«Essere madre significa combattere per garantire una vita dignitosa ai propri figli. Ma io sento figli miei tutti coloro che abitano la mia terra. Per questo ho deciso di scendere in campo».

Rosita Terranova abbiamo imparato a conoscerla in questi anni per le battaglie che ha condotto a tutela di suo figlio Antonio Maria. Una di quelle mamme che non le ha mai mandate a dire e non ha risparmiato attacchi durissimi alla politica ed a tutte le inefficienze della sanità calabrese e non solo. Anche degli enti istituzionali deputati. Ora ha deciso di misurarsi in prima persona alle prossime elezioni regionali e lo farà all’interno di una lista a sostegno di Luigi De Magistris.

Rosita, perché una madre decide di entrare nell’agone della politica e candidarsi ad una competizione come quella delle elezioni regionali?

Ho deciso di candidarmi alle elezioni regionali perché, prima di essere madre, sono innanzitutto una cittadina che, da sempre, monitora lo stato della propria terra. Ed è uno stato che non mi piace e siccome non mi piace lamentarmi, ma preferisco rendermi strumento con il quale, insieme ad altri, fare il bene della collettività, ecco che scendo in un campo in cui ormai sono da tempo, in realtà, sebbene io non abbia mai ricoperto alcun ruolo istituzionale, ma in cui sono sempre stata e in cui ho sempre combattuto. Perché essere madre significa anche questo: combattere per garantire una vita dignitosa ai propri figli. E se da una parte è vero che io ho messo al mondo fisicamente un solo figlio, dall’altra parte è anche vero che io sento figli tutte le persone che abitano la mia terra, la mia amata Calabria. Ecco perché mi candido in questa competizione.

Quando ha maturato questa scelta? In che momento è scattata in lei la molla che le ha fatto dire “adesso tocca a me”?

Il momento in cui è scattata la molla che mi ha fatto dire “Beh Rosita adesso tocca a te” è stato quando ho saputo cogliere i frutti derivanti dagli insegnamenti che ho tratto dagli errori che ho commesso in passato, quando ho completamente riconosciuto i miei limiti, e quando molti di questi li ho superati, sempre per il bene del prossimo, e quando molti di questi li ho limati, sempre per il bene del prossimo. In realtà, quindi, da tanto tempo ma, in particolar modo, in quest'ultima settimana.

Suo figlio è divenuto, suo malgrado, un vero e proprio simbolo della lotta ad inefficienze pubbliche nell’assistenza alle persone più fragili. Si è mai pentita di aver iniziato questa battaglia?

No, io non mi sono mai pentita, non mi pento e mai mi pentirò, di che aver iniziato e di continuare a fare questa battaglia. Perché non è una mia convinzione, è un dato di fatto: ogni battaglia condotta in nome della civiltà, della giustezza, e dell'equità, è una battaglia che vale sempre la pena di combattere Almeno per me è così.

Qualcuno in passato l’ha accusata di strumentalizzare queste sue denunce, facendole diventare un modo per promuovere se stessa. Cosa risponde a questo genere di accuse?

Io non ho mai strumentalizzato quanto denunciato per mettermi in mostra, per ricevere consenso o per essere conosciuta. Io ho utilizzato le mie esperienze per portare alla luce le diverse problematiche, le tantissime criticità che, in migliaia, in milioni, in Italia viviamo. E chi mi accusa di aver fatto ciò, per me è solo una persona verso cui provare compassione. Nulla di più, soltanto compassione.

In una sua recente dichiarazione, ha messo in luce la sua fiducia nel civismo politico. Perché crede che sia il contesto migliore dove fare politica? I partiti hanno fallito?

Guardi, io credo che, dal momento che abito in Calabria, che vivo la Calabria, il civismo politico sia il contesto più adeguato affinché le mie qualità escano fuori ed escano fuori per fare qualcosa di veramente utile. I partiti? Lei mi insegna che non sono un'entità astratta, i partiti sono dei gruppi composti da persone. Se c'è stato un fallimento, io questo fallimento non lo ravvedo nei partiti ma nel modo di operare, di agire, di pensare di alcune persone che compongono alcuni partiti. Sinceramente, io ho conosciuto l'inefficienza della politica, ma anche del comportamento della società civile. Fin da quando ero bambina e sin da piccola ho sempre cercato di aiutare le persone più fragili.

Lei ha scelto di candidarsi in una coalizione guidata da Luigi De Magistris. Pensa che in Calabria non ci siano candidati all’altezza di poter ricoprire un incarico come quello di governatore e sia necessario attendere qualcuno che venga da “fuori regione”?

