Affondo del leader della Lega nei confronti di Giorgia Meloni per la decisione di Fratelli d’Italia di correre da soli in molte città chiamate al voto
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Quanto scarsamente incidano le Amministrative 2022, in particolare per quel che attiene alla periferica Catanzaro, sugli scenari nazionali è semplice immaginarlo. Perché le sorti del capoluogo di una delle ultime regioni italiane (in parecchie classifiche, purtroppo) non fanno certo sussultare chi dà le carte a Roma o in altre realtà italiane in cui hanno sede gli effettivi centri di potere - non soltanto politici - attenti agli equilibri di territori ben più popolosi e "strategici". Ma ciò non toglie che l'ennesimo botta e risposta a distanza di ieri (intervallato da una manciata di ore), relativo pure alla città dei Tre Colli, fra i leader della Lega Matteo Salvini e di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni pone un interrogativo sull'unità del centrodestra.
Che i due capi-partito asseriscono di cercare in modo affannoso, pur rivolgendosi reciprocamente neanche poi troppo velate accuse di mancanza di collaborazione nel perseguimento di questo loro fondamentale obiettivo comune. Lo si evince dalle frasi pronunciate da Salvini a Non è l'Arena: «La Meloni mette legittimamente prima di tutto l'interesse del partito e come segretario ha diritto di farlo».
«Le dico però - prosegue il Capitano - che quando si è trattato di prendere decisioni scomode in un periodo come quello della pandemia, io ho scelto in maniera diversa da lei anche per non lasciare il pallino in mano a Pd e Cinquestelle. Qualcuno viceversa ha preferito, e preferisce, giocare da solo. Il nostro sforzo, invece, è di stare insieme dappertutto. Di essere compatti. In nome dell'unità, allora, noi della Lega abbiamo fatto dei passi indietro, pur avendo ovunque donne e uomini in gambissima da mettere in campo. Crediamo, del resto, che debba prevalere una logica di squadra».
E subito dopo l'affondo, il numero uno del Carroccio cita, insieme a Verona, Parma e Palermo, anche Catanzaro, quale esempio di tentativo di coesione politico-elettorale. Che però, manco a dirlo, mancherà nel contesto catanzarese. Dove Fdi andrà per conto suo, appoggiando la candidatura a sindaco dell'attuale assessore regionale esterno alle Risorse Umane Filippo Pietropaolo, mentre lo stesso Salvini sarà a fianco di Valerio Donato con Fi, Udc e altre forze del centrodestra tradizionale. Ecco dunque che, sul punto, la domanda di tanti addetti ai lavori e, soprattutto, diretti interessati è relativa proprio a «quanti voti prenderanno i meloniani, forse sottraendoli guarda caso a uno come il prof Donato il quale culla il sogno di un successo al primo turno?». Certo, al di là di ogni valutazione, il motivo che ha spinto la Meloni a non sposare il progetto donatiano (uomo di sinistra per sua stessa ammissione e orgogliosa rivendicazione) si capisce e ha una comprensibile logicità.
Ma resta il segnale, chiaro, di un'altra microfrattura (minima, considerato il premesso peso specifico del capoluogo calabro nel contesto nazionale). Un'ulteriore testimonianza di un'unità della coalizione, un tempo guidata dal Cav, nient'affatto a prova di bomba, per giunta ad appena 9 mesi circa dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Una considerazione che tuttavia dovrà essere riproposta all'esito della tornata di giugno in tutta la Penisola. Appuntamento che comunque molto difficilmente avrà sostanziali implicazioni sui successivi ragionamenti inerenti alle future alleanze per il tentativo di conquista del Governo del Paese. Un dato, quest'ultimo, di cui peraltro sui Tre Colli si curano in pochi.
Anzi, in pochissimi. Dal momento che, quanti sono coinvolti nella battaglia per il vertice di Palazzo De Nobili guardano esclusivamente alla realtà locale. Dove, a 10 giorni dal termine fissato per la presentazione delle liste, l'attenzione è concentrata - lo si ribadisce - sul possibile quoziente raggiungibile dai gruppi, sulla carta numericamente minori, che potrebbero incidentalmente, ma in modo determinante, tarpare le ali alla almeno adesso ancora del tutto eventuale, seppur ipotizzata da più parti, vittoria in prima battuta del prof Donato.