Battaglia democratica

Oltre 100mila firme online per il referendum contro l’Autonomia, il governo riflette e l’opposizione gongola: «Meloni suda freddo»

La campagna parte con slancio mentre iniziano le trattative con Veneto e Lombardia per trasferire le prime funzioni: obiettivo puntato sulle professioni sanitarie. Ma nella maggioranza c’è chi vorrebbe frenare Calderoli

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di Redazione Politica
27 luglio 2024
20:25

Sono passate soltanto 24 ore dall’apertura della piattaforma informatica per raccogliere le firme online per il referendum sull'Autonomia differenziata e i promotori già festeggiano le oltre 100mila sottoscrizioni per il quesito. Una cifra che rende raggiungibile il traguardo delle 500mila firme entro il 30 settembre, come prevede la legge, e che spinge gli organizzatori a iniziare a lavorare anche alla mobilitazione in vista delle urne.

Riflettono, invece, la maggioranza e il governo, che in base alla legge, non può sottrarsi dall'apertura delle trattative per le intese con le due Regioni che sono più avanti nell'iter, Veneto e Lombardia, per l'eventuale devoluzione delle funzioni che non richiedono i Lep, a partire da quelle sulle professioni sanitarie.


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Esulta il comitato referendario: «Le adesioni online alla richiesta di referendum per abrogare la legge sull'Autonomia differenziata hanno superato quota 100mila in meno di due giorni, il 20% delle 500.000 richieste, un obiettivo alla nostra portata. Non ci accontenteremo e continueremo a raccogliere le firme per tutto il tempo disponibile, sia sul web che nei banchetti che abbiamo organizzato e che intendiamo moltiplicare in maniera capillare in tutta Italia».

«Per noi - si legge - è fondamentale parlare con il maggior numero possibile di persone, spiegare le ragioni della nostra mobilitazione e rendere questa battaglia sempre più condivisa e partecipata: una battaglia democratica in difesa dell'unità e della coesione nazionale, del welfare pubblico e universalistico e delle prospettive economiche e sociali del paese».

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Ad esultare per il raggiungimento delle 100 mila firme in poche ore, sono di buon mattino alcuni dei promotori, come Angelo Bonelli (Avs) o i parlamentari di M5s che hanno contrastato la legge nelle Camere (Enrica Alifano, Carmela Auriemma, Roberto Cataldi, Alfonso Colucci, Alessandra Maiorino e Pasqualino Penza): «Immaginiamo - hanno affermato questi ultimi - che al ritmo in cui le firme stanno procedendo, la presidente Meloni stia sudando freddo. Ed è solo l’inizio».

«Siamo molto contenti – esulta la segretaria del Pd Elly Schlein – che in questa prima settimana di banchetti e di raccolta firme anche online ci sono già moltissime persone che vogliono dare un segnale e dare una mano a convincere altrettante persone ad andare a votare per questo referendum. Così blocchiamo questo disegno scellerato che aumenta le diseguaglianze che invece abbiamo bisogno di ridurre».

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Per il centrodestra c'è un primo problema di immagine, specie per Fdi: quello di passare come i partiti contrari all'unitarietà del Paese. In tal senso esponenti della maggioranza come il ministro Adolfo Urso o Flavio Tosi, hanno affermato che invece l'Autonomia è «una opportunità».

Dopo l'esame venerdì al Consiglio dei ministri delle richieste di intesa già avanzate dalle Regioni, il 7 agosto ci sarà una ulteriore verifica. Il faro è su quelle di Veneto e Lombardia che in base alla norma transitoria della legge Calderoli (articolo 11) partiranno dalla pre-intesa a cui si era giunti nel 2019 con i governo Conte 1. Nelle 23 materie devolvibili dallo Stato alle Regioni, sono state identificate 500 diverse funzioni, circa 200 delle quali non richiedono la definizione di Lep per aprire le trattative. Le più delicate riguardano le professioni, e in particolare quelle sanitarie, che se devolute - come ha spiegato il governatore della Campania Vincenzo De Luca, in questi giorni in tour al Nord - aprirebbero la concorrenza per accaparrarsi medici e infermieri, oggi scarsi in tutta Italia. Se il ministro Calderoli vorrà premere l'acceleratore per le intese su queste funzioni, spetterà alla premier Meloni, sempre in base alla legge sull'autonomia (articolo 2) il potere di dare il nulla osta od opporre un "non possumus".

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