La storia mi ha insegnato che essere nato in una regione non equivalga automaticamente a voler fare il bene della regione in cui si è nati o che magari si rappresenta in alcune sedi. Per cui vorrei che si smettesse di considerare Luigi De Magistris come “lo straniero”. Luigi De Magistris è una persona che semplicemente risiede in un'altra regione ma che, comunque, ha contezza delle problematiche che possono affliggere una regione. Che sia la Calabria, la Campania o il Lazio, quando una persona vuole mettersi al servizio di una comunità non importa in quale città risieda. È importante, invece, che abbia contezza delle problematiche che vive una data regione e, per come siamo messi in Italia negli ultimi anni, mi pare di capire che ci sia una sorta di omogeneità per quanto riguarda le problematiche e le criticità. Per cui non si parli più, almeno con me, di straniero quando ci si riferisce ad una persona che ha una residenza in una regione che non è la Calabria, ma che comunque conosce i problemi della Calabria e che si mette in gioco, anche a caro prezzo, per poterli risolvere o quantomeno per tentarci.

Indichi tre priorità da affrontare e risolvere in Calabria e le relative soluzioni, se le ha.

Ci sono tre priorità che ho in mente da circa 10 anni. Innanzitutto l'istituzione dell'assessorato regionale alle disabilità; poi la figura del garante delle disabilità sia regionale che comunale; per ultima la mappatura delle diverse disabilità presenti su tutto il territorio calabrese. Perché solo grazie ad una mappatura si possono risolvere tanti altri problemi. Non dimentichiamoci che la Calabria è una terra ad altissimo rischio sismico e ovviamente, in caso di fortissime scosse di terremoto, quelli che sicuramente ne avrebbero la peggio sono quelle persone che vivono una condizione di disabilità, sia essa lieve, media grave, addirittura gravissima. E, di conseguenza, anche le persone che dovrebbero andare a salvarle, magari non sanno neppure dove abitano o neanche quale approccio avere. Pensi, ad esempio, a quando si allestiscono dei tendoni d’emergenza. Se non si conosce neppure il tipo di disabilità che vive una persona, non si sa neanche che strumento collocare in quel tendone. E si creerebbe un paradosso: io ti salvo dalle macerie del palazzo, ma poi a te, che per vivere serve l'ossigeno, io non posso dartelo perché nel tendone nessuno mi ha detto di portarlo e di conseguenza muori.

Non teme che, malgrado la sua buona volontà, ci sia il rischio che anche le sue intenzioni finiscano per impantanarsi nelle sabbie mobili della burocrazia?

Io temo soltanto la morte. Per il resto non temo niente e nessuno. Non sono persona che ha buona volontà, sono persona che ha tenacia. L’immobilismo creato dalla burocrazia italiana, io da tempo lo combatto con la tenacia e non smetterò mai di farlo. Perciò no, non temo Le sabbie mobili della burocrazia italiana e calabrese. Semmai sono le sabbie mobili della burocrazia italiana e calabrese che dovrebbero temere la mia tenacia e la tenacia di chi ha il mio stesso obiettivo.

Teme che, qualora la sua avventura politica non dovesse avere successo, possano esserci ripercussioni nelle sue battaglie pubbliche in difesa di suo figlio e di tutti quei bambini più fragili e spesso senza voce?

La mia candidatura io non la vivo come avventura politica, per me è un percorso. Non penso al mio successo sinceramente. Io mi pongo come strumento affinché abbia successo e finalmente vinca la cultura della giustizia, della giustezza e dell'equità in tutti i campi. Perché, non dimentichiamoci che nella vita, e io questo non l'ho mai dimenticato, non esistono i problemi delle sole persone che vivono una disabilità, siano essi bambini, giovani adulti o anziani. Esistono diverse forme di disabilità che è quella condizione che non ti permette di portare a compimento un dato compito che ti viene affidato. E non lo puoi portare a compimento per degli impedimenti di natura fisica o cognitiva. Però io alla condizione di disabilità do anche un altro senso che è similare a quello che si conosce in generale.

Un uomo, un padre, un marito, un individuo che ha 54 anni viene licenziato in tronco dalla società per cui lavora e che non ha alcuna possibilità più di lavorare, per me è una persona resa disabile da chi non ha fatto alcunché per creare delle leggi o per modificare delle leggi in favore di chi, a 54 anni, perde il lavoro e non ha più la possibilità di lavorare e non riesce a portare a termine diversi compiti. In questo caso, il compito che solitamente ha un padre, un marito, un cittadino. Quindi no, non temo che le mie battaglie pubbliche possano avere ripercussioni su un mio insuccesso personale. Io temo che le mie battaglie pubbliche che combatto, sempre ed esclusivamente in favore di tutti, sicuramente partendo da un'esperienza personale che vede coinvolto anche mio figlio, non possano arrivare a proteggere tutte le altre persone, che siano bambini, che siano giovani, che siano adulti o anziani. Questo temo, oltre la morte, ma in un certo senso anche questa per me è morte antropologica che forse è la morte che temo di più.