A volte ritornano. Oggi è in agenda la conferenza Stato/Regioni alla presenza del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, che illustrerà la sua proposta di autonomia differenziata. Finora a fare richiesta ufficiale sono stati Luca Zaia (Veneto), Attilio Fontana (Lombardia), e Stefano Bonaccini (Emilia Romagna).

Il Piemonte ha approvato un odg in consiglio regionale, ma non c'è stato finora alcun seguito ufficiale. Anche il presidente della Toscana Eugenio Giani si è detto interessato, così come quello della Calabria Roberto Occhiuto (ci torneremo dopo) e quello della Puglia Michele Emiliano. Il testo, che è arrivato ai presidenti di regione nei giorni scorsi per una valutazione preliminare, per il momento è solo una bozza, ma sin da subito si è presentato divisivo. Non solo dal punto di vista geografico, ma anche politico.

Per quanto riguarda il secondo punto c’è da tenere presente che se la Lega preme per un’autonomia differenziata spinta (Zaia addirittura vorrebbe il trasferimento di tutte e 23 le competenze), deve fare i conti con la visione politica del partito di maggioranza relativa ovvero Fratelli d’Italia. Su questo punto i meloniani sono più prudenti e vorrebbero prima una riforma dello Stato in senso presidenziale che va nella direzione opposta a quella delineata da una autonomia differenziata. «Parallelamente alla riforma presidenziale, intendiamo dare seguito al processo virtuoso di autonomia differenziata già avviato da diverse Regioni italiane secondo il dettato costituzionale e in attuazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà, in un quadro di coesione nazionale», aveva detto Giorgia Meloni nel suo discorso d’insediamento alla Camera.

Questo per sottolineare quanto sia ancora lunga la strada per il giusto compromesso fra le due posizioni. La quadra si troverà però perchè la Lega ha maledettamente fretta e la contropartita per Fratelli d’Italia potrebbe essere proprio la riforma presidenziale ovvero che il Capo dello Stato venga scelto direttamente dai cittadini e non più con faticosi accordi e compromessi di partito come abbiamo visto il febbraio scorso in occasione della rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale.

Resta quindi la divisione territoriale. L'autonomia differenziata non piace per niente a molti dei governatori del sud. Portavoce dei presidenti di regione meridionali è quello della Campania, Vincenzo De Luca: «Sicuramente c'è l’idea di fare un fronte. Abbiamo un’intesa raggiunta con la Puglia, la Basilicata, la Calabria, il Lazio, il Molise, ma credo che ci sia un dibattito aperto anche nel Centro e nel Nord del Paese. L’oggetto della disputa, ovviamente, è come verranno trasferite le funzioni e soprattutto la loro relativa copertura finanziaria».

Non sappiamo quanto sia vera l'intesa con la Calabria. Per quanto riguarda il trasferimento delle risorse il presidente Occhiuto sembra avere le idee chiare. «Sulle autonomie regionali penso innanzitutto che vada applicata la Costituzione, che stabilisce che i diritti devono essere assicurati ai cittadini italiani in maniera uguale e uniforme su tutto il territorio nazionale. Per questo occorre la perequazione, proprio per dare la possibilità alle Regioni più povere di assicurare gli stessi diritti a tutti. Al termine della perequazione, quando tutti i cittadini hanno acquisito gli stessi diritti, se poi ci sono Regioni che hanno capacità fiscali maggiori, credo che sia giusto consentirgli interventi ulteriori per i loro cittadini», aveva detto il nostro governatore intervenendo lo scorso 4 novembre a “Mattino 5”.

«Purtroppo la perequazione in questo Paese non ha mai funzionato negli ultimi anni, anzi quando si sono finanziati i servizi pubblici, lo si è fatto in ragione della spesa storica e non dei fabbisogni standard - ha ricordato Occhiuto -. Cominciamo a cambiare queste cose».

Ma proprio qui si annida il problema sul quale, soprattutto i governatori del Sud, dovranno vigilare. Nell'idea di Calderoli il trasferimento avverrà individuando i livelli essenziali delle prestazioni - i Lep -, ovvero quei servizi che lo stato deve garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Una modalità che garantirebbe i territori più svantaggiati. Ma se quei livelli non dovessero essere definiti entro 12 mesi, allora il criterio diventa quello della spesa storica sostenuta da Roma, rispetto alla funzione devoluta. In questa seconda ipotesi, si tornerebbe alle contraddizioni che conosciamo e che si possono riassumere nel fatto che lo Stato finanzia, in base alla spesa storica, le strutture laddove già esistono. Il classico esempio è la differenza di finanziamenti che si sono avuti in questi anni per gli asili nido, fra Reggio Calabria e Reggio Emilia. Insomma su questo punto occorre tenere altissima l’attenzione.

