Dietro le solite dichiarazioni di prammatica tanti i retroscena e i “non detti”, ma è chiaro che il primo cittadino non può scoprire le sue carte soprattutto se il mantra è quello di essere diverso da chi lo ha preceduto
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Nicola Fiorita ha presentato stamani la Giunta. Nel bene o nel male, quindi, ha ufficializzato le scelte che in parecchi attendevano di conoscere. O meglio di vedere confermate, dopo le anticipazioni de LacNews24 e della stampa in generale. Di sorprese poche, anzi quasi nessuna, dunque.
E pur dicendo il vero quando rivendica discontinuità e soprattutto diversità da chiunque lo abbia preceduto quantomeno nell’ultimo quarto di secolo, viceversa mente nel negare l’evidenza delle discussioni, con tanto di messaggi di fuoco, con il Pd e anche, seppur con un pizzico di acrimonia in meno per la verità, con la componente guidata da Antonello Talerico. Partiti e soggetti politici che, ad esempio, di assessori ne avrebbero voluti almeno due a testa.
Le bugie bianche del sindaco
Il sindaco ricorre pure a una “bugia bianca”, dal suo punto di vista, quando afferma di non essere stato condizionato nelle decisioni se in squadra ha chiamato esponenti notoriamente vicini al centrodestra, facendo(si) bastare la loro bravura professionale. La realtà, infatti, è che Fiorita, pur di governare senza intoppi ha accettato qualche suggerimento (con tanto di nomine consigliate) da una parte di Rinascita, dal predecessore Sergio Abramo, da Confindustria, dai centristi, dalla sinistra moderata e dei radical chic che tanto lo amano e naturalmente da quella “estrema”.
Magari non dati in maniera vincolante, per carità, ma con una robusta dose di sussiego, sì. Solo che non lo si può ammettere. Ma chiunque conosca Catanzaro e i catanzaresi, leggendo i nomi dei componenti della Giunta, dei consulenti e dello staff, lo capisce in un nanosecondo. Altra menzogna, sebbene scusabile al pari della precedente, quella relativa all’impegno profuso per l’elezione del presidente dell’assemblea cittadina nella persona del fido Gianmichele Bosco, che pare l’abbia ormai definitivamente spuntata sulla collega Palaia (della quale si parlerà a breve) a questo punto rimasta a bocca asciutta.
Qualunque sindaco infatti sogna un presidente amico e se, come pare, Fiorita riuscirà ad averlo grazie a un’abile “campagna acquisti” (si vocifera dell’aiuto di coloro che si richiamano alle posizioni del presidente dell’assise di Palazzo Campanella Filippo Mancuso, ma anche del gruppo vicino al consigliere regionale Francesco De Nisi) non lo può certo gridare ai quattro venti. In particolare se lui il vento lo vuole e quindi lo deve cambiare. Si fa, ma non si dice, insomma. Però i voti in Aula, pur se espressi in modo segreto nella designazione di cui si sta discutendo, quelli sono e Fiorita avrà anche tutte le virtù, però non certo la dote messianica di moltiplicare i pani e i pesci in Comune (leggasi le preferenze nell’urna che sulla carta non ha, se non appunto grazie al sostegno di chi è stato preferito dal’elettorato per essergli contro).
La verità di Fiorita
Il versante su cui il neosindaco è stato probabilmente sincero con i vari interlocutori interessati, avendo agito in perfetta buona fede senza infingimenti, è nell’errore commesso nell’illudersi di poter sistemare gli scontenti (poiché esclusi da Giunta e Consiglio) con le designazioni ai vertici delle Partecipate. Società che tuttavia gli hanno tirato un brutto scherzo. Perché da un lato non navigano (almeno alcune) in buone acque, fra accertamenti anche in atto delle autorità competenti e altri guai, mentre dall’altro hanno contratti a lunga scadenza per dirigenti apicali in cui il neosindaco non ripone alcuna fiducia o che comunque avrebbe avvicendato senza colpo ferire. La peggiore eredità abramiana per Fiorita, in sostanza, gli ha già portato dei grattacapi. In particolare un Politeama “blindato” con risultati sotto gli occhi di tutti (in cui non a caso è abortita la nomina di Aldo Casalinuovo nelle funzioni di dg per iniziare a far circolare aria nuova) per cui è inutile aggiungere qualcosa, se non che il primo cittadino ci lavorerà molto su avendo non a caso trattenuto la delega sulle Municipalizzate.
Il piccolo-grande giallo Palaia
Un piccolo-grande giallo è la mancata chiamata nell’Esecutivo della fedelissima Daniela Palaia. Ma si è già spiegato nel pezzo sulla presentazione della Giunta pubblicato stamani che la nomina di quest’ultima avrebbe anche prodotto l’effetto di far arrivare in Consiglio Massimo Meloni nell’ambito del cosiddetto scorrimento nella lista Mo-Fiorita Sindaco. Una soluzione non ben accetta, in base alle solite voci di corridoio, considerato come il sindaco non nutrirebbe totale fiducia nei confronti del consigliere che avrebbe usufruito del ripescaggio riguardo a un suo indiscutibile allineamento alla linea fioritiana. Requisito che, alla luce dell’anatra zoppa, con un centrosinistra in apparenza vittima della scarsità di numeri in Aula, non ammette deroghe di sorta, naturalmente. Comunque sia, in merito all’Esecutivo, va anche reso noto che festeggiano l’approdo nel civico consesso (giovandosi della rinuncia obbligata allo scranno ad opera delle sole membri-donna dell’Esecutivo in precedenza elette consigliere) Igea Caviano (Dem) che prende il posto della numero due dell’Amministrazione Giusi Iemma e Nunzio Belcaro (Cambiavento) che usufruisce viceversa del seggio lasciato vacante dalla neoassessore alla Cultura Donatella Monteverdi, la quale peraltro lavorerà in squadra con la cara amica Marinella Giordano (esterna, delegata alla Sicurezza).