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Stiamo assistendo in questi giorni a un attacco concentrico del centro destra, del PD lametino, del comune di Lamezia Terme, dei soci privati e di altri, alla gestione della Sacal da parte del presidente del CdA, Arturo De Felice. Il fatto ci induce ad alcune riflessioni, che sicuramente saranno giudicate controcorrente, ma dalle quali, per amore della verità, non intendiamo esimerci.
IL PECCATO ORIGINALE
Il Meetup di Lamezia e i parlamentari calabresi del Movimento 5 stelle, furono i primi a contestare fondatamente il procedimento di designazione del rappresentante della regione Calabria (appunto, De Felice), seguito dal presidente Mario Oliverio. Il procedimento corretto –ricordiamo- prevedeva un bando e una selezione pubblica, in forza di uno specifico regolamento regionale che, come sua inveterata abitudine, Oliverio ignorò totalmente. Probabilmente De Felice non ne era consapevole e siamo sicuri che se dovesse giungere, per tale motivo, una sua revoca disposta dalle autorità, lui, uomo delle istituzioni, non avrebbe nulla a ridire. Anche allora fummo controcorrente, giacché, dopo la designazione, tutti, centro destra, centro sinistra, soci Sacal riuniti in assemblea, consiglieri regionali, parlamentari nazionali, amministrazione di Lamezia, si affrettarono nella corsa agli applausi e alle felicitazioni per così prestigiosa (quanto irregolare) designazione. Fatto sta che l’11 maggio scorso, il consiglio d’amministrazione, su proposta del rappresentante del comune di Lamezia, all’unanimità (compresi i soci privati), elesse De Felice come Presidente di Sacal spa. Il 23 giugno, l’assemblea dei soci, sempre all’unanimità, diede mandato al CdA di conferire al neo-presidente De Felice, tutte le deleghe di gestione e l’incarico di amministratore delegato. A tanto provvide il CdA nella successiva riunione del 27 giugno (assenti i soci privati). Ma la luna di miele durò poco più di un mese, da giugno in avanti seguirono e continuano a seguire strali, contestazioni e controversie, anche in sede giudiziaria. Di seguito, esaminiamo e commentiamo le principali contestazioni mosse a De Felice e lo stato della gestione Sacal spa.
GESTIONE DI LAMEZIA, CROTONE, REGGIO CALABRIA
Le polveri si accendono quando si incomincia con l’introdurre dubbi sull’opportunità che Sacal gestisca contemporaneamente i tre scali calabresi, di cui uno (Lamezia) godrebbe di ottima salute (in verità, non certificata dai bilanci di cui, quelli disponibili, registrano perdite costanti dal 2011 in poi –tranne poche migliaia di euro di attivo del 2014-), e gli altri due precedentemente gestiti da due società fallite. Si noti che la scelta di concorrere alla gara per la gestione di Crotone e di Reggio Calabria, fu della gestione Colosimo, quella spazzata via dall’inchiesta Eumenidi, non di De Felice. Prima obiezione degli odierni contestatori (che si guardarono bene, però, di opporsi alle scelte di Colosimo, confermandogli ripetutamente la fiducia): lo stato di salute di uno scalo si verifica in base al numero dei passeggeri (ca.2,5 milioni per Lamezia, poche centinaia di migliaia per Crotone e Reggio Calabria fino alla loro chiusura): “De Felice doveva attualizzare i piani industriali per verificare la convenienza dell’operazione” dal 2011 in poi –tranne poche migliaia di euro di attivo del 2014-), e gli altri due precedentemente gestiti da due società fallite. Si noti che la scelta di concorrere alla gara per la gestione di Crotone e di Reggio Calabria, fu della gestione Colosimo, quella spazzata via dall’inchiesta Eumenidi, non di De Felice. Prima obiezione degli odierni contestatori (che si guardarono bene, però, di opporsi alle scelte di Colosimo, confermandogli ripetutamente la fiducia): lo stato di salute di uno scalo si verifica in base al numero dei passeggeri (ca.2,5 milioni per Lamezia, poche centinaia di migliaia per Crotone e Reggio Calabria fino alla loro chiusura): “De Felice doveva attualizzare i piani industriali per verificare la convenienza dell’operazione” (lui ama definirsi così), dà notizia in interviste e nel consiglio comunale, di aver effettuato ricerche presso tutte le società aeroportuali italiane e di aver riscontrato che, in nessuna di esse, il presidente del CdA svolge funzioni di amministratore delegato. Ne consegue –sempre secondo Guadagnuolo- che le deleghe di gestione (pur attribuite dal CdA al presidente) devono ritornare allo stesso CdA che deve esercitarle in forma collegiale. Ci permettiamo due confutazioni in merito a tali tesi, La prima: non sappiamo a quali società di gestione l’ing. Guadagnuolo si riferisca, certo è che la sua affermazione è eccessivamente categorica e le conclusioni errate. Avrebbe potuto guardare al passato della stessa Sacal: