Il forum Ambrosetti ha tenuto banco per tutta la giornata e nonostante i tanti nomi di primo piano sono stati i due leader di destra ad attirare i riflettori. A dividerli, apparentemente, è l’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. Questione che può decidere le sorti del nuovo governo
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Poliziotto buono e poliziotto cattivo. Forse è questa la strategia che stanno utilizzando Giorgia Meloni e Matteo Salvini, i maggiori azionisti di una destra che i sondaggi già vedono al governo del Paese. Non si spiega altrimenti la (presunta) distanza tra Fratelli d’Italia e Lega su temi che sono più che cruciali, perché da essi non dipende soltanto il risultato delle elezioni d’autunno, ma soprattutto la piena adesione dell’Italia a quel blocco occidentale che si contrappone alle ambizioni espansionistiche di Vladimir Putin e condanna, senza riserve, la guerra in Ucraina.
Una distanza che questo pomeriggio, al Forum Ambrosetti di Cernobbio, è apparsa plasticamente nella mimica dei due leader, oltre che nei contenuti dei loro interventi. Il tradizionale workshop sul lago di Como, che riunisce il gotha della finanza e della politica, è il termometro del consenso del mondo imprenditoriale sull’azione del Governo. Quest’anno, per la prima volta nella storia della Repubblica, Cernobbio celebra la sua liturgia di potere a 20 giorni dalle elezioni politiche che sanciranno il dopo-Draghi.
Lo scorso anno, era previsto che l’evento venisse aperto proprio da Putin. Oggi, ad appena 12 mesi di distanza, sembra impossibile, eppure il presidente della Federazione russa doveva intervenire al Forum Ambrosetti per avviare i lavori, poi si limitò a mandare un messaggio che venne letto dalla moderatrice della prima giornata, l’ex presidente della Rai, Monica Maggioni: l’invasione dell’Ucraina era probabilmente già nell’agenda del Cremlino, meglio evitare.
Ma anche oggi, 4 settembre 2022, Putin era il convitato di pietra. E proprio sulla politica estera dell’Italia si è consumata una frattura tra Meloni e Salvini che è difficile prevedere come verrà ricomposta, se si volesse dare piena credibilità alle dichiarazioni preelettorali.
In particolare, il segretario del Carroccio ha impiegato tre quarti del tempo a sua disposizione per condannare le sanzioni contro la Russia, considerate un boomerang per l’Europa, proponendo dunque una mitigazione della reazione occidentale all’invasione dell’Ucraina. È lo stesso “sentiment” che domina i commenti sui social, dove la sofferenza del popolo ucraino è finita da tempo in secondo piano rispetto alla minaccia quotidiana di bollette di gas e luce che nessuno è più in grado di pagare. Solo adesso, forse, le parole che Draghi pronunciò nell’aprile scorso, emergono in tutta la loro drammaticità: «Volete la pace o l’aria condizionata? Il prezzo del gas può essere scambiato con la pace? Cosa preferiamo?», disse il premier allora ancora saldamente in sella, alimentando meme e sfottò. La pace, però, non è arrivata e il prezzo del gas sta strozzando l’economia di imprese e famiglie.
Dunque, Salvini ha gioco facile a cavalcare la tigre populista che scorrazza su Internet.
Ma è un lusso che la premier in pectore, Giorgia Meloni, non si può permettere. Da settimane ormai è concentrata a rassicurare mercati e paesi alleati: «L’Italia non può essere l’anello debole della compattezza occidentale, un governo con a capo Meloni non sarà il ventre molle dell’Occidente», ha dichiarato questa mattina, giusto per mettere le cose in chiaro prima dell’incontro con Salvini su quel ramo del lago di Como.
Una posizione che ha ribadito quando, nel tardo pomeriggio, c’è stata la tavola rotonda più attesa a Cernobbio, quella che ha visto lei sedere al fianco di Salvini, Antonio Tajani, Enrico Letta, Carlo Calenda e Giuseppe Conte (l’unico in collegato in video). Quando il leader del Lega ha detto quello che voleva dire, caldeggiando la fine delle sanzioni alla Russia, Meloni si è messa platealmente le mani in faccia. D’altronde, qualche ora prima aveva ribadito il suo pensiero in maniera esplicita: «Sanzioni sì o no, armi sì o no… ma pensate davvero che la nostra posizione sia rilevante? La Gran Bretagna continuerebbe a mandarne. Con la nostra posizione sull’Ucraina è la nostra credibilità che decidiamo. Se ci sfiliamo per l’Ucraina non cambia niente, per noi tutto». Insomma, non proprio una questione di principio.
E allora, poliziotto buono e poliziotto cattivo? Se è così, alla fine troveranno la sintesi perché hanno lo stesso obiettivo, che nello stereotipo poliziesco è far confessare il sospettato, mentre per loro è incassare più voti possibile, attirando consensi sia da chi tifa Putin che da chi, invece, lo vede come principale responsabile del disastro che si sta consumando.
Se invece non è una strategia più o meno palesemente concordata, il centrodestra può implodere subito dopo le elezioni e, incredibilmente, non arrivare a Palazzo Chigi, spingendo Mattarella ad optare nuovamente per un governo di unità nazionale che veda Forza Italia, magari sopra il 9% come sogna Berlusconi, fare la parte del leone. Impossibile? Eppure una cosa simile è già successa. Appena 4 anni fa.