«È un risultato straordinario che conferma la bontà del nostro progetto politico e l’ottimo stato di salute di un partito che vuole raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi». Parola di Jole Santelli. Ma forse, a mente fredda e quadro definito, Jole coordinatrice di Forza Italia dovrebbe sedersi con Jole governatrice della Calabria,  per mettere insieme le idee.

Maggioranza vicina al punto di rottura?

Se le urne regalano una boccata d’ossigeno al partito di Berlusconi, in tutta Italia alla canna del gas, quella che ne esce maggiormente indebolita è la maggioranza che governa la Regione. Sempre che ancora ci sia. Perché fra sgambetti, distinguo, dispetti e giochini, la coalizione che qualche mese fa ha stravinto le regionali sembra essere già vicina all’implosione, fra le ambizioni totalitaristiche dell’area santelliana di Forza Italia, gli imbarazzi e l’emorragia di consensi di Fratelli d’Italia e le bizze della Lega. Ed è proprio dalle parti del Carroccio, tanto diviso all’interno da risultare quasi schizofrenico nell’agire, fra consiglieri che sorridono alla governatrice e dirigenti –il segretario/commissario Cristian Invernizzi in primis –che i denti li mostrano solo per ringhiare, che sembra annidarsi la tempesta.

La faida silente

Ufficialmente, nessuno lo dice. Ci sono ballottaggi da vincere a Crotone e Reggio Calabria. Sulla riva calabrese dello Stretto, in ballo c’è la gestione della più grande città metropolitana del sud andata al voto. Ma lontano dalle luci azzurre delle convention in stile trumpiano, l’atmosfera è da faida. Ferocissima, per di più. E le urne lo mostrano in maniera chiara. Non i risultati, certo. Nessuno dei partiti raccoglie percentuali di consensi così lusinghiere. Anzi. È più che altro nel percorso che ha portato alle elezioni, in quello che si muove dietro le civiche, dietro i proclami ufficiali e le indiscrezioni ufficiose che va cercata la chiave di una tornata elettorale diventata cartina tornasole di tutte le contraddizioni interne al centrodestra.

Lo smacco Taurianova

Taurianova è forse il caso più eclatante. Anche nel Comune della Piana sarà un ballottaggio a decidere il futuro sindaco. Il Carroccio è partito in anticipo sulla scelta del candidato, ma Forza Italia si è sfilata seguita a ruota da Fdi e Udc. E hanno tutti sbagliato previsioni. Le urne hanno deciso che a giocarsela saranno Roy Biasi - politico di lungo corso approdato al Carroccio dopo larghi giri, deluso dalle regionali e riproposto come aspirante sindaco- e Fabio Scionti, del centrosinistra. E Forza Italia? Dietro, assai dietro, ferma al 22% con Daniele Prestileo, sostenuto anche da Fdi e Udc, rimasto 20 punti dietro gli alleati (?) leghisti in Regione.

Uno smacco non da poco nel collegio elettorale del deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro, dove a tirare la volata a Prestileo si sono presentati l’assessore regionale Fausto Orsomarso e la deputata Wanda Ferro di Fdi e il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Ma è il feudo del vicepresidente leghista della Giunta Nino Spirlì, si dirà. A maggior ragione non si spiega come mai fra anime della medesima maggioranza, o meglio fra il partito del numero due della governatrice e il suo candidato, sostenuto da tre quarti della maggioranza in Regione sia iniziata come un derby e sia finita con Prestileo a guardare la partita dagli spalti.

La sconfessione di Santelli a San Giovanni in Fiore

A San Giovanni in Fiore pure sarà ballottaggio. Le previsioni davano per vincente senza troppi patemi Rosaria Succurro, la candidata della presidente Jole Santelli, che nel giorno della chiusura della campagna elettorale ha snobbato Reggio e Crotone per precipitarsi a sostenerla. Alla fine non ha raccolto non più del 25%, nonostante potesse contare anche sull’appoggio di Fratelli d’Italia. Dovrà vedersela con Antonio Barrile, di destra anche lui, ma che con gli “istituzionali” non vuole avere niente a che fare. E la Lega? Anche a San Giovanni in Fiore ha deciso di ballare da sola, con un’altra lista autonoma – con tanto di simbolo – a sostegno di Antonio Lopez, a gennaio candidato alle regionali con Fdi, scaricato dai suoi e imbarcato dal Carroccio. Della serie, un dispetto per uno non fa male a nessuno.

Le manovre sotto traccia a Serra San Bruno

Anche a Serra San Bruno il centrodestra è andato in ordine sparso. Niente simboli di partito, ma anche alle rocce della Certosa era noto l’Accurduni che ha messo insieme le cordate elettorali di Nazzareno Salerno (Forza Italia) e Bruno Censore (ex dem in cerca di collocazione). Pure lì la Lega si è sfilata, salvo poi tentare di intestarsi il risultato della lista “Liberamente”, accrocco multiforme – dentro c’è di tutto, da simpatizzanti di Leu a quelli di Fdi – attorno a cui gravita qualche collaboratore di Spirlì. Di certo però si tratta di frecce all’arco del Carroccio che da tempo ormai gioca la carta della “novità rispetto alla vecchia classe politica” (alleati inclusi) per erodere voti e simpatizzanti agli altri partiti di centrodestra. La cosa cozza (un bel po’) con i transfughi imbarcati, i reietti recuperati e gli offesi (inclusi gli storici amministratori) blanditi, ma – a quanto pare – su qualcuno sta facendo presa.

