Il Movimento 5 stelle potrebbe prendere parte solo a due elezioni, da qui al 2020: quelle in Campania e Puglia. In tutte le altre regioni la linea dovrebbe invece essere quella del disimpegno, cioè il ritiro.

Non è uno scenario fantapolitico, ma è la strategia che i vertici pentastellati considerano in questo momento la più adatta a limitare i danni e a mettere al sicuro il governo Conte. Fonti parlamentari qualificate assicurano che Di Maio sarebbe arrivato proprio a questa conclusione, quasi definitiva.

Ai parlamentari di Calabria ed Emilia Romagna, le prime regioni che andranno al voto (26 gennaio), il capo politico avrebbe dato tempo fino alla prima settimana di dicembre per stabilire cosa fare. Ma con i suoi collaboratori più stretti – come riporta la Stampa – si sarebbe lasciato andare, confessando tutti i suoi timori: «Io non vorrei candidarmi in tutte le regioni nemmeno a maggio. Ma solo in quelle in cui possiamo fare un risultato decente».

Una affermazione che, da un lato, confermerebbe il disimpegno in Calabria e in Emilia e, dall'altro, certificherebbe impotenza del primo partito di maggioranza relativa, che non sarebbe in grado di affrontare le urne nemmeno tra più di sei mesi.

 

Solo in Campania e Puglia

Il «risultato decente», secondo Di Maio, potrebbe essere raggiunto solo in Campania e Puglia, dove i sondaggi danno il Movimento ancora in doppia cifra. Negli altri territori, invece, la situazione è del tutto diversa. È grave soprattutto in Calabria. Il risultato di Lamezia Terme, dove i 5 stelle non hanno superato la soglia del 5%, ha messo in allarme i portavoce, le cui preoccupazioni sono poi state trasferite a Roma.

Il dato si somma alle pessime performance del Movimento in tutti gli ultimi appuntamenti elettorali a sud del Pollino, eccezion fatta per le Politiche 2018. In Calabria, peraltro, i 5 stelle hanno deciso di fare a meno del Pd anche in considerazione del fatto che potrebbe trattarsi di una guerra persa in partenza, dal momento che i sondaggi danno il centrodestra in continua e inarrivabile ascesa.

Il dilemma più grosso riguarda semmai l'Emilia, dove il Movimento da solo potrebbe viaggiare attorno al 5%, una percentuale che rischia di determinare la sconfitta del Pd, che pure dovrebbe avere le carte in regola per giocarsi la partita con Lega, Fdi e Fi. Sono queste le analisi che avrebbero infine convinto Di Maio e i suoi a tirare i remi in barca per evitare guai peggiori.

 

La possibile sconfitta

Le possibili debacle in Calabria e in Emilia, dopo il tracollo in Umbria, avrebbero infatti l'effetto di destabilizzare il governo (con scenari imprevedibili, tra cui un esecutivo tecnico), di dare un colpo mortale al Movimento e, da ultimo, di segnare la fine della leadership di Di Maio. Il ministro degli Esteri non vuole assumersi una simile responsabilità. Ecco perché finora avrebbe dato diritto di autodeterminazione ai vari portavoce e deciso di condividere le risoluzioni finali con il garante Beppe Grillo.

 

Aiello e Parentela

Se la strategia dovesse diventare realtà (ormai manca poco per saperlo), i portavoce calabresi dovrebbero cestinare i loro piani e farsi da parte in buon ordine. I parlamentari, coordinati da Paolo Parentela, hanno più volte ribadito la volontà di esserci – senza il Pd – e di presentare un candidato «di alto profilo», poi individuato nel prof dell'Unical Francesco Aiello.

Di Maio, tuttavia, sembra preferire altri programmi. Parentela e gli altri potranno sempre dire di averci provato.

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