nel novembre del 2005 il giudice Giuseppe Vitale era stato nominato, contemporaneamente, presidente e amministratore delegato della società. A metà novembre dello stesso anno si presentava da Vitale un consigliere di amministrazione e, a nome di una nutrita compagnia di colleghi (la maggioranza del consiglio), gli chiedeva di fare le valigie. Gli oppositori, una cordata a cui si univa la Confindustria regionale e i rappresentanti della provincia e del comune di Catanzaro, anch’essi soci della società, revocavano con un blitz il mandato al presidente. Lo dimettevano il 5 dicembre notificando l’intendimento durante un consiglio di amministrazione. Vitale ricorreva al tribunale. Il giudice lo reintegrava e l’11 dicembre l’ufficiale giudiziario lo riaccompagnava al suo posto di presidente e amministratore delegato. Poi c’è ancora il caso della già citata società SAVE (aeroporti di Venezia, Treviso, Verona-Brescia) dove il presidente del CdA Enrico Marchi, mantiene deleghe di gestione ripartite tra lui e il direttore generale. E da qui alla seconda confutazione il passo è breve. Essa nasce dalla successiva affermazione conclusiva di Guadagnuolo, secondo cui la legge Madia consiglierebbe, come buona prassi, di distinguere tra organi di gestione e organi di controllo. Vero! Ma se così è, le deleghe di gestione non possono essere rimesse “collegialmente” al CdA, che sempre organo di controllo è. Devono essere, semmai, assegnate ad altri, ad esempio al direttore generale. Ebbene, il direttore generale di Sacal è stato nominato (sempre “collegialmente” dal CdA) il 15 settembre scorso e deve svolgere sei mesi di prova. Già al DG sono attribuite deleghe di gestione nell’avviso pubblico di selezione, attendiamo che termini il periodo di prova per verificare se il CdA, gli attribuirà altre deleghe. Piuttosto, non è proprio la nomina dell’ing.Guadagnuolo a amministratore unico di Sacal GH (interamente controllata da Sacal Spa di cui è anche membro del CdA) a confliggere con gli auspici della legge Madia, da lui stessa invocata in chiave anti-De Felice? Non vi è, proprio nel suo caso, confusione di ruoli tra controllore e controllato?
SELEZIONE PERSONALE E DIRETTORE GENERALE
Una stampa e un’emittenza locale distratta dai clamori e dalle urla dei contestatori su nominati, non evidenzia opportunamente che, come da noi ripetutamente richiesto alla precedente e all’attuale gestione, in Sacal si sta procedendo, finalmente, con le selezioni pubbliche del personale, attraverso bandi pubblici e griglie di valutazione che consentono la verifica e valorizzano (con punteggio predeterminato) il possesso requisiti obiettivi di specializzazione, professionalità e onorabilità (tra cui la mancanza di precedenti penali e di pendenze giudiziarie) dei candidati. Dal sito di Sacal, contiamo, sino ad oggi, in cinque mesi, cinque avvisi pubblici che, a seguito di decisione “collegiale” del CdA, sono/erano destinati a aspiranti operai, addetti alla security; al safety; alla qualità; agli affari generali; alle risorse di staff; ecc. Tra essi, abbiamo rinvenuto l’avviso pubblico (che taluni dicono come inesistente) del 7 luglio e il successivo esito della selezione altrettanto pubblica eseguita dalla commissione appositamente insediata, cui è seguita la delibera del 31 agosto scorso (“collegiale” del CdA, non del presidente) di nomina dell’ing. Piervittorio Farabbi, quale direttore generale di Sacal. Essendo del tutto trasparente e riferita a criteri oggettivi, il procedimento (ignoto solo a chi non vuole informarsi) per la nomina di Farabbi, i soliti detrattori hanno mutato il tiro: Farabbi proviene, come direttore generale, dall’aeroporto di Perugia, di dimensioni inferiori a quello di Lamezia, ergo: non può avere il background professionale per fare il direttore generale di Sacal. Anche qui due piccole confutazioni. Non è forse evidente che nelle scelte professionali si tende sempre a progredire e crescere e mai a retrocedere nelle funzioni e negli incarichi? O forse qualcuno seriamente riteneva che alla selezione pubblica potesse partecipare, retrocedendo nel suo curriculum professionale, un direttore generale proveniente, ad esempio, da Fiumicino o da Linate, o da Venezia, o da Palermo, o da qualsiasi altro aeroporto di dimensioni maggiori di quello di Lamezia? Seconda confutazione: perché i soliti noti contestano la professionalità di Farabbi, ingegnere aeronautico già direttore generale di società aeroportuale, ma non hanno avuto mai nulla a ridire quando allo stesso incarico è stato nominato, con successive due delibere di proroga fino alle sue dimissioni a seguito dell’inchiesta Eumenidi, Pierluigi Mancuso, ingegnere edile con ultimo incarico di commissario dell’AFOR, Azienda Forestale della Calabria? Provenienza più qualificante?
