«La stagione di Luigi de Magistris a Napoli sta finendo, poichè le rivoluzioni si chiamano rivoluzioni perchè non durano in eterno». Parole e musica, che sanno di amarezza, quelle usate dal sindaco del capoluogo campano, candidato alla presidenza della Regione Calabria, nella prima occasione in cui accetta di affrontare le turbolenze partenopee, parlando della campagna elettorale calabrese. «Alessandra Clemente è un’ottima candidata – risponde de Magistris a proposito della recente uscita di due assessori da quella giunta - non parte favorita, è vero, ma non è detto che non possa arrivare al ballottaggio».

Insomma, il tentativo di importare in Calabria “il modello Napoli” sempre e comunque appare rischioso, anche se il candidato spiega: «Voglio fare il presidente di strada, così come a Napoli ho fatto il sindaco di strada». 

Per l’intervista al nostro network, de Magistris sceglie la piazza di Catanzaro antistante al tribunale, e la scelta la spiega così: «Questo è un luogo che è stato una parte importantissima della mia vita, sono stato espulso da questa Terra e da questo palazzo per le indagini che conducevo contro il sistema». Quando gli si porge l’obiezione che in tanti fanno, ovvero che la sua candidatura apparirebbe come una rivincita personale morale - dopo essere uscito dalla magistratura ed essere stato europarlamentare prima di fare il sindaco - il candidato del Polo civico risponde: «Sono qua per una scelta d’amore, mi candido per la sete di giustizia che ho raccolto quando stavo alla Procura di Catanzaro». Il tema giustizia, che de Magistris tocca anche quando smentisce di essere «un manettaro», ritorna pure nella spiegazione che da sulla candidatura con lui di Mimmo Lucano, sottoposto a processo a Locri per lo scandalo delle spese relative all’accoglienza nel comune di Riace.

«Non entro nel merito dell’operato di chi lo ha indagato – prosegue -. Abbiamo fiducia nella magistratura e non posso che augurarmi ciò che penso, e cioè che Mimmo Lucano è una persona per bene».
Quando gli si chiede un’anticipazione sulla prima cosa che farebbe, come azione simbolica, da presidente eletto, il candidato confessa: «Mi dedicherò alla squadra, perché per vincere hai bisogno di una grande squadra non solo di un grande allenatore».