La riforma dell'autonomia è diventato un terreno minato: materia di scontro tra maggioranza e opposizione, fonte di divisioni tra gli alleati di governo, attaccata dalle Regioni del Sud, contestata dalla Cei. E partendo da qui, forse non è un caso che all'indomani dell'affondo del vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana Francesco Savino, la Lega vada all'attacco dei vescovi. «Sparano a zero contro l'autonomia, approvata in Parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d’accordo», punta il dito Matteo Salvini. Ispirando il sarcasmo di Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato: «È singolare che il segretario della Lega sia passato dall’ostensione plateale del rosario ad una rincorsa al modello religioso russo, dove la religione è instrumentum regni».

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Se il leader leghista fronteggia la conferenza dei vescovi italiani con chiarezza in precedenza i parlamentari leghisti avevano iniziato a bombardare la Cei sul fronte dei migranti. I vescovi invitano all'accoglienza? «Dovrebbero essere chiari con i fedeli e dire loro quanti migranti intendono ospitare in Vaticano», «intendono utilizzare così i soldi dell’8x1000?». E ancora: si rilancia «la notizia» secondo cui «alcune missioni delle Ong, vicine ad ambienti dei centri sociali, sarebbero state finanziate anche con risorse provenienti dalle offerte dei fedeli», circostanza che «pone degli interrogativi sull'atteggiamento della Cei».

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Autonomia, il retroscena: Occhiuto ha chiesto una moratoria a Meloni

Un retroscena dell’Ansa riscrive anche la cronaca dell’incontro di mercoledì mattina tra il presidente della Calabria Roberto Occhiuto e la premier Giorgia Meloni. Se le veline arrivate da fonti di Palazzo Chigi parlavano di un faccia a faccia su temi regionali, secondo altre fonti citate dall’agenzia Occhiuto – che da tempo guida il fronte degli scettici sull'applicazione del ddl Calderoli – avrebbe chiesto una moratoria: evitare intese con le Regioni, anche su materie non Lep, fino a quando non sarà superata la spesa storica. E la risposta di Meloni sarebbe suonata più o meno così: l'autonomia è un tema nazionale, mi assumo io la responsabilità di verificare passo dopo passo, non ci saranno fughe in avanti.

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Esattamente la richiesta di Forza Italia, che dopo il via libera al provvedimento in Parlamento, si è assestata sulla linea di una maggiore prudenza: probabilmente anche per il pressing interno del fronte del Sud che ha perorato la linea della cautela per non perdere voti nel Meridione.

Tajani: «Vogliamo che la riforma sia fatta bene»

In linea con questa lettura anche l’intervento del vicepremier, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani: «Non voteremo il referendum della sinistra sull'Autonomia differenziata», ha detto a “Zona bianca”. «Non abbiamo messo dei paletti sull'Autonomia differenziata – ha spiegato ancora Tajani –, noi abbiamo detto che è giusto andare avanti perché l'abbiamo approvata, ma vogliamo che l'applicazione della riforma sia preceduta da una fotografia della situazione, i Lep, quindi avere un’analisi per capire come attuare nel modo migliore l'Autonomia differenziata. Lo facciamo perché non vogliamo discrepanze tra i cittadini del Nord e quelli del Sud. Non voteremo, né raccoglieremo firme per il referendum proposto dalla sinistra, però vogliamo che la riforma sia fatta bene. Non capisco perché la sinistra raccolga le firme visto che questa riforma è stata inserita nella Costituzione proprio da loro e la regione Emilia-Romagna esultava quando venne approvata questa riforma».