Ieri la Giunta regionale calabrese "ha preso in esame il reddito di inclusione sociale". A proporre il tema l'assessore al Lavoro Federica Roccisano, che già prima di prendere questo ruolo si batteva per una forma di reddito minimo garantito. Una idea forte, l'idea che gli 'ultimi' non devono essere lasciati indietro, intorno a cui costruire una sorta di opposizione culturale al 'renzismo' dominante, che fa scivolare verso destra le politiche della sinistra. Una battaglia lanciata, in forme come sempre radicali, dal Movimento 5 stelle. Sposata dalla minoranza del Pd, da Roberto Speranza, e rilanciata nelle ultime settimane anche dal presidente dell'Inps Boeri, all'interno di un programma di ristrutturazione del sistema del welfare molto complesso. Respinta per ora però dal ministro del Lavoro Poletti, e con toni duri dagli esponenti renziani, e dallo stesso premier.

L'idea forte però non si ferma, perchè è nel patrimonio genetico della sinistra italiana.

A rilanciarla ci pensano due governatori del Sud, due amministratori che pochi mesi fa hanno vinto le elezioni promettendo politiche di sinistra, vicine agli ultimi, serie e rigorose, per cambiare le loro regioni. Ci ha pensato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano a sfidare apertamente il premier Matteo Renzi varando il reddito di dignità (600 euro per 60mila persone). "Un modo di essere di sinistra nella modernità", ha spiegato il governatore pugliese.  E ora ci pensa il governatore Mario Oliverio, all'interno di un "Piano di contrasto alla povertà". La sfida sarà trovare le risorse, senza il sostegno del governo, e allargare la fronda dei governatori, continuando a lavorare per costruire la 'coalizione sociale' (per dirla alla Landini) che deve arrivare ad influenzare le politiche del Pd, del governo, insomma di Renzi.