«Non credo che la situazione difficile in cui si trova il partito derivi dalla mancanza di quei personaggi che chiamai 'statue di sale'. Abbiamo bisogno di un Pd e di un centrosinistra aperto ed innovatore capace di raccogliere forze fresche» disse Walter Veltroni a Cosenza poco più di dieci anni fa.
Sono parole che si sentono riecheggiare ancor oggi come un mantra negli ambienti dell’ “annacante” centrosinistra nostrano. All’epoca a Veltroni rispose il consigliere regionale Peppe Bova: «Questi signori continuano a fare disastri e lo chiamano “cambiamento”, stanno facendo un deserto e lo chiamano “rinnovamento”. Veltroni è l’agente liquidatore di quanto era rimasto del centrosinistra».
Insomma, tra acque agitate, vesti stracciate pubblicamente e ridondanti leitmotiv sul cambiamento il Pd sembra essere ancora in mano ai notabilati locali.

Graziano il commissario “inamovibile”

Nulla di nuovo, quindi, anche se ai giorni nostri la “statua di sale” è rappresentata dal commissario regionale Stefano Graziano che, ancora fresco di trombatura alle regionali campane e di mancato ripescamento da parte di Vincenzo De Luca, è rimasto saldo al suo incarico calabrese (nella speranza di un seggio blindato alle prossime politiche) nonostante il succedersi in due anni della gestione di Matteo Orfini (che lo nominò per esclusione), di Nicola Zingaretti con la sua “ira rinnovatrice” antioliveriana e, adesso, di Enrico Letta.
Lo scorso agosto Graziano creò un coordinamento regionale del partito per «rilanciare l'azione del Partito democratico sul territorio». Ne facevano parte i consiglieri regionali, segretari di federazione provinciale, il deputato Antonio Viscomi, qualche sindaco e qualche dirigente sparso, non solo non si è mai riunito rimanendo lettera morta, ma molti dei “nominati” hanno scoperto di farne parte dal comunicato stampa diramato dal commissario regionale. Nonostante l’inattività a livello di organizzazione partitica, però, l’ex consigliere regionale campano è il principale sponsor del candidato presidente Nicola Irto, il quale a sua volta, non è un segreto, è uno dei principali ostacoli all’alleanza regionale tra Pd, M5s e “annessi e connessi” di centrosinistra.
Sui territori, invece, il Pd al suo interno si mostra impaludato e litigioso risentendo della mancanza di attenzione dei vertici.

A Vibo Censore è un tabù

Nel Vibonese è guerra aperta tra l’ala censoriana (già promotrice della mozione “CalabriaXZingaretti” insieme a Carlo Guccione alle ultime primarie del Pd) e il resto del partito “retto” dal segretario provinciale Enzo Insardà.
Censore fu “vittima” l’anno scorso del repulisti del candidato presidente del centrosinistra Pippo Callipo alle ultime regionali. Fonti interne al partito dicono che la sua “eccellente” esclusione sia dovuta alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche tra l’ex deputato dem e l’esponente di Fratelli D’Italia Giancarlo Pittelli (poi divenuto il fulcro dell’inchiesta Rinascita-Scott) in riferimento alla richiesta di appoggio per le elezioni politiche del 2018, dalle quali Censore uscì sconfitto.

Il nuovo corso callipiano fu solo apparente perchè Censore, dopo aver “mollato” il “suo” consigliere regionale in carica Michele Mirabello, alle regionali candidò e fece eleggere il sindaco di Serra San Bruno, Luigi Tassone. Oggi la storia si ripete con Tassone che da consigliere uscente vuole ricandidarsi e Censore che scalpita e fa firmare un documento da 27 circoli Pd su 45 totali del vibonese per "sfiduciare" Insardà  che, però, gode dell’appoggio di Stefano Graziano e rimane, anch’esso, al suo posto.
«capita che un titolare debba accomodarsi in panchina. Quando questo avviene non è certo una tragedia (...) Il Pd è un partito plurale e inclusivo ma non è più aria per chi immagina di utilizzare i circoli solo come comitati elettorali», rispose il segretario provinciale Insardà chiudendo lapidariamente le polemiche e confermando la ricandidatura alle regionali, su Vibo Valentia, di Luigi Tassone e del “protetto” dalla CGIL, Raffaele Mammoliti.

A Catanzaro Notarangelo punta i piedi

A proposito di comitati elettorali, la federazione del Pd catanzarese, secondo alcuni dirigenti, sembra rappresentare l’ufficio elettorale del segretario ed ex sindaco di Pianopoli, Gianluca Cuda, fedelissimo di Graziano. Nonostante la nomina avvenuta nel novembre 2017, la segreteria provinciale venne costituita solo nell’agosto del 2020 senza, però, che ne venisse a conoscenza l’unico consigliere regionale dem di Catanzaro, Libero Notarangelo che urlò al «blitz ferragostano».
«Evidentemente Cuda dopo aver atteso anni nell’individuare i membri del suo esecutivo ha deciso di sfruttare l’effetto sorpresa sotto l’ombrellone: del varo della segreteria provinciale in questa composizione non ero a conoscenza. Se davvero vogliamo far crescere il Pd in questa provincia, seguendo un percorso poggiato su solide basi democratiche e partecipative, penso che non siamo partiti con il piede giusto. E credo che i rappresentanti istituzionali non possano essere “considerati” ad intermittenza e magari solo per essere “crocifissi in sala mensa’» dichiarò pubblicamente Notarangelo chiedendo, successivamente, a Stefano Graziano il commissariamento di Cuda.

