi tirocinanti che potranno essere assunti, discriminando tutti gli altri, o il completo immobilismo degli Enti che contano molto sul lavoro di questi precari. Cgil, Cisl e Uil evidenziano che «che decreti attuativi o note ministeriali che prevedono solo la procedura formale per gli enti non possono essere sbandierati come grandi risultati». Non bastano gli annunci social, servono concretezza e 60 milioni di euro oltre alla «sensibilità» che viene riconosciuta al governatore Roberto Occhiuto, all’assessore regionale al Lavoro Giovanni Calabrese e alla presidente di Anci Calabria Rosaria Succurro. La deadline dell’emergenza sociale è fissata: novembre non è così lontano.