Il sole nascente sul mare, il nome di Saragat come stella polare della socialdemocrazia e la figura di Carlo Vizzini, ex ministro dei governi Andreotti e Craxi, a fungere da presidente. Il Psdi mette radici anche in Calabria con la nomina di due coordinatori regionali. Si tratta di Pasquale Santoianni, fino a poco tempo fa dirigente del Partito Democratico bruzio al punto da essere membro della commissione provinciale di garanzia, e Luigi Cosentini. I due hanno annunciato di voler partecipare alle amministrative di Rende con una lista.

«L’obiettivo? Strutturarsi e porre le basi per la creazione di un grande polo riformista». Parole di Paolo Preti, il segretario nazionale, solo omonimo del figlio di quel Luigi Preti che all’alba del berlusconismo preferì una confederazione con Forza Italia anziché col Ccd. «Erano altri tempi. Io guardo assolutamente al centrosinistra - dice - vedrà che l’evoluzione naturale sarà la creazione del polo a noi tanto caro. I socialdemocratici oggi mancano clamorosamente perché questa parola dà fastidio. La politica si riempie la bocca dei partiti europei, ma si guarda bene dal traslarne concetti e modus operandi in Italia».

La Calabria è legata al Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi) da Costantino Belluscio, braccio destro di Saragat. Frequentò il parlamento per tre lustri a cavallo dei ruggenti anni ’70 e ’80 prima di concludere la sua carriera da sindaco di Altomonte, comune che guidò per un quarto di secolo sebbene non in maniera continuativa. Il suo nome comparve tra i 962 della Loggia P2 di Licio Gelli, appartenenza che smentì sempre con vigore tanto da presentare un elenco differente di iscritti alla Camera.

A riannodare i fili di un passato troppo lontano con un presente ancora troppo nebuloso è sempre il trittico di saragattiana memoria case-scuole-ospedali. «Ne parlò la prima volta nel dopoguerra, ma ritengo che sia più attuale che mai - prosegue Preti -. Sarebbe un manifesto perfetto da Nord a Sud, sia a destra che a sinistra. Si prenda la Sanità e la scellerata decisione di delegarla alle regioni. Come in Calabria e Piemonte in modo particolare, ha generato soltanto buchi con il risultato che la gente non sa come curarsi». I socialdemocratici di un tempo erano in fissa con le infrastrutture, probabile che lo saranno anche i nuovi.

«Senza un’implementazione pianificata a tavolino sarebbe la fine. La Calabria - dice ancora il segretario nazionale – può essere presa ad esempio. Il Ponte sullo Stretto va fatto, ma non va declinato ai calabresi come fa Matteo Salvini. Per far esplodere il turismo di una terra meravigliosa, servono strade e ferrovie ad alta velocità. Viceversa lo sviluppo farà sempre rima con utopia. La settimana prossima faremo una riunione organizzativa con Santoianni e Cosentini per capire innanzitutto quali comuni andranno alle elezioni in primavera. I due coordinatori si stanno già dando fare per recuperare figure fuoriuscite dal mondo politico che vorrebbero coinvolgere».

Pasquale Santoianni e Luigi Cosentini del PSDI

Se Preti da un lato è gelido con il Psi di Enzo Maraio («non c’ho mai parlato»), dall’altro ammette tra le righe di aver guardato con interesse al breve sodalizio tra Azione e Italia Viva, frantumato dal peso generato dall’ego smisurato di Matteo Renzi e Carlo Calenda. «Poteva rappresentare la base del polo riformista, ma i litigi hanno avuto la meglio - prosegue prima di regalare una citazione di Antonio Cariglia, un altro totem -. Il Psdi ha sempre avuto l’obiettivo di “socialdemocratizzare” la sinistra, ecco perché serve uno switch mentale per mettere fine ai partiti costruiti attorno ad una figura: nel 2025 siamo ancora intrappolati nel loop berlusconiano della privatizzazione della politica».

Si ferma e conclude: «Nella prima repubblica i personalismi non c’erano, esistevano le correnti che incarnavano lo spirito democratico interno. Oggi invece si litiga, ci si stacca e si fonda una sigla ex novo. Non si fa così, compagni». E via con la nostalgia del Novecento e del pentapartito.