Un appello inascoltato dato che quest’ultimo, forte degli oltre 5000 voti, non sufficienti ad ottenere il seggio nella precedente tornata regionale, non ha mai spiegato pubblicamente come mai la sua campagna elettorale venne finanziata da imprenditori notoriamente di centrodestra. Ma, nonostante questo, data la mancata ricandidatura dello stesso Notarangelo (“abbandonato” dal suo main sponsor Sergio Costanzo), Cuda ora ci spera seriamente, nonostante la competizione interna dell’ex Presidente della Provincia Enzo Bruno, grazie alle “quote rosa” che potrebbero essere rappresentate in lista dall’ex candidata Pd al Senato del 2018 Aquila Villella, dalla componente della segreteria provinciale Annita Vitale o dalla “enfant prodige viscomiana” Lidia Vescio (vicina professionalmente, però, alla ex commissaria Udc di Lamezia Terme e futura candidata di Fratelli D’Italia Rosina Mercurio), pronte a fungergli da serbatoio aggiuntivo di voti grazie alla “doppia preferenza di genere”. 
E se il Pd cittadino di Catanzaro è lasciato in balia di se stesso, con il circolo principale affidato al giovanissimo componente dell’assemblea nazionale dei dem Marco Rotella, quello lametino dopo le dimissioni “polemiche” di Antonio Sirianni (durato in carica meno di un anno), secondo cui «gruppi di pressioni interni che hanno già stabilito a tavolino le prossime candidature regionali. Per rispetto a loro e alla mia storia fatta di militanza e trasparenza non posso accettare giochetti di chi che sia»; è stato affidato al “cudiano” Franco Lucia che secondo il gruppo dei Giovani Democratici della stessa città è «una nomina dettata da quattro menti e non dagli oltre 250 iscritti».

A Crotone commissariamento a metà

Nella città pitagorica è scontro tra il commissario provinciale Franco Iacucci (che è anche presidente della provincia di Cosenza e sindaco di Aiello Calabro) e quello regionale Stefano Graziano. Una “faida” consumatasi in occasione delle ultime amministrative dove il Pd non si è nemmeno presentato, anzi, non del tutto.
La segretaria cittadina dei dem Antonella Stefanizzi e il presidente del Partito Mario Galea, notoriamente pro alleanza “Pd-Sculco” si sono candidati a sostegno del candidato sculchiano Danilo Arcuri, contro il volere di Iacucci, ma con l’occhiolino strizzato dello stesso Graziano.
«Vincenzo Voce rappresenta la discontinuità con il passato e per questo il Partito democratico ha deciso di votarlo», disse Iacucci al ballottaggio, schierando il partito ufficialmente a favore del primo sindaco “tansiano”. Nonostante le “ribellioni”, però, non è sopraggiunto nessun commissariamento del Pd della città di Crotone, tanto che il presidente dei Giovani Democratici Alessandro Milito ha fondato un circolo Pd online per smarcarsi dalla vecchia nomenclatura, ma lo fa con l’ex assessore comunale "valloniano" e membro dell’assemblea nazionale dei dem Sergio Contarino. Nella lista regionale, però, potrebbero trovar collocazione due ex candidati regionali, l’ex sindaca di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole. Nulla di nuovo.

Anche a Cosenza volano stracci 

A Cosenza chi pensava che nel Pd si fosse risolto tutto silurando il segretario provinciale e “adamiano” di ferro Luigi Guglielmelli, inoculando nella città bruzia il mite, ma deciso ex parlamentare romano Marco Miccoli, non ha fatto i conti con Giuseppe Giudiceandrea. L’ex consigliere regionale poi non rieletto, già zingarettiano di ferro, ha preso recentemente le distanze dal commissario cittadino, dimettendosi dal ruolo di “coordinatore dei forum Pd Cosenza” invocando la necessità di un «progetto politico nuovo». Volano stracci anche qui, quindi, con i Giovani Democratici intervenuti pubblicamente contro il commissario cittadino.

A Reggio la patata bollente

Silenziosa, ma peggiore, la situazione a Reggio Calabria. La federazione del candidato in pectore Nicola Irto è commissariata da tempo, ma in città si respira aria pesante. Si è tenuta oggi, infatti, l’ennesima udienza del processo “Miramare” che vede imputato il sindaco Giuseppe Falcomatà, il suo vice Armando Neri, l’assessore comunale Giovanni Muraca e il consigliere comunale del Pd Giuseppe Marino. La “scure” della legge Severino pende su Falcomatà, che tra i suoi grandi elettori ha proprio Nicola Irto. Senza contare lo scandalo derivante dall’inchiesta sui brogli che ha portato agli arresti l’ex capogruppo Pd e collega di Falcomatà nella direzione nazionale Nino Castorina in merito al quale il leader della minoranza Nino Minicuci ha chiesto l’annullamento delle elezioni comunali.

Insomma, con un Pd al palo fermo nella sua iniziativa politica regionale (con riflessi nefasti sui territori) e un commissario regionale altrettanto inerme, rischia di divenire l’outsider della politica calabrese, nonostante i buoni propositi del Pd nazionale e della galassia del centrosinistra allargata ai grillini di stringere un’alleanza larga superando Nicola Irto e “recuperando” il polo civico.