Per il resto anche sulle competenze Occhiuto sembra avere le idee chiare. «Per quanto riguarda le materie delegate, ho già detto al ministro Calderoli che su questo tema noi accettiamo la sfida col governo. Faccio un esempio molto attuale, quello sull’energia. La mia Regione produce molta più energia rispetto a quella che consuma, ma i miei cittadini pagano le bollette elettriche allo stesso modo dei cittadini di altre Regioni che producono meno energia. Eppure produciamo una percentuale molto più alta di energia da fonti rinnovabili e dall’idroelettrico. Perché la mia Regione non può, dunque, tenere per sé i maggiori introiti fiscali derivanti da una maggiore produzione di energia alternativa? Se io domani dovessi ricevere un gruppo industriale che vuole realizzare un grande impianto eolico offshore, visto che la Calabria è una Regione molto esposta al vento, io dovrei convincere le popolazioni a ospitare quell’impianto. È una cosa complessa, difficile, lo faccio perché è giusto per il Paese, ma sarebbe ancora più giusto che i cittadini avessero dei vantaggi concreti. Se non si interviene in questo modo, dando appunto dei vantaggi ai territori che investono sulle rinnovabili, non ci può essere un reale incentivo allo sviluppo dell’energia pulita», ha sottolineato il governatore Occhiuto.

Una dichiarazione che ha mandato in brodo di giuggiole il ministro Calderoli. «Il presidente Occhiuto - disse - è riuscito a dare un'interpretazione vera all'autonomia differenziata e ai vantaggi che possono arrivare per ogni territorio».

«Un applauso a Roberto Occhiuto perché questo percorso può portare a maggiori competenze, e anche risorse sulla base delle intese sottoscritte, sul proprio territorio - aggiunge - Mi auguro che questa riflessione venga approfondita e che possa coinvolgere tutte le Regioni del Sud. Ho sentito anche il presidente siciliano Renato Schifani, che può dare anche il suo apporto da presidente di una regione come la sua a statuto speciale, dunque con una prassi già consolidata: lo incontrerò non appena avranno espletato i loro impegni regionali».

Non tutti, però, sono così entusiasti. «Pieno sostegno all’appello alle Regioni del Sud, lanciato dal governatore della Campania Vincenzo De Luca, per bloccare il ddl sull’autonomia differenziata che domani il ministro Calderoli illustrerà alla Conferenza Stato-Regioni». Ad affermarlo è il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Mimmo Bevacqua, che così prosegue: «Ci sarebbe piaciuto, così come avevamo richiesto in Consiglio regionale, che l’iniziativa fosse partita dalla Calabria e dal presidente Occhiuto, ma adesso serve un impegno comune da parte delle Regioni del Sud per bloccare la cosiddetta “secessione dei ricchi” che andrebbe a favorire ancora le Regioni settentrionali».

«Le Regioni del Sud – conclude Bevacqua – devono essere unite per bloccare un disegno di legge ingiusto che rischia di creare soltanto confusione e che continua a penalizzare il Meridione che, invece, dovrebbe essere al centro delle attenzioni del governo Meloni con investimenti e interventi idonei a recuperare il gap con il resto del Paese. Ricordo, infine, che l'intera opposizione aveva richiesto sul tema un Consiglio regionale ad hoc che ci auguriamo venga convocato entro la fine del mese per come concordato in sede di Conferenza dei capigruppo».

Invece, il deputato calabrese di Fdi Alfredo Antoniozzi rimarca quanto il presidente Meloni ha ribadito nel giorno dell'insediamento: «L'autonomia differenziata sì farà ma con un equilibrio armonico tra nord e sud e secondo un quadro di coesione nazionale. La garanzia data dal presidente Meloni è quella più sicura e conferma l'idea di un federalismo basato, però, su un quadro generale di coesione. Peraltro - conclude Antoniozzi - il presidente Meloni ha parlato di autonomia parallelamente alla riforma presidenziale che gli italiani invocano e che darebbe modernità alla nostra nazionea».
Insomma la partita dell’autonomia differenziata è appena partita.