La riflessione del giornalista Paride Leporace sulla prossima tornata elettorale prevista per il 26 gennaio dove a contendersi la poltrona di presidente della Regione saranno in quattro
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
di Paride Leporace - Che la Calabria non sia l’Ohio italiano ne abbiamo visibilità plastica assistendo a talk politici e al dibattito pubblico dei giornali. Una regione sparita, omessa, cancellata con colpi di gomma giornalistica, politica, intellettuale.
Giudicata regione non contendibile per divario di sondaggi, ma anche per nulla analizzata nei suoi atavici problemi, la Calabria trova visibilità rimossa schiacciata dal test emiliano romagnolo cui è appesa la sopravvivenza del governo Conte e del moloch rosso assediato dal sovranismo salviniano.
Fino all’omicidio Fortugno i partiti nazionali interessati al consenso ragionavano con la frase: “Della Calabria si occupano i gruppi dirigenti calabresi”.
Da tempo la pratica è saltata con una sorta di commissariamento centralista delle alleanze che deve mettere toppe a situazioni catastrofiche aggravate da inchieste giudiziarie che segnano la vita pubblica locale come emergenza continua e che decapitano aspiranti candidati e proposte politiche a volte con eccessi giustizialisti.
Ha scritto Gioacchino Criaco sul Riformista: “La Calabria non è più un luogo fisico, abitato da uomini. È una narrazione fatta da fuori, con complicità interne, che quotidianamente riempie i mezzi di informazione” e basta vedere Giletti all’Arena che crea l’incidente ad arte con li giovane presidente del Consiglio comunale di Catanzaro per dare in pasto la malapianta calabrese ai gladiatori del commento neolombrosiano che trovano anche vita facile grazie a personaggi calabri che a volte sembrano usciti dal film di Cetto Laqualunque.
In una Regione a bassa partecipazione di capitale umano è prevedibile un forte tasso di astensionismo alle prossime elezioni. Peserà molto il consenso dei molti indecisi. Alla già ampia platea d’insoddisfatti si aggiunge una forte disaffezione degli elettori di centrosinistra in rotta con le scelte adottate dai commissari forestieri e una palese insofferenza del consenso pentastellato dilaniato da polemiche interne che allargano le vicende nazionali a quelle locali che combattono il candidato Francesco Aiello come fosse il peggior avversario.
Un fine analista della politica calabrese come Aldo Varano ha osservato che il fatto che il candidato indipendente e di protesta Carlo Tanzi e quello pentastellato Aiello si siano presentati alla competizione anche come consiglieri regionali testimonia la loro debolezza anche a raggiungere il posto d’onore cui la legge regionale garantisce lo scranno all’Astronave escludendo gli altri piazzamenti per la competizione di presidente.
Tanzi e Aiello sono buoni candidati d’opposizione. Il primo è cresciuto in visibilità con il suo protagonismo social e televisivo (ritorna il populista Giletti) ma i click non si tramutano automaticamente in consenso e la sua buona volontà eroderà la protesta grillina che mi pare possa raccogliere soltanto dall’applicazione della misura del reddito di cittadinanza a elettori calabresi e che ha da fronteggiare il voto utile per Callipo indicato qualche mese fa come buon candidato pentastellato.
Si ripropone per la vittoria finale quindi lo scontro bipolare tra due schieramenti nazionali che in Calabria con pendolo regolare hanno dato vita ad un’alternanza fisiologica figlia della mancanza di risultati soddisfacenti del governo regionale uscente.
Partita quindi in salita per l’imprenditore calabrese Pippo Callipo che non manca di verve populista per continuare a smarcarsi dal governo di Mario Oliverio estromesso dalla contesa da inchieste in corso di svolgimento e da numerosi errori politici. Per Callipo tenere rette parallele con l’appello al voto utile nei confronti di un elettorale di riferimento non è semplice. Callipo tycoon di gran successo, da un decennio sceso in politica cambiando sempre schieramento ma mai per opportunismo, perché privo di una proposta politica “imprenditoriale” propria alla Perot, alla Illy senza scomodare Berlusconi e Trump. Si è posto invece a lui un riferimento ad Olivetti, visto il lodevole rapporto che ha con i suoi numerosi dipendenti, e che trova anche coincidenze con l’imprenditore di Ivrea che mai vide premiati gl’impegni in politica del suo movimento non apprezzato dalle urne a differenza del consenso di opinione.
La legalità e la trasparenza sono le stelle polari del programma di Callipo, succinto di esposizione nel suo testo ma non privo di orientamenti dettati dal buon senso. Condizioni prepolitiche e che dovrebbero essere scontate ma che assumono centralità da chi già a Confindustria ha avversato cosche e “mafia della penna” burocratica e con giacca e cravatta.
Un concetto rispettato anche dall’antagonista Jole Santelli, candidata del centrodestra, che come sua prima dichiarazione ha affermato “Pippo Callipo è persona che ho sempre stimato e rispettato, oggi è avversario politico non certo un nemico, entrambi sapremo condurre la nostra battaglia con civiltà ed amore per la Calabria”.
Una scelta orientata al confronto civile e non allo scontro frontale da parte di una candidata che sta subendo volgari attacchi maschilisti cui non presta il fianco. Santelli non ha sgomitato e scalciato per essere candidata. Come Callipo non è mai stata sfiorata da inchieste giudiziarie. È stata chiamata a risolvere una complessa situazione al fotofinish, cosa che da donna impegnata da lungo tempo ha accettato nonostante mettesse da parte il protagonismo di Mario Occhiuto, altro defenestrato per via giudiziaria in attesa di risoluzione.
Dice di essere stata scelta dal Fato, io dico da quella Fortuna che Machiavelli associa al valore per il successo del Principe. Ha serie possibilità di essere la prima donna presidente della Regione in un Consiglio che ha sempre avuto scarsa rappresentanza femminile. E sono molte le donne che la stanno sostenendo con gruppi organizzati che potrebbero rappresentare un lodevole fattore di ascolto e condizionamento in caso di vittoria.
Le 40 pagine del programma della Santelli sono molto articolate, sostenute da dati e analisi fatti da tecnici, e puntano su idee forti e molti, non tutti, obiettivi possibili. C’è grande attenzione alla cultura del digitale e all’industria culturale. Ma è l’appello politico che si fa notare, oltre a denotare che per la Calabria “non c’è tempo” e quello che annuncia “la reputazione di una Calabria nuova attraverso il recupero delle identità” che è un campo decisivo per chi deve affrontare la geografia della catastrofe che ci assedia.
In uno schieramento tanto largo e in ascesa si teme il ruolo di clientele allo sbaraglio e di un muscolarismo a trazione leghista che possa complicare il riformismo temperato della Santelli. Durante la campagna elettorale ha subito stoppato Salvini su richieste di specifici assessorati affermando “Di solito sono abituata a leggere il dato elettorale nella composizione degli equilibri della futura squadra”.
A chi ha ricoperto incarichi di governo e di partito il compito di mantenere un’eventuale leadership consapevole, ai calabresi l’obbligo di scegliere con il voto il proprio destino.