La leader calabrese del movimento racconta in una diretta Facebook i retroscena delle candidature mancate nel centrosinistra e svela: «Mi fu proposta la segreteria del Pd»
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«Chiedo a Letta, Conte e Speranza di fermare tutti i motori e di venire qui. Di venire e parlare con chi qui fa la politica, con chi ha idee. Con un fronte così diviso non si va da nessuna parte. Questa non è una terra perduta, è piena di entusiasmi e di persone capaci, semplicemente queste persone vengono marginalizzate». Si conclude con questo appello la diretta Facebook della leader calabrese delle Sardine Jasmine Cristallo. Una diretta in cui Cristallo è un fiume in piena e racconta i retroscena dietro alle candidature bruciate e a quella, ultima arrivata, di Maria Antonietta Ventura per la presidenza della Regione. Una scelta, quella di Pd e M5S, su cui la leader delle Sardine aveva già espresso il suo dissenso.
«Ho sperato che si potesse creare un’opportunità per la Calabria – afferma Cristallo -. Lo scorso anno avevo fatto vari appelli, avevo detto “siate madri e siate padri, cioè cercate di unirvi”». Appelli caduti nel vuoto, spiega.
«La scorsa estate ho percorso tremila chilometri nelle regioni in cui si andava al voto. Mi sarebbe piaciuto in questa circostanza poter dare una mano, fare anche qui una campagna elettorale d’opinione. Avrei voluto che anche qui il desiderio di politica potesse trovare delle risposte da chi la politica la amministra ma, mi permetto di dire, non la fa. Ho ricevuto un sacco di telefonate di persone che portavano avanti istanze unitarie come me, molti mi hanno detto: “Non te la prendere, questa è la politica”. Io non ci sto: questa non è la politica, questa è l’assenza totale della politica».
I rapporti con il Pd
Nessuna richiesta da parte sua, spiega, che anzi ha più volte rifiutato quanto le veniva proposto. «Sono stata accusata, un giornale mi ha definito “sirenetta interessata”. Niente di più falso. Ho avuto un incontro con dirigenti del Pd che mi hanno proposto di diventare segretario regionale del partito a mozione unica. Non mi sono sentita di accettare perché ritengo che le bonifiche non debbano avvenire tramite delle facce ma tramite percorsi politici. Mi è stato anche proposto di fare il ticket con Nicola Irto: ho risposto seccamente di no perché non mi interessa fare la foglia di fico. Questo avveniva a gennaio».
Non usa parole leggere con il commissario regionale del Pd, Stefano Graziano, che definisce «un avvelenatore di pozzi» perché, dice, avrebbe messo in giro voci non vere. Non solo. «Mi sono dovuta relazionare con un commissario Pd che non ha mai avuto la volontà di aggregare. Ho provato a dialogare, ma mi sono accorta che la volontà era di mantenere determinate posizioni senza guardare all’altro. Se un commissario regionale arriva per mettere mano a dinamiche che evidentemente non funzionano poi perché si è finiti a rafforzare dei gruppi? Parlo di gruppi e non di correnti, perché le correnti hanno la loro funzione. Questi gruppi invece hanno marginalizzato delle forze che in Calabria esistono e resistono e che hanno il desiderio di portare avanti determinate idee».
Le candidature bruciate
La leader delle Sardine parla dei nomi che erano venuti fuori per la candidatura alla presidenza della Regione. «Il nome di Nicola Irto è stato fatto fuori dal tavolo della coalizione. Sono stata accusata di fare il cecchino di Irto, non ho mai avuto niente contro di lui, anzi avevo detto: evitate di distruggerlo. Si è cercato di rafforzare la sua candidatura attraverso di me. Quando ho rifiutato mi è stato detto che mi sarebbe arrivata una lettera di Irto attraverso i giornali».
Poi quello di Enzo Ciconte. «È stato detto che proveniva da dinamiche di corrente: niente di più falso. Era una candidatura che proveniva dal basso. Sono stata io a mandare il primo messaggio a Ciconte il 20 gennaio, poi ci siamo sentiti ma abbiamo parlato di altro. Dopodiché ho fatto il suo nome al Nazareno: ero convinta che quel tipo di storia avrebbe potuto favorire un riscatto per la Calabria. Una figura professionale che si occupa di mafia ma dalla parte del sociale, un approccio differente: la figura di Ciconte poteva mitigare la narrazione di una regione fatta tutta di mafiosi».
Cosa è accaduto dunque? «È accaduto che la politica non è stata progetto – afferma Cristallo -, che non ha portato avanti un percorso di visione e per contrastare l’antipolitica si è deciso di compiere una scelta apolitica. Questa non è una coalizione come l’abbiamo chiesta noi, questo è un esperimento apolitico. Come si fa a pensare che un candidato alla presidenza possa essere scelto da un gruppo ristrettissimo di persone senza chiedere l’apporto delle persone che fanno parte del partito? Ci stiamo andando a consegnare nelle mani della destra a trazione salviniana. Da meridionalista non lo posso accettare. E questo perché si è deciso fin da principio che non si potesse provare a competere. Chiedo a tutti coloro che hanno a cuore questa terra di intervenire per fermare questa deriva politica oscena».