SACAL GH
Non abbiamo ancora capito, né l’ing.Guadagnuolo l’ha spiegato, l’utilità di mantenere in vita una società come Sacal GH (che si occupa esclusivamente dei servizi a terra), interamente controllata da Sacal spa, quando il suo bilancio pesantemente in perdita, aggrava il bilancio consolidato della controllante, impedisce l’interscambio di personale (gran parte del quale destinato alle dismissioni) e ci costa, per di più, il compenso dell’amministratore unico, che si somma a quello di consigliere d’amministrazione. Avevamo capito (e duramente contestato) la perversa logica dell’ex presidente Colosimo che aveva costituito, con Sacal GH, una bad company nella quale far confluire le voci in perdita della Sacal. Questa logica prevedeva la cessione della gran parte delle quote della “società cattiva”, a terzi e l’eliminazione di gran parte delle poste passive dal bilancio della “società buona”. Ma (e anche questo l’avevamo previsto) essendo i servizi a terra attività aeroportuale, nel mondo, in continuo decremento di utili, ben due bandi per la cessione di quote sono andati deserti. E Sacal spa si ritrova sul groppone anche la GH, con tutti i suoi numeri negativi. Ha ancora senso mantenerla in vita o non è meglio riassorbire i dipendenti nella società-madre, metterla in liquidazione e chiudere così anche questa infausta pagina della gestione Colosimo & C. ?
SOCI PRIVATI E PUBBLICI
Privato non sempre è bello, pubblico non sempre è bello. Vero! Ma è altresì vero che pubblico è più facilmente controllabile da una collettività responsabile, partecipe e attenta; privato non è controllabile per niente. Ora, tra le altre cose, si imputa a De Felice di volersi opporre a una privatizzazione, di fatto e di diritto, di Sacal, favorendo l’ingresso di nuovi soci pubblici, attraverso un aumento di capitale (peraltro deliberato dall’assemblea straordinaria dei soci, non da De Felice) riservato –appunto- agli enti pubblici, che scadrà il prossimo 31 ottobre. Questa volta lo diciamo chiaro: siamo assolutamente favorevoli all’apertura dell’azionariato ad altri sottoscrittori enti pubblici. L’aeroporto è a Lamezia, non è di Lamezia. Per divenire anche di Lamezia, occorrono altri tipi di interventi infrastrutturali, di cui diremo dopo. I contestatori, invece, preferiscono plaudire agli eroici imprenditori lametini che hanno inteso investire la ragguardevole cifra di quattro milioni di euro, in Sacal. E plaudiremmo pure noi se le finalità dei soci privati fossero quelle di tutti i soci privati di una società a composizione mista: aggiudicarsi quote dell’utile delle attività di gestione. Ma, siccome i numeri sono freddi, ma oggettivi e indiscutibili, non riusciamo ancora a capire (fino a prova del contrario) come si possa pensare di ricavare un profitto investendo in una società che ha un capitale sociale e un patrimonio netto di poco superiore alla quota d’investimento privato e il primo è rappresentato dalle quote di sottoscrizione di tutti i soci. Tutti sanno, infatti, che la Sacal è una società concessionaria e questa realtà la pone naturalmente in una situazione di debolezza, sotto il profilo della patrimonializzazione. In altre parole: ove mai, malauguratamente, la Sacal non si vedesse rinnovata la concessione dall’ENAC, a tutti i soci, recuperato (forse) l’investimento iniziale, rimarrebbero poco più che un pugno di mosche. In tale quadro, i soci pubblici sono giustificati, perchè partecipano per garantire un servizio efficiente alla collettività; ma i soci privati, perché lo fanno? Se avrete la pazienza di continuare a leggere, faremo delle ipotesi nei successivi capitoli di questo nostro ampio ragionamento.