Tattica da Lega Nord vecchia maniera

Divisi alla meta, sebbene più o meno nascosti dietro liste civiche, i partiti del centrodestra si sono presentati – vincendo o meno - anche in una serie di piccoli Comuni nel vibonese e nel catanzarese, come Girifalco, Soverato, Montauro. Una dinamica – in versione ridotta, riveduta e corretta – quasi lombarda, dove è a partire dai piccoli centri che il Carroccio, 15-20 anni fa, ha iniziato ad erodere le enormi sacche di consenso del partito di Arcore. Magari è solo una coincidenza, magari no. In ogni caso, sarebbe solo la base di una strategia di lungo periodo. Ma forse la governatrice Santelli dovrebbe suggerire alla coordinatrice di Forza Italia Jole Santelli di prestare attenzione alla cosa. Prima o poi, per entrambe potrebbe diventare scivolosa.

Scontri in provincia, guerriglia in città

Certo è che anche lontano dai piccoli centri, sotto i riflettori delle città, tra i partiti della maggioranza che governa la Regione è guerra. Magari intestina, sporca, sottotraccia, ma ferocissima. E si sta combattendo soprattutto a Reggio Calabria. Che l’opa di Salvini sul candidato sindaco della città sia stata mal digerita dagli alleati in generale e da Forza Italia in particolare, non è un segreto per nessuno, così come le manovre portate avanti fino all’ultimo per sparigliare le carte con un candidato altro. In ballo c’è stata anche Angela Marcianò, che con i vertici del centrodestra ha discusso più volte, per poi esser bocciata, causa transito nella segreteria renziana, dal Capitano in persona, che ha deciso di scommettere su Antonino Minicuci.

La strategia di Minicuci sbugiardata da Salvini

Pedigree da tecnico, endorsement molto liguri - da Edoardo Rixi al sindaco di Genova, Marco Bucci - e un’associazione attiva in Liguria, che si è sempre mossa in orbita Lega, a Reggio, Minicuci ha cercato di andare d’accordo con tutti, non lasciandosi mai scappare l’occasione di presentarsi come «uomo di tutto il centrodestra». Ma che lo voglia o no, la gualdrappa con cui corre è blu sovranista, sulla sua candidatura c’è la firma di Salvini e il Capitano ci ha tenuto – e anche tanto - a sottolinearlo. «Siamo per la prima volta nella storia con un nostro candidato sindaco al ballottaggio a Reggio Calabria, nell’ottica – ha detto testualmente - di una presenza che oramai non è sporadica». Parole che lasciano poco spazio all’interpretazione.

Reggio, la Lega e la battaglia per la vita

Persa disastrosamente la partita in Puglia e in Campania, al Capitano rimane la Calabria come istanza di ultimo appello per “salvare” la strategia di sfondamento a Sud. Quanto meno a questa tornata elettorale. Sulle preferenze, c’è poco da vantarsi. Con il suo risicato 5% la Lega fa registrare quasi un dimezzamento dei consensi rispetto alle regionali e sulle civiche più o meno legate a Minicuci, in troppi che con il Carroccio non hanno nulla a che fare ci hanno messo le mani per potersi accreditare il risultato. Ma il pennacchio pesa. A livello nazionale, conquistare con un proprio sindaco la città più a sud della penisola per il partito di Salvini e soprattutto per lui – che rischia di dover sacrificare il suo personalissimo cerchio magico sull’altare della sconfitta alle regionali - sarebbe una ciambella di salvataggio. A livello regionale, la città metropolitana di Reggio, il suo enorme territorio e soprattutto la marea di fondi che sarà chiamata a gestire, sarebbero la prima vera carta che la Lega ha da giocare per far pressione su Santelli e i suoi. Anche perché governerebbe non solo sulla città, ma su tutti quei Comuni dell’area metropolitana da tempo interessati alla strategia di erosione portata avanti dal Carroccio.

Le previsioni fallite

Almeno in parte, forse questo lo hanno capito sia la governatrice Jole Santelli, sia la coordinatrice di Forza Italia Jole Santelli. Non a caso è proprio da quell’area – filtra dai seggi – che arriverebbero la maggior parte dei voti disgiunti, confermando i sospetti che in casa leghista circolavano alla vigilia. Minicuci no, lui – a telecamere accese- affermava convinto «prenderò più voti delle liste che mi sostengono». Previsione totalmente sbagliata. A urne chiuse, è rimasto indietro di esattamente 5303 voti. E mancano ancora i risultati di tre seggi.

Motivo? Secondo indiscrezioni, su fin troppe schede l’indicazione per storici e giovanissimi portatori di voti di Forza Italia si accompagnava al voto per il candidato sindaco Marcianò. Stesso trend, ma in scala ridotta, è venuto fuori dalle schede che hanno portato voti – pochi rispetto alle aspettative, si ammette in camera caritatis – a Fratelli d’Italia. E- forse è un caso, forse no - ma il 7% dei voti è quello che manca a Minicuci per appaiare le sue liste e il 7% è quello che stacca Marcianò dai suoi candidati. Coincidenze? Forse. Ma basta far sorgere più di un sospetto.

Giochi sporchi e dubbi amletici

Se basterà ad accendere la miccia delle contraddizioni interne al centrodestra è storia da scrivere. Molto dipenderà dall’esito del ballottaggio. Ma se Minicuci dovesse perdere, magari per quei voti che sono andati alle liste e hanno continuato a snobbare lui, le tensioni potrebbero segnare il punto di non ritorno e le scaramucce diventare guerra. Dentro e fuori la Regione. D’altra parte, in caso di vittoria, alla Lega locale non si potrebbe più negare di avere voce in capitolo su questioni strategiche, cioè destinazione di fondi, opere e incarichi. Ecco perché in alcuni settori – nonostante le roboanti dichiarazioni – la vittoria sembra interessare, ma fino ad un certo punto. Su quale sia l'ipotesi migliore Jole coordinatrice e Jole governatrice non sembrano ancora riuscite a mettersi d’accordo.