I LAVORI DA ESEGUIRE
Una valanga di milioni di euro attende la Sacal per l’esecuzione di vari importanti lavori, dall’ampliamento dell’aerostazione, alle infrastrutture aviation e non aviation. La quasi totalità dei relativi bandi è stata bandita sotto la vecchia gestione. Questi bandi sono sotto la lente d’ingrandimento della magistratura e della prefettura anche perché, in passato, lavori in ambito aeroportuale sono stati appaltati, sub-appaltati o eseguiti, di fatto, anche da ditte prive del certificato antimafia. Ora ci domandiamo, è legittimo (oltre che doveroso, auspicabile e da noi ripetutamente richiesto) o no, che proprio il presidente dell’organo di controllo (qui la querelle deleghe non c’entra più) voglia acquisire le massime garanzie di legalità e trasparenza nell’affidamento degli incarichi, anche se questo comporta un ritardo nel loro avvio? Propenderemmo per una secca risposta affermativa. O si vuole una gestione collegiale del CdA, solo per avviare rapidamente (e gestire) tali lavori? O i soci privati reclamano, anche in tribunale, di poter metter bocca nell’affidamento di questo business milionario ?
CITTÀ AEROPORTUALE
L’ultima parte di questa nostra riflessione è tutta dedicata alle dichiarazioni rilasciate in un’intervista televisiva dall’ing.Guadagnuolo. L’amministratore unico della GH sostiene (ed evidentemente con lui, il sindaco Mascaro che lo ha nominato) che l’aeroporto deve ampliare i propri servizi non aviation (cioè non destinati a far atterrare e decollare aerei) con l’aumento di negozi, attività commerciali varie, punti d’intrattenimento e svago, bar, ristoranti, alberghi, luna park e quant’altro; in una parola trasformare l’aeroporto in una città-aeroportuale (espressione del Guadagnuolo). Osserviamo e confutiamo: previsione infausta per la città di Lamezia. Trasformare l’aeroporto nell’ennesimo centro commerciale significa spogliare la città, significa allontanare i passeggeri dal centro cittadino, non avvicinarli. Non capiamo come questa posizione possa essere sposata dal sindaco Mascaro: non a caso, sopra, dicevamo che le opportunità di sviluppo di Lamezia dipendono dalla saggezza e lungimiranza dei propri amministratori che, sembrerebbero proprio difettare anche in questo caso (a meno che Mascaro non smentisca Guadagnuolo e, magari, lo revochi). Ma questa fantasiosa idea disvela un’altra verità nascosta (ma acclarata nella letteratura di settore): il vero profitto, i veri affari, i veri rendimenti per una società di gestione aeroportuale non sono le attività aviation ma le non aviation, come quelle, cioè, di cui stiamo parlando. Risiede in questo l’interesse dei soci privati?
Evidentemente il Meetup di Lamezia si metterà di traverso a così fatto progetto. La nostra idea è quella di una gestione di Sacal, estesa a Crotone e Reggio Calabria, fortemente patrimonializzata dagli enti pubblici. Pensiamo a una connessione intermodale complessa tra città, scali aeroportuali e portuali, tra snodi ferroviari e autostradali, destinata a servire passeggeri e merci. Pensiamo alla centralità regionale dello scalo aeroportuale di Lamezia, al miglioramento e ampliamento delle infrastrutture destinate ai viaggiatori, in termini di spazi, di parcheggi, di zone di attesa in arrivo e partenza. Pensiamo all’integrazione dello scalo di Lamezia con la città, a uno scalo che viva con i servizi della città dalla quale dista soli pochi chilometri, non che si crei una propria autosufficienza e crediamo che ciò possa essere realizzato con una rete di servizi di trasporto capillare, efficiente e moderna che colleghi tutti i tre principali quartieri ametini e il resto della regione. Non siamo sulla stessa lunghezza d’onda degli Oliverio, dei Mascaro, dei Guadagnuolo, che hanno altri progetti e altre idee che ci porteranno all’isolamento.
Dicevamo: servono amministratori locali saggi e lungimiranti, serve un’amministrazione a 5 stelle.
Giuseppe D’IPPOLITO -Attivista del Meetup 5 Stelle Lamezia-